Nel 1760, sul finire della permanenza dei Dominicani nel
convento, una relazione pubblica constatava: "… non è escogitabile
di potere aquartierare nella così detta tinazzara li voluti trenta
cavalli …" Cento anni dopo, invece, l'area diventa davvero, e rimane
a lungo, sede di cavalli. E anzi, quant alla selezione e riproduzione delle
razze equine, il più importante centro ippico dell'Emilia Romagna.
Per volontà ed iniziativa del reggiano Carlo Nobili, viene fondato
nel 1861 il Regio Deposito Cavalli Stalloni, dipendente dal Ministero della
Guerra e poi, dal 1866, da quello dell'Agricoltura. I locali dell'ex convento,
adattati alla nuova realtà, diventano cortili, piste, rimesse, sellerie,
magazzeni, dormitori per i palafrenieri. L'intenzione era quella di migliorare
la razza equina italiana curando in questi Depositi statali gli incroci e
l'allevamento. Erano i tempi immediatamente precedenti l'invenzione dei motori,
e per il futuro agricolo e soprattutto militare dell'Italia si guardava a
buoni cavalli come risorsa primaria ( i primi stalloni allevati a Reggio fecero
la loro prova nel '66, nella Terza Guerra d'Indipendenza). Gli Spalletti,
i Pallavicino, i Franchetti, tutte le famiglie degli ultimi grandi proprietari
terrieri reggiani, corroboravano la fama crescente del Deposito Stalloni promuovendo
scuderie eccellenti. La motorizzazione deffusa ridimensiona negli ultimi decenni
gli sforzi e gli interessi economici per l'allevamento equino: anche il Deposito
reggiano (divenuto Centro di allevamento padano - Istituto Incremento Ippico)
perde progressivamente d'importanza e ragione pubblica fino ad essere soppresso
nel 1980. L'ultima sua gloria è legata al nome Tornese, il mitico trottatore
che, dopo aver vinto tutto, trascorse quattro anni come stallone a Reggio.
Per l'acquisto di Tornese lo stato pagò ben cento milioni di lire (nel
1962).