Sorgente del fiume (La) - To Livadi Pou Dakrizi
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Regia: | Angelopoulos Theo |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Theo Angelopoulos, Tonino Guerra; fotografia: Andreas Sinanos; montaggio: Giorgos Triantafyllon; scenografia: Giorgos Patsas; costumi: Ioulla Stavridou; musica: Helene Karaindrou; interpreti: Alexandra Aidini (Heleni), Nikos Poursanidis (Alexis), Giorgos Armenis (Niko), Vasilis Kolovos (Spiros); produzione: Théo Angelopoulos; distribuzione: Istituto Luc; origine: Francia / Grecia / Italia, 2002; durata: 171' |
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Trama: | Nel 1921 l’Armata Rossa entra a Odessa, provocando l’esodo di tutti gli stranieri, compresa l’importante comunità greca. I profughi si insediano in Grecia, sull'estuario del grande fiume che si getta nel Mar Mediterraneo. Tra loro si trovano un ragazzo e una ragazza che si amano... |
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Critica (1): | "Quello che è successo in Grecia era più che prevedibile". A parlare è il regista greco Theo Angelopoulos che, a Roma per presentare il suo nuovo film, La sorgente del fiume, commenta così la vittoria del centro-destra, dopo undici anni di governo socialista, alle elezioni di ieri in Grecia. "Il mio paese non ha fatto che seguire l'Europa - continua il regista -. Il problema è che la sinistra non ha perso la capacità di affrontare un nuovo discorso sull'avvenire del mondo. La gente perde fiducia e non vota più in maniera coscienziosa ma per reazione. Non credo tuttavia che si tratti soltanto di un nostro problema". La "tragedia" come la definisce lo stesso regista sarà probabilmente al centro dell'ultimo episodio della trilogia avviata con La sorgente del fiume e da lui stesso sceneggiata con la "consulenza morale" di Tonino Guerra. Coprodotto da RaiCinema, il film è già stato presentato in concorso al festival di Berlino, dove è stato accolto positivamente dalla critica, e uscirà in Italia il 12 marzo distribuito dall'Istituto Luce. L'idea alla base dell'intera trilogia è quella di ripercorrere attraverso, la storia d'amore tra due esuli greci, i drammatici eventi che hanno caratterizzato il XX secolo: il primo, La sorgente del fiume, va dall'invasione di Odessa da parte dell'Armata Rossa nel '21 e allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale; il secondo, La terza ala andrà dalla morte di Stalin nel '53 alla fine della guerra in Vietman nel '74; il terzo, ancora senza titolo, partirà dalla caduta del muro di Berlino nell'89 ai giorni nostri e si concluderà a New York. Il film presentato oggi dal regista, insieme all'interprete femminile, Alexandra Aidini, prende le mosse dalla fuga d'amore dei due giovani a Salonicco per sottrarsi al padre di lui, rimasto vedovo, che vorrebbe la giovane per se'. La coppia ha due bambini ma la crisi che attraversa il Paese durante gli Anni Trenta costringe il ragazzo a partire per l'America. La separazione, che doveva essere temporanea, si protrae e la donna vaga con i figli attraverso la Grecia invasa dalle forze fasciste. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i due fratelli si troveranno a combattere l'uno contro l'altro. "Il XX secolo è stato un secolo pieno di speranza - dice il regista - poi sono arrivate le delusioni. Le guerre non sono che fatti economici che si nascondono dietro pretesti ideologici e religiosi. È l'Europa? Crediamo davvero che l'unione monetaria basti?". La sorgente del fiume, così come i futuri episodi della trilogia, "non è un film realistico" chiarisce il regista, che ammette di aver pescato nella propria memoria e nel ricordo di sua madre e della propria famiglia, divisa dalla guerra civile, e di essersi anche ispirato alle tragedie greche, Edipo re, I sette contro Tebe e Antigone. "Racconto gli eventi per come sono vissuti dai due protagonisti e soprattutto dalla ragazza". Sarà lei, Heleni, rimasta vedova e dopo aver perso i figli, la protagonista del prossimo capitolo. Il regista ha già effettuato le location. "Sono stato in Russia, in Uzbekistan e Ucraina e lì - dice Angelopoulos - con mia enorme sorpresa, ho scoperto che la gente rimpiange ancora lo stalinismo e l'Unione sovietica, una potenza ricca non solo dal punto di vista monetario, ma anche per la mescolanza di culture, storie e religioni diverse". La sorgente del fiume sarà presentato domani agli studenti dell'università La Sapienza di Roma, nel corso di un incontro al quale interverranno anche il regista, Morcellini, direttore del Dipartimento di Sociologia e Comunicazione, ed Elio Girlanda, docente di Storia e Critica del Cinema.
Rosa Esposito, www.cinematografo.it |
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Critica (2): | Nel 1921 l'Armata Rossa entra trionfalmente a Odessa. Comincia così l'esodo di tutti gli stranieri, compresa la comunità dei greci che durante la Rivoluzione di Ottobre si era schierata con i russi.
I profughi tornano in Grecia e si insediano sull'estuario di un fiume, tra di loro si trovano Alexis (Poursanidis) e Heleni (Aidini), due giovani che scoprono d'amarsi.
Ma il padre di lui, rimasto vedovo, vorrebbe sposare la ragazza. I due ragazzi fuggono insieme e si rifugiano a Salonicco dove Alexis per fare qualche soldo suona la fisarmonica nelle osterie. Il suo talento fa "ballare anche gli alberi" ma non basta per mantenere lei e i due gemelli che sono nati. La miseria travolge ogni cosa.
Il film segue il travagliato percorso degli amanti, inseguiti dal padre e insidiati dalla guerra. Attraversano gli sconvolgimenti degli anni '30, poi la seconda guerra mondiale e l'invasione delle forze fasciste. Alexis decide di partire per l'America, il paese dove ogni speranza è concessa. Ma la separazione non sarà breve come si era sperato e lo scoppio della guerra civile che si protrae fino al '49 allontanerà le loro vite, e le vite dei due figli che si troveranno a combattere l'uno contro l'altro.
Il film si muove attraverso l'acqua, il nero e il bianco, come elementi connaturati più degli altri alla terra. L'acqua sommerge gli uomini e le cose, annega il bello e il brutto creando nuove zone di colore e di esistenza. Il nero e il bianco le si spiegano innanzi, sotto forma di lenzuoli o cupi cieli d'inverno. Le atmosfere sono sospese in questo assolutismo cromatico dando modo al film di creare una nuova realtà. Questa è la prima rivelazione di Angelopoulos: l'impatto straziante tra il reale e il surreale. Il regista ha creato qualcosa in cui l'orrore vivo e il sogno non hanno bisogno di pretesti per coesistere anzi si incamminano mano nella mano, nella stessa direzione.
L'esilio, la separazione, il viaggio, la morte trovano in questo film un'altra strada, che non è quella del dolore vivo, ma di quello morto, fiaccato dalla fine delle ideologie, da un cielo sempre cupo, da un destino che si accanisce sugli esseri umani.
Implora Heleni chiusa in carcere per aver soccorso un partigiano: "Guardia: non ho acqua, non ho sapone, non ho carta per scrivere ai miei figli". Ecco la poetica del dolore di Angelopoulos, il moto esausto dell'uomo privato delle cose più elementari.
La lentezza maniacale, cupa, profondissima delle riprese è raccontata da un piano sequenza magistrale, quello che il regista ha imparato da Ejzenstejn, da Hitchcock e da Jean Rouch e che, dice, "è lo stesso di Omero che descrive le armi di Achille e di Molly nel suo lungo monologo senza punteggiatura nell'Ulisse".
Il piano sequenza accentua la drammaturgia del cinema di Angelopoulos, come anche il calco estremo dei suoi attori, quasi tutti svezzati dal teatro. Le riprese senza stacchi rendono un'armonia continua e indipendente dagli spettatori e "creano un labirinto temporale che sa mettere in relazione i vivi con i morti".
Accade ogni tanto che l'uomo crei qualcosa di magico. Questa magia il più delle volte è irripetibile ed è la coincidenza di alcuni fattori inspiegabili di cui l'autore stesso non è del tutto padrone e cosciente. È il caso di questo film che possiede un'alchimia misteriosa, in grado di toccare le corde più nascoste e sensibili dell'animo.
Giulia Villoresi , www.film.it |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Theo Angelopoulos |
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