Mademoiselle - Agassi
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Regia: | Park Chan-wook |
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Cast e credits: |
Soggetto: dal romanzo “Ladra” di Sarah Waters; sceneggiatura: Chung Seo-kyung, Park Chan-wook; fotografia: Chung Chung-hoon; musiche: Cho Young-wook; montaggio: Kim Sang-beom, Kim Jae-Beom; scenografia: Ryu Sung-hee; costumi: Cho Sang-kyoung; effetti: Lee Jeon-hyeong; suono: Kim Suk-won; interpreti: Kim Min-hee (Lady Hideko), Kim Tae-ri (Sookhee/Tamako), Ha Jung-woo (il Conte Fujiwara), Cho Jin-woong (zio Kouzuki), Kim Hae-sook (Madame Sasaki), Moon So-ri (zia di Hideko); produzione: Park Chan-Wook, Syd Lim Per Moho Film, Yong Film; distribuzione: Altre Storie, Film 9 e Bell Production; origine: Core del Sud, 2016; durata: 139’. |
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Trama: | Nella Corea degli anni '30, durante l'occupazione giapponese. Una facoltosa ereditiera, Lady Hideko (Kim Min-Hee), vive in un'enorme tenuta di campagna in compagnia del prepotente zio (Jo Jin-Woong), dal temperamento sadico e dispotico, nonché grande appassionato di letteratura erotica. L'uomo, che ha cresciuto la nipote sin dalla tenera età di cinque anni, trama di sposarla per impadronirsi del suo ricco patrimonio.
Nel frattempo, grazie al conte Fujiwara (Jung-woo Ha), un truffatore sotto mentite spoglie nobiliari, Sookee (Kim Tae-ri) viene assunta come ancella della fragile Lady Hideko. La ragazza nasconde, però, un segreto sulla sua identità: è una borseggiatrice. Reclutata dal conte imbroglione, Sookee deve aiutarlo a sedurre la nobildonna per convincerla a fuggire con lui, così da derubarla delle sue ricchezze e rinchiuderla in un manicomio.
Sebbene il piano sembri procedere positivamente, la bellezza di Lady Hideko potrebbe comprometterlo; infatti, tra l'ereditiera e la sua ancella nascerà presto una forte passione. |
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Critica (1): | Bentornato Park Chan-wook. Dopo la parentesi anglosassone di Stoker, il regista rientra in patria per riappropriarsi di alcuni degli aspetti centrali della sua riconoscibile cinematografia (sdoganata a livello internazionale grazie alla celebre “Trilogia della Vendetta”). Si ispira ad un romanzo inglese di successo, Ladra di Sarah Waters (che già fu punto di partenza della miniserie UK Fingersmith nel 2005), ma se quello era ambientato nella Londra del 1862, il film di Park torna nella Corea degli anni ’30, durante l’occupazione giapponese.
Diviso in tre parti, Agassi (questo il titolo originale dell’opera) è incentrato su una giovane, Sookee (Kim Tae-ri), assoldata da un abile truffatore (Ha Jung-woo) affinché diventi la cameriera personale della ricca ereditiera Hideko (Kim Min-hee), che deve la sua fortuna alla sterminata collezione di libri erotici custodita in casa dallo zio, tutore della donna. La ragazza dovrà fare in modo che Hideko si convinca a sposare il suo committente. Il quale, una volta ottenuta la sua mano, dimostrerà l’incapacità di intendere e volere della moglie per farla rinchiudere in manicomio. Per impossessarsi definitivamente dei suoi beni.
Il disegno è questo. Ma come spesso Park Chan-wook ci ha dimostrato nel corso della sua filmografia, il doppio gioco è solamente il primo di altri, molteplici giochi. Affidandosi ad una messa in scena volutamente schiavizzata, maniacale, perfetta nel saper rinchiudere dentro scenografie di grande livello luci e colori anche diametralmente opposti al torbido che regola gli snodi del racconto, il regista coreano realizza un nuovo, ulteriore film sul “controllo”: chi conduce le danze finisce per essere condotto, chi è convinto di avere il coltello dalla parte del manico rischia di finire accoltellato.
Le prime due parti del film, in tal senso, sono straordinarie nel saper rendere la natura di questo sorprendente ribaltamento. Ma anche qui, come vedremo, il controllo finirà per essere soggiogato esso stesso. Dalla libertà, che capovolgendo a sua volta tutto quello che lo stesso Park ci ha mostrato fino a quel momento, diventa concetto in nome del quale le emozioni, l’erotismo (elemento fondamentale dell’intera opera), la struttura ultima del film prenderanno il sopravvento.
Consentendo così al regista di chiudere nel migliore dei modi la trilogia sull’esplorazione dell’amore proibito iniziata nel 2009 con Thirst e proseguita con Stoker. Mescolando thriller, eleganza formale e carica erotica come pochi altri hanno mai saputo fare. E inferendo un altro duro colpo alle ottuse logiche maschiliste di un paese che, anche attraverso tradizionali riferimenti culturali (significativamente distrutti in una delle scene madri del film), ha costruito un’immagine sottomessa e schiava della donna. Mai come stavolta, Lady Vendetta. Chapeau.
Valerio Sammarco, cinematografo.it |
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Critica (2): | (…) Normalmente pensiamo che l’immagine sia una rappresentazione di qualcosa che esiste nel mondo. Ma cosa succede quando ci rendiamo conto che invece quell’immagine che credevamo oggettiva non esisteva in sé e per sé, ma era solo un modo per ingannare il nostro sguardo e il nostro punto di vista. Era ciò un trompe-l’œil, messo lì per catturare il nostro desiderio. Cosa succede quando l’immagine guarda al soggetto e non al mondo?
Parte da questo spunto Mademoiselle, film del 2016 di Park Chan-Wook che arriva solo ora in sala in Italia nella versione non extended nel frattempo è uscita nelle all'estero: non un esercizio sulla pluralità dei punti di vista, ma una messa a tema della dimensione soggettiva, “piegata” e quasi allucinata della visione (e i movimenti, curvi e veloci, della macchina da presa ce lo ricordano in continuazione durante tutto il film).
La storia è quella de La ladra, romanzo di ambientazione vittoriana del 2002 di Sarah Walters, che Park Chan-Wook sposta nella Corea degli anni Trenta. Hideko è una ricca ereditiera che vive in una casa metà in stile Inglese e metà in stile Giapponese (in quegli anni, gli occupanti della Corea) in una campagna sperduta senza aver nessun contatto con il mondo. Suo zio colleziona libri erotici e controlla ogni sua mossa fin dalla sua infanzia: la sua passione è quella di usare Hideko per delle session di reading di libri erotici finalizzati al titillamento degli aristocratici locali.
La vita di Hideko viene sconvolta dall’arrivo di una nuova serva di nome Sookee e poi da un enigmatico Conte, che tenta di sedurla e di sposarla, portandola con sé in Giappone. In realtà Sookee e il Conte sono partner in un tentativo di truffa ai danni dell’ereditiera: il loro obiettivo è di appropriarsi della sua fortuna, convertirla in denaro e poi darsi alla fuga dopo aver rinchiuso Hideko in un ospedale psichiatrico (sullo sfondo del film c’è la medicalizzazione e criminalizzazione dell’isteria femminile del XIX secolo).
Tuttavia la storia è attraversata da una strutturale ambiguità: prima sembra che siano Sookee e il Conte che vogliano ingannare la giovane ereditiera ma poi il punto di vista viene ribaltato e pare che siano Hideko e il Conte che invece vogliano ingannare Sookee. O forse sono Sookee e Hideko che “usano” l’intermediazione del Conte per il loro rapporto erotico? O è forse più semplicemente questa dimensione d’inganno dell’immagine il filo rosso che organizza il particolarissimo ménage à trois della storia. Perché l’erotismo, ci dice implicitamente Park Chan-Wook, non sta tanto nella minima copertura di fronte al reale della sessualità – come un luogo comune fin troppo diffuso ripete spesso – ma si nutre della dimensione di messa in scena nei confronti di un terzo. È lo spettacolo nei confronti dello sguardo di un terzo che rende la scena erotica. È chi viene ingannato (e con lui o lei, noi come spettatori) a essere il centro della dialettica erotica di Mademoiselle, che ci fa vedere ancora una volta come l’erotismo al cinema è spesso una costruzione dialettica e dinamica di sguardi e non certo la rappresentazione statica di un corpo femminile.
Pietro Bianchi, cineforum.it, 20/8/2019 |
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