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Viridiana - Viridiana


Regia:Buñuel Luis

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Julio Alejandro, Luis Buñuel; fotografia: José Aguayo; musiche: Gustavo Pittaluga - Brani da Hendel e Mozart; montaggio: Pedro Del Rey; scenografia: Francisco Canet; interpreti: Silvia Pinal (Viridiana), Francisco Rabal (Jorge), Fernando Rey (Don Jaime), Lola Gaos (Enedina), Margarita Lozano (Ramona), Victoria Zinny (Lucia), Teresa Rabal (Rita), Jose' Calvo, Palmira Guerra, Luis Heredia, Maruja Isbert, Alicia Jorge Barniga, Jose Manuel Martin, Joaquin Mayol, Sergio Medizabal, Joaquin Roa, Juan Garcia Tienda, Milagros Tomas; produzione: Uninci, Gustavo Alatriste, Pedro Portabella; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Spagna, 1961; durata: 90'.
Vietato: 18

Trama:Viridiana, giovane novizia vicina ai voti, si reca a passare qualche giorno dallo zio, don Jaime, un uomo sessualmente frustrato dopo la morte della moglie avvenuta la sera delle nozze, che tenta di abusare di lei. Viridiana riesce a sfuggirgli, il vecchio si impicca. La nipote eredita le sue terne e decide, per spirito di carità, di accogliere nella grande casa infermi e bisognosi. Ne risulta una specie di corte dei miracoli dove avvengono le peggiori dissolutezze.

Critica (1):I mendicanti che invadono lo spazio del film sono dodici, come gli apostoli. Viridiana, la novizia che tenta di redimerli, è una "santa" feticista come molte sante della tradizione latina. Jorge, il figlio naturale che eredita la estancia di don Jaime, è il corruttore cui spetta la funzione di scatenare il male. Il vecchio don Jaime, povera anima traumatizzata dalla morte della moglie il giorno delle nozze (trent'anni prima), cerca di riagguantare la vita - con il goffo tentativo di violenza su Viridiana narcotizzata (l'amore per procura, e per di più fallito) - ed espia un peccato di pensiero, terribile ma inefficace: muore come Giuda ma, a differenza di Giuda, ha soltanto immaginato di infrangere il vincolo della fedeltà. Per questo film, che segnò il ritorno di Buñuel in Spagna dopo il lunghissimo esilio (nel suo paese natale aveva girato soltanto il documentario Las Hurdes, nel 1932), la scelta del tema ha un valore quasi emblematico. Vi si riassume tutta la carica di sconsacrazione che era stata propria del surrealismo e che aveva influito profondamente sull'esperienza cinematografica dell'autore. Buñuel sfida, con Viridiana, la Spagna, e sfida nello stesso tempo se stesso. Può anche essere la dichiarazione di un fallimento (non è servito a nulla essere ribelle), e questo certo sarebbe il film disperato di un uomo che assiste alla caduta delle proprie illusioni se egli non fosse soccorso dalle virtù del sarcasmo apprese alla scuola surrealista.
La disperazione resta, ma si affianca a una crudele ironia (e autoironia). Il feticismo di Viridiana, e anche di don Jaime, fa il paio con i tic psichici dell'autore: due cose in una, ferocemente beffate. I dodici mendicanti-apostoli son venuti a predicare la "verità" della degradazione (il messaggio capovolto del Cristo) ma hanno l'aspetto delle vittime, non quello degli aggressori. Jorge è, certo, il demone corruttore, ma la sua azione è motivata da semplici interessi economici (rinnovare la conduzione della fattoria, introdurre concrete riforme). "L'uomo completamente infelice" osserva Maurice Blanchot a proposito dell'Homme révolté di Camus, in L'Entretien infini (1969), "l'uomo annientato dall'abiezione, dalla fame, dalla malattia, dalla paura, si trasforma in qualcosa che non ha più nessun rapporto con se stesso o con chicchessia, una neutralità vuota, un fantasma vagante in uno spazio dove non accade niente, un vivente caduto al di sotto del bisogno." Viridiana offre una galleria di uomini così, "fantasmi" nel buio di un ambiente che li ha ingoiati: quasi tutto il film si svolge in interni soffocanti, fra i cupi neri delle pareti e dall'arredamento, sotto tagli di luce cruda che riducono gli esseri a ombre; l'ultima inquadratura muove dal tavolo su cui Jorge dà le carte (è una partita a tre: lui, Ramona e Viridiana) e retrocede in carrello sino a comprendere il salone restaurato dopo l'orgia, immerso in una fonda oscurità. Tutto rimane sospeso, in una "neutralità vuota" che si può vedere come il "vuoto" di una società immobile ma che è soprattutto la spia di una incertezza ideologica, alla quale Buñuel sovrappone il sarcasmo dell'assoluto (e miserabile) miscredente. E a un miscredente non rimangono altro che le immagini dei tanti simboli fallici disseminati qua e là (i manici della corda su cui salta la bambina, i capezzoli della vacca, il pugnale a forma di crocifisso, ecc.), il catalogo degli oggetti feticistici e dei loro referenti (i piedi di don Jaime in cammino, all'organo, appesi all'albero; le scarpette e l'abito da sposa; la corona di spine, i chiodi e il martello di Viridiana), le allusioni facilmente spiegabili (l'Ultima cena leonardesca riprodotta dai dodici mendicanti durante l'orgia) e quelle enigmatiche e capziose, tipiche della fantasia buñueliana (il topo che sbuca da sotto un mobile della soffitta, davanti agli occhi di Jorge e di Ramona). Viridiana - un'ora e mezza di proiezione, Palma d'oro al festival di Cannes nel 1961, vietato in Spagna - inizia nel convento dove Viridiana sta per prendere il velo. Le annuciano che don Jaime, suo zio, vuole vederla prima della cerimonia. Raggiunta la fattoria, Viridiana si imbatte in una perfida ragazzina (la figlia della governante Ramona), incontra quel vecchio melenso che è lo zio, si ritira nella sua camera ed estrae dalla valigia gli oggetti della devozione. La notte, mentre don Jaime accarezza i vestiti della moglie morta, passeggia seminuda, in trance sonnambolica, per la casa. Quando deve tornare in convento, lo zio la prega di non farlo e di indossare l'abito da s sa della defunta. Poi la narcotizza con la complicità di Ramona e tenta di violentarla, se ne pente, confessa. Viridiana fugge inorridita ma, alla stazione della corriera, la avvertono che è successa una disgrazia. Tornata sul suoi passi, scopre che lo zio si è impiccato. Decide, allora, di restare. Respinge l'appello della madre superiora e si propone di dedicare le sue forze a opere di bene ("farò grandi cose"). Raccoglie un gruppo di lerci mendicanti, uomini e donne, e cerca di redimerli. In ciò non è d'accordo Jorge, il figlio immediatamente accorso per prendere possesso della fattoria e ammodernarla. Una sera, approfittando dell'assenza dei padroni andati in città per pratiche notarili, i mendicanti si scatenano. Padroni della casa, organizzano una festa che presto degenera. Tornano inaspettatamente Jorge e Viridiana. Due di quei laidi straccioni immobilizzano Jorge e saltano addosso a Viridiana. Ma il giovane riesce a corrompere uno dei due, inducendolo a uccidere il compagno. Chiusa la lunga parentesi delle opere di bene (che Viridiana ha compiuto con totale abnegazione, nutrendo e curando i pezzenti, facendoli pregare e lavorare, sedando le loro frequenti risse, e per questo scontrandosi con l'insinuante Jorge e con Ramona che è divenuta la sua amante), la frastornata ragazza si sente un'estranea. Si guarda allo specchio. La sera la vediamo bruciare la corona di spine ed entrare nella stanza dove Jorge e Ramona giocano a carte. Jorge la invita a sedersi. Accetta, senza dire una parola. "Non mi crederete " commenta soave Jorge "ma la prima volta che vi ho visto mi sono detto: mia cugina Viridiana finirà per giocare a carte con me. " Parte il carrello indietro, il gruppetto resta una macchia chiara, isolata sul fondo.
Fernaldo Di Giammatteo, 100 film da salvare, Mondadori, 1978

Critica (2):Luis Buñuel - Il nome deriva dal latino viridium: sito verde. Nel 1910, quando studiavo con i gesuiti, c'era una rivista, La Hormiga de Oro, che raccontava, in un numero, la vita di Santa Viridiana. Non ricordo se fosse una santa italiana, però è esistita realmente. Qui, nel museo di Città del Messico, c'è un suo ritratto: ha una croce, una corona di spine e dei chiodi (questi oggetti appaiono nel film). Bene, dopo aver realizzato Nazarín, credo, Gustavo Alatriste, allora sposato con l'attrice Silvia Pinal, mi disse che voleva fare un film con me: "Lei ha libertà totale per girare il film a suo gusto." Io pensavo di guadagnare quello che avevo fino ad allora guadagnato in Messico, però Alatriste mi offri quattro volte di più e volle che girassimo in Spagna. E lì cominciò per me il conflitto: dovevo andare a lavorare in Spagna? Finalmente mi dissi: se il film è onesto, perchè non farlo? (...) Per lo più trovai una Spagna che cominciava a svilupparsi con una tranquillità visibile, forse un'eccessiva tranquillità. Da un punto di vista politico non mi sorprese niente: conoscevo già la situazione, per quanto solo da lontano. In seguito entrai in contatto con il torero Dominguin e il regista Bardem. Ricardo Mufloz Suay modificò un po' la sceneggiatura di Viridiana, togliendo parti che non sarebbero state accettate dalla censura. Dominguin mi aveva portato a parlare con il Direttore della Cinematografia. Mi disse che il film sarebbe stato accettato se avessi cambiato finale, perché era spaventoso che una novizia religiosa finisse nel dormitorio di un uomo.
J. de la Colina - Per unirsi a lui...
Luis Buñuel - Per cos'altro se no? Nella versione originale lei bussava alla porta, lui la faceva entrare e... fine. Il censore riteneva questo impossibile e io gli promisi di cambiarlo. Così ho fatto e la nuova soluzione soddisfo la censura, per quanto a mio giudizio sia ancora più immorale.
T.P. Turrent - Suggerisce un ménage a trois.
Luis Buñuel - Viridiana entra quando suo cugino e la serva giocano a carte e si siede vicino a loro. La macchina da presa inizia a indietreggiare. Il cugino dice: "Già sapevo che mia cugina Viridiana avrebbe finito per giocare a tute (1) con me."
(1) Gioco di carte simile alla briscola.
in José de la Colina, Tomás Pérez Turrent, Buñuel por Buñuel

Critica (3):"Accettai di girarlo in Spagna solo a patto di lavorare con la società di produzione Bardem, nota per la sua opposizione al regime franchista. Ciononostante, non appena si sparse la voce, scoppiarono vivaci proteste nell'ambiente dei profughi repubblicani. Ancora una volta, venivo attaccato e insultato, solo che questa volta gli attacchi partivano dai miei stessi compagni.
Degli amici presero le mie difese e si aprì una polemica sul tema: ha il diritto Bufluel di girare in Spagna? Non è un tradimento? Ricordo una vignetta di Isaac pubblicata poco tempo dopo. Vi si vedeva, sul primo disegno, Franco che mi aspettava in terra spagnola. Arriva Bunuel dall'America con le bobine di Viridiana, e voci oltraggiate gridano: "Traditore! Venduto!". Le voci continuano a urlare nel secondo disegno, mentre Franco mi accoglie tutto gentile e io gli consegno le bobine - che, nel terzo disegno, gli scoppiano in faccia.
Il film fu girato in un teatro di posa a Madrid e in una bellissima tenuta fuori città. Casa e teatro di posa sono oggi scomparsi. Avevo a disposizione un budget normale, attori eccellenti e sette o otto settimane per le riprese. (...) Viridiana provocò in Spagna uno scandalo piuttosto notevole, paragonabile a quello dell'Età dell'oro, che mi assolse agli occhi dei repubblicani che vivevano in Messico. Di fatto, per via di un articolo molto ostile pubblicato sull'Osservatore Romano, il film, che a Cannes era appena stato premiato con la Palma d'oro per un film spagnolo, venne immediatamente proibito in Spagna dal ministero del Turismo e dell'Informazione. Nello stesso tempo, il direttore generale della cinematografia spagnola veniva messo in pensione anticipata perché a Cannes era salito sul palcoscenico per ritirare il premio.
La cosa fece tanto rumore che Franco chiede di vederlo. Credo anche che lo vide due volte e che, a quanto mi dissero i coproduttori spagnoli, non ci trovò niente di orrendo (a dire il vero, dopo tutto quello che aveva visto, il film doveva sembrargli molto innocente). Ma non volle tornare sulle decisioni del suo ministro e in Spagna Viridiana rimase proibito. In Italia, uscì prima a Roma, dove andò bene, poi a Milano. Il procuratore generale di questa città lo proibì, mi denunciò in tribunale e mi fece condannare a un anno di prigione se avessi messo piede in Italia. Decisione in seguito revocata dalla Corte Suprema.
Luis Buñuel, Dei miei sospiri estremi, Milano, Rizzoli

Critica (4):
Luis Buñuel
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