Mistero Von Bulow (Il) - Reversal of Fortune
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Regia: | Schroeder Barbet |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Nicholas Kazan; fotografia: Luciano Tovoli; scenografia: Mel Bourne; musica: Mark Isham; montaggio: Lee Percy; costumi: Judianna Makovsky, Milena Canonero; suono: Tom Nelson; interpreti: Glenn Close (Sunny Von Bulow), Jeremy Irons (Claus Von Bulow), Ron Silver (Alan Dershowitz), Anabella Sciorra (Carol), Uta Hagen (Maria), Fisher Stevens (David Marriott), Christine Baranski (Andrea Reynolds), Jack Gilpin (Peter Macintosh), Stephen Mailer (Elon Dershowitz) Christine Dunford (Ellen), Felicity Huffman (Minnie), Mano Singh (Raj); produzione: Edward R. Pressman e Oliver Stone per E.R. Pressman prod./Shochiku Fuji/Sovereign Pictures; distribuzione: WARNER BROS; origine: USA 1990; durata: 110'. |
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Trama: | E' la storia vera accaduta nel 1982 ad un ombroso aristocratico europeo, accusato per due volte di aver tentato di uccidere sua moglie, un'ereditiera americana, iniettandole dell'insulina. Alla prima condanna fece seguito il processo di appello in cui un abile avvocato idealista e radical riuscì ad ottenere il ribaltamento del giudizio. Ma ancora oggi nessuno sa che cosa sia effettivamente accaduto a Newport, all' interno di Clarendon Court, la opulenta dimora dei Von Bulow; ormai da dieci anni la nobildonna addormentata vegeta in una forma di coma irreversibile. |
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Critica (1): | Le emozioni umane erano costrette a fiorire nel modo meno usuale nel palazzo che Douglas Sirk fece costruire per la ricchissima famiglia Hadley. L'innaturelezza delle luci, le ombre fuori posto rendevano possibile l' individuazione di sentimenti che chiunque avrebbe preferito occultare o quanto meno non riconoscere. Accadeva nel 1957 in Written on the Wind (Come le foglie al vento), quando lo stesso Sirk asseriva che non si possono girare film sulle cose, ma soltanto con le cose, la gente, le luci e i fiori, con gli specchi e col sangue, e con tutte le cose improbabili o straordinarie che rendono la vita degna di essere vissuta.
La prima scena del film di Schroeder é una lunga panoramica aerea sa Newport che si conclude sorvolandola tenuta Von Bulow. Segue una carrellata che ci conduce all'interno di una clinica dove Sunny Vom Bulow é immersa, complice la livida luce di Tovoli, nel suo sonno senza risveglio e riflette, mediante la voce off screen, consapevolmente sul suo dolore. L'interno della sua lussuosa dimora é ora l'interno di una altrettanto lussuosa clinica. Casualmente anche la prima scena di un altro bellissimo melodramma di Sirk (All That Heaven Allows - Secondo amore) era una panoramica della cittadina con i titoli in sovrapposizione, abile nell'avvolgere di disagio ed inquietudine la storia. Seguiva una carrellata che ci guidava sino alla casa di Jane... Il mistero Von Bulow é l'opera di un regista "colto", già recensore peri Cahiers e per "L'Air de Paris", ex produttore per Rohmer, Rivette, Wenders, Fassbinder, ambizioso nel rievocare Sirk ed il suo romanticismo antisentimentale (persino nell'applicare con giudizio la regola sulla profondità di campo e l'effetto straniante), confuso nella volontà di mescolare documentarismo e fantasia.
Nel film non c'é flirt o complicità con la malattia nessun erotismo della sofferenza, nessuna morbosità nel mettere in scena il ventaglio dei sintomi delle tare dei personaggi. La malattia é soltanto la prima linea dove si scontrano l'impulso a vivere e l'orrore per Il mondo (la voce di Sunny sentenzia: "appartenere al genere amano una trappola... Il tempo va avanti e ci si perde in un mare di sciocchezze..."), dove si combatte qualcosa che é forse già perdutoo sin dall' inizio. I piani ravvicinati si arrestano sempre alle spalle, quasi a scongiurare un contatto amoroso autentico, impedito nella discesa nel Maelstrom, nel vortice dell'inconscio a raccogliere un "vissuto" meno artificiale, e un'iniziativa più sincera, Il vero e il falso si confrontano ma non si sciolgono né nella realtà, ne nella finzione, Di qui la scelta appropriata del melodramma come travestimento e genere ideali per cantare anche, attraverso l'elogio delle lacrime e la loro assenza, il piacere particolare delle cause perdute, rappresentate nella loro forma più classica eppure meno commovente, quella degli amori impossibili della high society.
E' infatti impossibile, nato per dispetto, noioso l'amore di Claus Von Buow verso Martha "Sunny" Crawford, reso stupido da tradimenti e da droghe. L'autosufficienza economica si muta in sentimentale. La soap-opera nella sceneggiatura, a tratti ironica, di Nicolas Kazan, é la forma in cui si esprimono i ricchi, si fieri licet o retorica ("Se sei un uomo fa qualcosa!'), o ipercontrollata ("soffro in silenzio, di certo non mi vedrà strapparmi di dosso i vestiti"), artefice di una implicita sfida all'abuso dei luoghi, che solo i visionari e gli ossessi dei serials raccolgono impunemente. Reversal of Fortune si articola con una serie di flash-back incrociati a cronologia reversibile e adotta, a beffa del thrilling processuale satisfattivo, finanche il cosiddetto "effetto Rashomon", ossia la presentazione della stessa circostanza, raccontata in maniera diversa da diversi personaggi. A Schroeder interessa di più evidentemente costruire una commedia tragica sui dispiaceri del privilegio, che non la ricostruzione cinematografica più o meno fedele ed efficace di un caso giudiziario eclatante: il suo é un melodramma criminale in cui i crimini dei sentimenti appaiono più forti dei misfatti, poiché ne sono giustamente la premessa e, per una delle parti in causa, impunita.
L 'avvocato Dershowitz (autore del libro relativo alla vicenda), non a caso si rivolge a Von Bulow dicendo: "Legalmente é stata una vittoria importante, moralmente se la vedrà Lei !".She may have more shapes than one. La concezione non é dunque del tipo "non c'é verità", ma del tipo "essa [la verità] può possedere più di un aspetto". Proprio come accadde nella realtà, Schroeder divide il pubblico in due fazioni, ma soprattutto lo interroga sul ricorrente conflitto tra verità di legge e verità etica. La differenza di classe tra procuratore e cliente non é altro che un modo (il più diretto) per significare che non sempre ciò che si distrugge é la ricchezza e ciò che si vanifica é il passo falso della vita. Resta l'orgoglio.
Questo non vuol dire solo che la possibilità (dello spirito) é ovviamente più alta della realtà (anche economica), il fatto é che la realtà (vista la conclusione della storia) non é che uno pseudonimo della possibilità, allo stesso modo che questo cinema, usando perversamente le convenzioni e le apparenze del romance, non é che la simulazione surgelata dei melodramma. Ma se Schroeder é riuscito perfino ad anestetizzare il sesso di Bukowsky (Barfly), c'é da chiedersi fino a che punto la perplessità sopra avanzata possa essere un limite. Gli americani gonfi di Martini di Douglas Sirk, borghesi in apparenza normali, erano tutti, come Dorothy, Malone e Robert Stack, dei "ternished angels", capaci di citare nella penombra la sapienza dei tragici greci, mentre Irons e Close (bravi) nipoti fitzgeraldiani etilisti e debosciati sanno dire al più "I custodi della nostra anima siamo solo noi stessi" o ingurgitare drink più estrosi a base di birra e di uova. Troppo poco per allontanarsi dal Sunset Boulevard.
Marcello Garofalo, Segno Cinema, n. 48 Marzo-Aprile 1991 |
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