Pier Paolo Pasolini: la ragione di un sogno
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Regia: | Betti Laura |
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Cast e credits: |
Montaggio: Roberto Missiroli; fotografia: Fabio Cianchetti; musiche: Bruno Moretti; interpreti: Francesca Archibugi, Bernardo Bertolucci, Sergio Citti, Mimmo Calopresti, Franco Citti, Mario Cipriani, Pappi Corsicato, Ninetto Davoli, Mario Martone, Enzo Siciliano; produzione: Palomar, Stream, Mc4, Arte; origine: Italia, 2001; durata: 90'. |
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Trama: | Laura Betti raccoglie i ricordi del grande poeta, regista, romanziere, censore e spesso profeta. I suoi amici, i suoi amori, la sua Roma. |
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Critica (1): | Di documentari su Pasolini, per non parlar dei libri, ne escono forse uno all'anno. Ma questo Pier Paolo Pasolini e le ragioni di un sogno ha qualcosa di speciale. Perché è firmato da Laura Betti, che si è eletta a sua "vedova" ed erede, ed è in ogni caso la preziosa fondatrice e curatrice del Fondo a lui dedicato che conserva ogni tipo di testo e materiale sull'attività dello scrittore e cineasta e promuove lo studio e la divulgazione del suo lavoro. E perché è in qualche modo sostenuto da una intera squadra di scrittori, registi, attori e filosofi che all'inizio del film, in una bella idea di regia, vanno a disporsi su una tribunetta come per assistere a quella partita di calcio, fatta di agonismo, fantasia, rabbia, entusiasmo, e anche molte spinte e sgambetti subiti dai tanti avversari, che fu la vita di Pasolini, poeta e calciatore: Bertolucci e Martone, Siciliano e Cipriani, padre Fantuzzi e Marramao, i due Citti e Ninetto, Corsicato, Calopresti e Archibugi… Le ragioni di un sogno non sarà dunque il documentario definitivo e "ufficiale" su Pasolini, su cui ognuno ha il diritto di raccontare la sua verità, ma è quello che ha potuto permettersi i documenti e i materiali d'archivio più rari e preziosi, e la sua prima virtù è infatti di non dare mai l'impressione, su qualcuno di cui crediamo di sapere tutto, di ripetere cose già viste e sentite innumerevoli volte. Perché è vero che le "cose" sono sempre quelle, l'omologazione e le borgate, la poesia e il cinema, la crisi del marxismo e il terzo mondo, il sesso e lo scandalo, ma le interviste, le dichiarazioni, i documenti visivi che le sostengono sono in gran parte inediti o pochissimo visti e sembrano ogni volta farci scoprire qualcosa di nuovo. Anche certi brevi estratti di film, che si intrecciano ai materiali più parlati e a riprese attuali su luoghi, volti, terreni e cieli che sembrano portare in sé la memoria di Pasolini, sono tutt'altro che scontati e in alcuni casi sono praticamente inediti, come la sequenza "Totò al circo" di Uccellacci e uccellini che fu tagliata dal regista nel montaggio definitivo del film. Mentre fra i "si gira" e i backstage è particolarmente gustosa la ripresa della partita di calcio - era il marzo 1975 - fra la troupe di Salò e quella di Novecento, che si giravano in località vicine. Per la cronaca, vinsero i bertolucciani per 5 a 2, e le riprese furono effettuate da Claire Peploe. Mentre, a proposito di Bertolucci, è divertente quel cinegiornale che mostra il giovanissimo e timido Bernardo mentre ritira il premio Viareggio di poesia, con Pier Paolo Pasolini, membro della giuria e allora anche suo coinquilino, che legge le motivazioni. Insomma, tutto interessante, tutto bello, tutto poetico o triste. Ma troppo tutto. Quel che manca, in questo flusso e magma di realtà pasoliniana, è un'idea guida, un'interpretazione, un punto di vista. Forse è un pregio: conoscendo l'esuberanza e la facondia di Laura Betti si poteva temere, al contrario, un torrente di parole, di emozioni, di ricordi personali e di rivendicazioni, mentre bisogna dare atto all'autrice, che non prende mai la parola in colonna sonora e non si mostra praticamente mai, di un riserbo e di un silenzio ammirevoli. Un silenzio sorprendente. Sconcertante. Quasi assordante.
Alberto Farassino, Kwcinema |
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Critica (2): | C'è molto amore nel documentario Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno, presentato all'ultima Mostra di Venezia e ora sugli schermi di prima visione. E' un amore che traspare dal modo in cui sono accostati i materiali di repertorio, dalla colonna sonora malinconica, dalla struggente nostalgia che Laura Betti prova e che intende trasmettere allo spettatore, riuscendo a trovare più di un momento di poesia in forma di cinema. Ma c'è anche molta lucidità, la lucidità di un profeta che ci annunciò con largo anticipo, e con l'acre consapevolezza di non poterlo evitare, quel che stava per capitarci: la trasformazione antropologica del cittadino in consumatore, l'omologazione culturale, la produzione e l'acquisto di beni superflui, lo sviluppo senza il progresso. Per tutto ciò è largamente motivato il titolo, che convoca i termini di "ragione" e "sogno", contro il sonno della ragione venuto a contaminarci con la società delle merci, quella in cui viviamo. Di Pasolini, soprattutto, Laura Betti vuole far emergere la generosità umana e intellettuale, senza scolpirgli il monumento ma lasciando - ogni volta che può - parlare lui in prima persona, nei vecchi fotogrammi in bianco e nero che ci restituiscono la sua immagine nervosa, risentita e stranamente quieta, senza soluzione di continuità. Con una sola eccezione per Paolo Volponi, la regista ricorre poco, invece, alle testimonianze degli amici del poeta. Alla voce pasoliniana preferisce affiancare materiali di repertorio rari (come la sequenza in cui Pasolini fa il ritratto a Ezra Pound) o brani dei suoi film (da Accattone a La ricotta e Che cosa sono le nuvole?, dal Vangelo secondo Matteo al Decameron), ricordandoci la motivazione della scelta pasoliniana di fare cinema perché "rappresenta direttamente la vita e la sua poesia".
Roberto Nepoti, La Repubblica, 8/10/2001 |
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| Laura Betti |
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