Exit Through the Gift Shop - Exit Through the Gift Shop
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Regia: | Banksy |
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Cast e credits: |
Montaggio: Tom Fulford, Chris King con Rhys Ifans Narratore (voce off), Banksy, Thierry Guetta, Debora Guetta, Shepard Fairey, Beck, Liam Gallagher, Noel Gallagher, e altri; musiche: Geoff Barrow, Roni Size; produzione: Jaimie D'Cruz per Paranoid Pictures; distribuzione: CineAgenzia; origine: Gran Bretagna, 2010; durata: 86’. |
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Trama: | Uno sguardo al sotterraneo e inaccessibile universo degli autori di graffiti. L'idea di filmare e conoscere gli artisti illegali era venuta al francese Thierry Guetta, video-operatore amatoriale, che con la sua videocamera si era introdotto nell'ambiente ma che poi ha passato il progetto nelle mani degli stessi protagonisti – Banksy, Shephard Fairey, Invader e altri celebri 'graffitari' – che hanno ripreso le loro personali imprese artistiche. |
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Critica (1): | Dovesse ricevere qualche premio, sarà divertente vedere come se la caverà. Perché Banksy, geniale graffitaro, esponente massimo della street art – alcune sue opere sono al Moma di New York – ha sempre gelosamente difeso la sua identità. Di lui non si sa nulla, non esistono foto, né recapiti di sorta. Tra le leggende, che sarebbe nato a Bristol 30 anni fa, nome ipotetico Roberi Banks. Ma chissà. Per questo, la notizia di un suo film alla Berlinale, Exit Through the Gift Shop, ha creato attesa e suspense tra gli appassionati di arte contemporanea. Finalmente si saprà qualcosa, forse addirittura comparirà di persona. In un certo senso è stato così. Prima del film, ecco Banksy sullo schermo. Seduto in una sorta di hangar, nascosto da un cappuccio che lo rende «Uomo invisibile». Un buco nero al posto del volto. (...) Di fatto nel film Banksy insegue se stesso, ma anche degli emuli, complici delle sue incursioni illegali sui muri di mezzo mondo, persino su quello che divide i territori palestinesi, dove ha provocatoriamente dipinto degli squarci di spiagge tropicali. Per il resto, i suoi soggetti prediletti restano i topi, il suo marchio di fabbrica. E le scimmie. La regina diventa una scimmia con la corona. Banksy Robin Hood. Contro i potenti, con i diseredati. «Un vandalo di qualità», si autodefinisce. Ma anche un acrobata, capace di inerpicarsi su ponti e grattacieli per dipingere i suoi sberleffi al mondo, al mercato dell'arte e ai fan, Brad Pitt in testa, che lo adorano.
Giuseppina Manin, Corriere della Sera, 15/2/2010 |
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Critica (2): | È una star ma non ha volto né nome. Chi è Banksy non lo sa nessuno (a parte i suoi
amici intimi), ma tutti conoscono le sue opere: stencil sui muli delle città del mondo; e ha quotazioni così alte che ormai «miracola» i palazzi dove lascia il segno, che aumentano immediatamente di valore. Star clandestina della street art, Banksy è un guerrigliero della comunicazione e dell'arte: è riuscito a eludere la sorveglianza dei soldati israeliani mentre realizzava una serie di opere sul muro in Cisgiordania e ha già dato scacco al «sistema» dell'arte contemporanea piazzando indisturbato suoi quadri, con relativa targhetta didascalica, in numerosi musei prestigiosi, dal Louvre al MoMa.
Exit Through the Gift Shop – che finalmente esce anche in Italia grazie a Feltrinelli – segna una nuova fase: ora è Banksy ad essere messo sotto scacco dal sistema, come ammette nel film, volto oscurato e voce artefatta, mentre racconta la storia seduto nel suo studio accanto alla maschera da scimmia che indossa nei suoi blitz. Quello che narra è la parabola del disincanto. Il film doveva essere un doc firmato da Thierry Guétta – francese residente a Los Angeles – su Banksy e altri street artist celebri, il francese Invader e l'americano Shepard Fairey, noto come Obey. Maniaco della camcorder, Guetta riprende tutto quello che gli artisti fanno, li intervista, li segue di notte registrando tutte le fasi del lavoro. Ha archiviato un tesoro, ore e ore di filmati assolutamente inediti, ma si dimostra incapace di trasformarli in un film. A questo punto Banksy prende in mano la telecamera e la punta sul francese.
Fulminato dalla filosofia della street art – «fai la tua arte» – Guetta si reinventa artista, nome d'arte Mr. Brainwash, organizza una mega mostra grazie a una astuta comunicazione e a una posse di giovani stagisti che sfornano stampe à la Pop (dice Guetta che bastano scanner e photoshop, copiare e modificare), conquista la celebrità, guadagna migliaia di dollari e, apoteosi, crea la copertina dell'album Celebration di Madonna. Che disastro, ammette Banksy, alla fine dei film.
Gigioneggia, in realtà: sa bene che l'arte è una truffa e che la bellezza è una bolla speculativa. E che non è una novità. Tutte le culture giovanili antagoniste, prima o poi vengono azzannate e masticate dal mercato. Exit... esce circa trent'anni dopo The Great Rock'n'Roll Swindle e sembra il sequel «generazionale» di quel film, firmato da Julien Tempie, della grande truffa del Rock'n'Roll: la creazione dei Sex Pistols dal nulla. Lo sa bene Banksy come gira l'arte. In un'intervista del 2006 ha detto a Obey: «Il mondo dell'arte è la più grande delle truffe. È un ospizio per superprivilegiati, velleitari e deboli. E l'arte moderna è una disgrazia – mai così tanta gente ha impiegato così tanti strumenti e tanto tempo per dire così poco». Il film era già in programma ...
Stefania Scateni, L’Unità, 26/11/2011 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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