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Splendore nell'erba - Splendor In the Grass


Regia:Kazan Elia

Cast e credits:
Regia: Elia Kazan; sceneggiatura: William Inge; fotografia: Boris Kaufman; scenografia: Gene Callahan; musica: David Amram; costumi: Anna Hill Johnstone; coreografia: George Tapps; interpreti: Natalie Wood (Wilma Dean Loomis), Warren Beatty (Bud Stamper), Pat Hingle (Ace Stamper), Audrey Christie (Freda Loomis), Barbara Loden (Ginny Stamper), Zohra Lampert (Angelina), Fred Stewart (Del Loornis), Joanna Ross (Mrs Stamper), Jan Norris (Juanita Howard), Gary Lockwood (Alan "Toots" Tuttle), William Inge (Reverendo Whiteman); produzione: N.B.I. Pictures - Warner Brothers; origine: Usa, 1961; durata: 124'.

Trama:La vicenda è ambientata nel 1928 in una piccola città del Kansas, negli Stati Uniti. Due giovani liceali, Deanie e Bud, s'innamorano. Le convenzioni sociali e le rispettive famiglie ostacolano però questo amore. A causa delle continue pressioni, i due sono costretti a dividersi. Bud si trasferisce a Yale per dedicarsi agli studi, Deanie, sconvolta per l'abbandono, tenta il suicidio, finendo poi in una casa di cura. La grande crisi rovescerà le sorti di Bud, mentre Dean recupera il suo equilibrio legandosi a un giovane medico.

Critica (1):«Se niente può far che si rinnovi
all'erba il suo splendore e che riviva il fiore,
della sorte funesta non ci dorremo, ma ancor più saldi in petto
godrem di quel che resta.»
(William Wordsworth - Intimations of Immortality)

Splendor in the Grass (Splendore nell'erba), 1961, è un film capitale per un'esegesi del cinema secondo Kazan. Con America America e Il Compromesso, è l'opera sua piú intelligente e approfondita. Ma è qualcosa di piú di un film di cui si ammira la genialità; è uno dei pochissimi film che possono diventare un patrimonio intimo di sensazioni. Qui occorre anzitutto testimoniare della struggente bellezza di Nathalie Wood. Non è un dato extracritico: concerne proprio la forza di coinvolgimento che il film possiede per lo spettatore. Splendore nell'erba è un grande spettacolo che assume cadenze classiche nelle quali i dati della quotidianità si inscrivono e assumono rilevanza. Le vicende umane sono prese nel vortice del trascorrere della storia, ma dal rapporto è scomparso l'equilibrio naturale messo in scena da Tolstoi (uno scrittore che Kazan molto ammira).
Splendore nell'erba si svolge durante gli anni che precedono e seguono la grande crisi. La storia d'amore al centro dell'intrigo è strutturalmente determinata non tanto dagli avvenimenti della storia (come potrebbe avvenire nel romanzo classico) ma dalla loro valenza simbolica nella società americana. Kazan non racconta una storia i cui esiti sono condizionati da eventi politico-economici, ma – sta qui l'acutezza – i cui meccanismi sono psicologicamente e socialmente determinati dai fantasmi che quegli avvenimenti politico-economici producono nell'ideologia storicamente dominante.
Si comprende allora la differenza che passa tra una storia umanisticamente classica e questa, che del classicismo ha la sola struttura narrativa capace di coinvolgere lo spettatore e di farlo sentimentalmente partecipe. La scelta è intelligente: lo spettatore «vivendo la storia» vive la stessa esperienza di spossessamento della Storia che vivono i personaggi. Per questo, nell'immaginazione dello spettatore tanto si imprimono il dolore, la speranza, la delusione, l'eccitamento, il desiderio: sono forze allo stato puro che non trovano sfogo nel loro oggetto naturale. È un'esperienza di straniamento. Un'operazione linguistica di alto livello critico, che ha il suo momento culminante nella sequenza finale.
Questi ultimi cinque minuti di film sono forse il momento piú creativo di tutto il cinema di Kazan per la sospensione del senso che improvvisamente si apre. I termini della questione sono chiari, i feticci del Denaro e del Sesso hanno prodotto una lacerazione, che è insieme privata e pubblica (la crisi economica). Dean trova la forza di perdonare i genitori e Bud perdona al padre. Ma che qualità di comunicazione testimonia la
sequenza finale? « Quando Dean rende visita al ragazzo che si è sposato, c'è qualcosa di molto bello, e che veramente non capisco. Vale piú di tutte le cose che ho fatto; è venuto cosí. Non è un happy end nei termini della mitologia hollywoodiana, ma lo è nei termini della vita reale. Si capisce anche che lui è adulto, che è un uomo per bene dal modo come la riceve e da come mette il braccio intorno alle spalle della moglie per rassicurarla e dimostrarle che si è liberato» (Kazan par Kazan, p. 224). L'interpretazione del regista (e dello sceneggiatore William Inge) si incentra su di un rinnovamento dopo la catastrofe (una punizione quasi biblica, come dice Kazan, per l'America), su una riappacificazione e un inizio. Ma ci pare un'interpretazione riduttiva.
Ciò che mostra l'ultima sequenza è una stasi del linguaggio. Tra loro i personaggi si scambiano pochissime parole, quasi non hanno piú capacità di comunicazione reciproca: questo non da parte di Dean, che sta per partire per un'altra città, ma di Bud. Bud e sua moglie non offrono che sorrisi imbarazzati e timidi. La nuova donna è incinta, mostra la pancia gravida attraverso un vestitino leggero, ha le labbra tumide. Li unisce il cibo che tra poco mangeranno. Tutta l'azione di Bud e della moglie si organizza attorno a queste significanze fisiche, materiche. Dean è un oggetto che non appartiene, proprio in termini di meccanismi di riconoscimento, a questo universo. Come se la funzione del linguaggio tra loro fosse interdetta. Dean, che in tutto il film ha catalizzato in sé la violenza inibita del desiderio, in questa sequenza è un soggetto-oggetto prosciugato.
Alfredo Rossi, Elia Kazan, Il Castoro cinema, 4/1977

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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