È stato il figlio
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Regia: | Ciprì Daniele |
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Cast e credits: |
Soggetto: Roberto Alajmo (romanzo), Massimo Gaudioso, Daniele Ciprì; sceneggiatura: Massimo Gaudioso, Daniele Ciprì, Miriam Rizzo (collaborazione); fotografia: Daniele Ciprì, Mimmo Caiuli (collaborazione); musiche: Carlo Crivelli; montaggio: Francesca Calvelli; scenografia: Marco Dentici; costumi: Grazia Colombini; suono: Angelo Bonanni; interpreti: Toni Servillo (Nicola Ciraulo) Giselda Volodi (Loredana Ciraulo) Alfredo Castro (Busu) Fabrizio Falco (Tancredi Ciraulo) Aurora Quattrocchi (Nonna Rosa) Benedetto Raneli (Nonno Fonzio) Piero Misuraca (Masino) Giacomo Civiletti (Giovanni Giacalone) Alessia Zammitti (Serenella Ciraulo) Pier Giorgio Bellocchio (Sordomuto) Giuseppe Vitale (Amico di Nicola); produzione: Alessandra Acciai, Giorgio Magliulo, Luciano Stella per Passione, in collaborazione con RaiCinema, Palomar e Babe Films; distribuzione: Fandango; origine: Italia 2012; durata: 90’. |
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Trama: | La famiglia Ciraulo è composta da Nicola, il capofamiglia, Loredana sua moglie, Tancredi e Serenella i figli, nonno Fonzio e nonna Rosa, genitori di Nicola. Le loro vite anche in una realtà molto dura – abitano nella periferia di Palermo e Nicola si arrabatta per mantenere tutti – scorrono relativamente serene, fino a quando, al ritorno da una gita al mare, un proiettile vagante, destinato ad un regolamento di conti fra bande rivali, colpisce a morte la piccola Serenella. Pur nella totale disperazione pare aprirsi uno spiraglio di speranza quando un amico suggerisce di chiedere il risarcimento che lo Stato riconosce alle vittime della mafia. Il miraggio di ricevere un’ ingente somma di denaro spinge la famiglia a spendere i soldi prima di incassarli, ma i mesi passano e i debiti crescono tanto da spingere Nicola a cadere nelle mani di un usuraio... |
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Critica (1): | «I Ciraulo sono un nucleo famigliare legato alle tradizioni di una cultura arcaica, eppure la loro storia si connette perfettamente con lo spaesamento che il consumismo ha diffuso nella società di oggi. È un allarme che Daniele Ciprì lancia con leggerezza, senza la pretesa di un messaggio». Toni Servillo parla di È stato il figlio, primo dei tre film italiani in concorso (a Venezia 2012 ndr), accolto in sala con un lungo, incoraggiante applauso. «A parte l’armonia nel passaggio dalla prima parte quasi di commedia alla tragedia finale, che c’era anche nel libro di Roberto Alajmo, mi ha colpito questa adesione all’attualità, nell’esasperazione del grottesco, i Ciraulo potrebbero essere una famiglia di qualunque periferia povera del mondo, che ha bisogno di uno status. La Mercedes che gratifica Nicola, il mio personaggio, è importante, ma potrebbe essere qualunque cosa, conta il fatto di desiderare e di ottenere ciò che si desidera».
Ma a toccare profondamente Servillo è «soprattutto l’offesa all’infanzia che viene raccontata. Al centro della storia c’è una bambina che muore e il risarcimento per la sua morte scatenerà la tragedia, il sangue chiama il denaro, il denaro chiama il sangue. Ma c’è anche un ragazzo, suo fratello, che, per la sopravvivenza della famiglia, viene bloccato nel momento bello dei sogni, delle speranze. L’offesa all’infanzia è l’elemento poetico, quello che mi ha più commosso», dice l’attore. Che oggi può fare veramente tutto, anche annullare Servillo nel personaggio del palermitano Nicola Ciraulo che ostenta spavaldo la sua grossolanità ed entrare nell’umanità brutta sporca e cattiva del film di Daniele Ciprì, che non dimentica Cinico TV e la lunga esperienza con Franco Maresco. Anche se, dice il regista, «adesso vivo a Siracusa. Ho lasciato Palermo, non è che non la ami, ma sento una pesantezza notevole nella vita della città. Un tempo tutta la creatività cominciava da Palermo, adesso non c’è niente che mi ispiri». Insieme ad un gruppo di attori siciliani di razza, Giselda Volodi, Aurora Quattrocchi, Fabrizio Falco tra gli altri, nella famiglia Ciraulo e nell’umanità di Ciprì è entrato il cileno Alfredo Castro e «non è stato difficile sentirmi uno di loro. Conosco questo mondo, è anche il mio mondo, conosco questa miseria materiale e morale. ll Cile è il paese che vanta il divario più profondo tra i ricchi e i poveri, rispecchio benissimo la realtà del film», dice l’indimenticabile interprete del film Toni Manero. Per Servillo e Cipri questa è solo la prima apparizione alla Mostra. Entrambi torneranno il 5 settembre con Bellocchio: Servillo è il senatore berlusconiano di Bella addormentata, Ciprì il direttore della fotografia. «Quando Barbera mi ha chiamato ho accettato subito, sono felicissimo. Ma sono ancora più felice di aver fatto il film, ho esitato molto, lo devo ai produttori che mi hanno spinto, e agli attori, il film sono loro, io sono un artigiano che racconta con le immagini. Chi si aspettava che Servillo accettasse? L’ho chiamato, stava in macchina, ha detto subito si. Durante le prove ho visto la camminata che ha creato per Nicola, come quella di mio zio, un siciliano» (Maria Pia Fusco, la Repubblica, 2/09/2012). |
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Critica (2): | Ciprì senza Maresco. È la prima volta ma non dovrebbe essere l’ultima perché l’esperimento convince anche se altrettanto convincenti, nel loro muoversi astuto fra il grottesco e il surreale, vanno ritenuti i film realizzati in coppia dai due, dall’agghiacciante Zio di Brooklin alle angosce di Totò che visse due volte.
Ciprì, anche se da solo, non si allontana da Palermo e vi ambienta una storia che diventa cinema – e saldissimo – specialmente per il modo con cui ce la rappresenta.
Nicola, un borghese un po’ proletario, ha una figlia che, nonostante sia appena decenne, viene uccisa dalla mafia. La sua disperazione è a un certo punto addolcita non solo dalla notizia che lo Stato risarcisce i familiari delle vittime della mafia ma dall’apprendere presto che quel risarcimento si aggirerebbe intorno ai duecento milioni di euro.
In attesa di incassarli, Nicola si rivolge a un usuraio che non tarda a seppellirlo sotto i debiti fino al giorno in cui quel risarcimento arriverà e si tratterà allora solo di come spenderlo. La decisione, pur contrastata in famiglia ma caldeggiata con affanno quasi morboso da Nicola, finirà per essere l’acquisto di una lussuosa e costosissima Mercedes. Con il risultato che il figlio, usandola nottetempo e di nascosto, la rovinerà. Da qui una revolverata che farà morire Nicola, nonostante i suoi, inventandosi un’accusa ai danni del figlio (sacrificato anche se innocente), risolveranno egualmente i loro problemi.
Ciprì, a questa storia decisamente beffarda, ha fatto assistere maliziosamente un vecchio con funzioni quasi di coro greco, e l’ha poi risolta con immagini che ha saputo tener sempre addosso a tutti i personaggi, dipingendoli sotto feroci accenti caricaturali, ogni carattere, da quello del protagonista a tutti gli altri, studiato in tutti i suoi difetti, anche fisiognomici, con pagine durissime ma anche esilaranti: una domenica di tutti al mare, gli scontri felpati con lo strozzino, i familiari che, avidissimi, dopo l’uccisione di Nicola mettono in atto il loro tranello diabolico.
Tutti con facce quasi da Teatro dei Pupi, non ultima quella, coloritissima, di Toni Servillo, pronto ad esprimersi in un siciliano stretto da richiedere i sottotitoli, e con una maschera, pur per lui molto insolita, che diventa la cifra vera del film, un altro dei molti suoi meriti. (Gian Luigi Rondi, il Tempo, 2/09/2012) |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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