Sono seduto sul ramo e mi sento bene - Sedim na Konàri a je mi dobre
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Regia: | Jakubisko Jubaj |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Jurai Jakubisko, Jozef Pastéka; fotografia: Laco Kraus; montaggio: Patrik Pass; scenografia: Anton Krajovic, Slavo Proohazka; musica: Ari Bulis; interpreti: Boleslav Polivka (Pepe), Ondrej Pavelka (Prengel), Marketa Hrubesova (Ester), Deana Horvathova (Zelmira), Stefan Kvietik (Komet); produzione: Slovenskafilmovatvorba, TaurusFilm, RaiUno; distribuzione: Mikado; origine: Cecoslovacchia 1989, colore; minuti 108'. |
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Trama: |
Nel 1945, a guerra finita, nasce l'amicizia tra il moravo Pepe (B. Polivka), ladro di polli, e lo slovacco Prengel (A. Pavelka), ex soldato, cioè tra una trota abituata a viaggiare e una carpa, nata e vissuta in uno stagno. Tra peripezie varie, miseria e un'allegria da naufraghi, il picaresco racconto continua sino al 1956, quando presero a volare gli Sputnik e cominciò la demolizione di Stalin, imbarcando anche una ex prostituta grazie alla quale la coppia diventa un trio.
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Critica (1): | Sotto le ceneri della primavera praghese la Cecoslovacchia continuava a vivere. Dispersa, mimetizzata nei frammenti di una diaspora, continuava a coltivare le incertezze fertili, la lucidità, il sarcasmo. Kundera, Havel, alcuni registi portavano avanti, più o meno nascostamente, il fermento di quella cultura. In quegli anni, alla Mostra del Cinema di Venezia del 1969, la critica si trovò davanti ad una vera e propria rivelazione: Disertori e nomadi, film d'esordio del cecoslovacco Jurai Jakubisko, vinse il premio per le opere prime. Ma il film non ebbe buona sorte in patria, vietato dalla censura; e non ebbe buona sorte i suo autore. Molti film bloccati, rimasti per anni nel cassetto; altri, pochi, giunti anche da noi, come L'ape millenaria, a perpetuare il suo mito di regista lontano e bravo. Nel complesso, però, una carriera soffocata per questo regista che, pur fra tanti altri che, da quelle parti, praticano un cinema di una leggerezza folle, deforme, allusiva, si è guadagnato la fama di "Fellini dell'Est". E molti echi felliniani possiede questo suo ultimo film, Sono seduto su un ramo e mi sento bene, con cui Jakubisko, a ventun anni dall'esordio, è tornato alla Mostra del cinema di Venezia, e con cui si presenta sugli schermi italiani. Echi felliniani, tono favolistico, opulenze, musichette, senso del grottesco, un allegro disordine slavo che pervade le inquadrature, fino all'abero amarcodiano del finale.. ma andiamo con ordine.
Siamo negli ultimi giorni del maggio 1945. La guerra sta finendo, ciascuno tenta di tornare a casa, di arrangiarsi come può. Di queste migliaia di disperati, ne seguiamo due: un saltimbanco reduce da un lager e un soldato che torna dal fronte. Uniti dal destino da un bizzarro baratto tra un paio di scatolette di carne ed una bicicletta rubata, che si rivela imbottita d'oro, i due si rifugiano in campagna, in una casa abbandonata. Rimettendo insieme il forno appartenuto ad un ebreo massacrato con tutta la famiglia, si improvvisano panettieri, sognando sulla foto di una bella ragazza dai, capelli rossi trovata nella casa. Un giorno, la ragazza (o forse è soltanto una che le somiglia) ritorna, ammutolita e incinta. Prima di essere uccisa, la donna mette al mondo una bambina, insieme alla quale i due amici, incuranti del nuovo regime e delle nuove ideologie, mentre nella città si addensa il pugno di ferro dello stalinismo, condurranno un'esistenza lietamente libertaria, anarchica. Forse, l'unica gioia possibile è nel ritagliarsi uno spazio di vita fuori dalle città, fuori dall'affannato scontrarsi degli uomini.
LISA ADES, Vivi il cinema n. 19-21 gennaio - marzo 1990 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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