Anni '40 - Hope and Glory
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Regia: | Boorman John |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: John Boorman; fotografia: Philippe Rousselot; musica: Peter Martin; montaggio: Ian Crafford; scenografia: Anthony Pratt; costumi: Shirley Russell; suono: Ron Davis; Superv. Eff, Spec.: Rodney Fuller, Michael Collins; coreografia: Anthony Van Laast; interpreti: Sebastian Rice-Edwards (Bill Rohan), Geraldine Muir (Sue Rohan), Sarah Miles (Grace Rohan), David Hayman (Clive Rohan), Sammi Davis (Dawn Rohan), Derrick O'Connor (Mac), Susan Wooldridge (Molly), Jean-Marc Barr (Bruce), Iati Bannen (nonno Geroge), Annie Leon (La nonna), Jill Baker (Fede), Amelda Brown (Speranza), Katrine Boorman (Carità); produzione: John Boorman e Michael Dryhurst, per Columbia Nelson Entertainment, Goldcrest; distribuzione: LIFE INTERNATIONAL; origine: Grar Bretagna; durata: 98 '. |
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Trama: |
Lo scoppio della guerra visto dalla parte di un ragazzino che vive in un quartiere popolare di Londra.
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Critica (1): | La mdp zooma lentamente su di una vecchia foto di famiglia e si ferma sul primo piano del volto del giovane Bill, proprio mentre nei credits appare il nome del regista, John Boorman. L'identificazione è così resa esplicita fin dall'inizio: ciò che vedremo è una sorta di autobiografia infantile ambientata nella Londra degli anni di guerra. Hope and Glory non è un film realistico: gli eventi reali di cui siamo resi testimoni passano attraverso un duplice filtro: quello della soggettività del ragazzino di nove anni Bill Rohan e quello del narratore, un Boorman ormai adulto che ricorda. Anche se lontano dalle ultime, magniloquenti avventure del regista (Excalibur, La foresta di smeraldo), il film ha comportato uno sforzo produttivo consistente: lo stesso Boorman sottolinea con compiacimento che il set ricostruito in studio di Rosehill Avenue, la strada dei sobborghi dove c'è l'abitazione ("Bhin-Tal") della famiglia Rohan, è il più grande che si ricordi in Inghilterra dalla fine della Guerra. E lo si comprende, data la centralità di questo ambiente per lo sviluppo del film: la sfilza di casette tutte uguali, con il giardino sul retro, lo stesso "ordine", comunicano il senso di una esistenza soffocante e monotona, impregnata di perbenismo e di innaturalità.
In questo senso, l'arrivo della guerra offre una insperata via di uscita dal grigiore: il padre di Bill, un ometto abbastanza mediocre, può riarruolarsi - anche se in una posizione amministrativa: "Batterò a macchina per l'Inghilterra!" - e illudersi di avere uno scopo e una importanza, quella che non avverte più in una famiglia di cui non riesce a essere il leader. Come dice a un suo ex-commilitone, "Siamo rimasti addormentati per venti anni". Anche la moglie è in fondo contenta: la guerra le dà un momento di tregua da un matrimonio senza passione, può stare vicino a Mac, l'uomo che avrebbe voluto sposare al posto dello scialbo marito: per lei, al massimo, la guerra è qualcosa che non dovrebbe sciupare una bella giornata di fine estate. Dal canto suo, la sorella maggiore, la quindicenne Dawn, approfitta dell'assenza del padre e dell'atmosfera incerta e provvisoria dei giorni di guerra per crescere in fretta, innamorarsi, sposarsi e fare un figlio: la sua reazione, ai primi bombardamenti sulla città, è di uscire per strada cantando e paragonando gli scoppi a dei fuochi di artificio.
Ma il massimo di impatto lo si riscontra sul ragazzino Bill: per lui, abituato a Hopalong Cassidy e a giocare ai soldatini, la guerra rappresenta un avvenimento mitico, l'irruzione dell'avventura e dell'azione, un'occasione irripetibile per la scoperta personale del mondo. Non a caso, Boorman fa coincidere il fatidico annuncio di Chamberlain dell'entrata in guerra contro la Germania con il momento in cui Bill gioca in giardino maneggiando le figure di piombo di Mago Merlino e di Lancillotto come se si trovasse all'interno di una foresta incantata: in questa chiave, la guerra è come evocata dal ragazzo come necessità mitica, una necessaria e naturale continuazione favolistica della leggenda del Sacro Graal. Più tardi questi soldatini rimarranno fusi durante l'incendio - fortuito - della casa: il ciclo è compiuto: Bill farà l'esperienza della guerra come di una serie di accadimenti slegati (Boorman costruisce attentamente il film giustapponendo una serie di episodi-quadretto legati tra loro dal significato che gli attribuisce il ragazzo e non tanto dallo scorrere del tempo di cui l'infanzia è per lo più inconsapevole), vivendo con gioia i 'raids' tra le macerie con gli amici - c'è una inquadratura, splendida, che li coglie in fila tra i muri devastati, sullo sfondo di un cielo rossastro, come sul crinale di una collina western - la raccolta di schegge di bombe, di proiettili inesplosi, di distintivi militari.
La guerra reale, che tarda, almeno all'inizio, a farsi sentire, è poi paragonata con quella, mitica, che scorre sugli schermi cinematografici. I modellini di aerei da guerra e gli aerei veri, quelli che bombardano e seminano distruzione e morte, sono tra loro equivalenti e interscambiabili. La morte stessa, quando arriva (l'uccisione della madre di Charity), è pretesto per scherzi e scommesse infantili. In questa dimensione di "gioco", e in un mondo in cui imperano giardinaggio, cricket, radio e cinema, la routine della scuola e degli allarmi aerei è interrotta da avvenimenti "fantastici": il lento atterraggio col paracadute di un aviatore tedesco abbattuto, che si siede su una panca a fumarsi una sigaretta prima di essere accompagnato via da un poliziotto tra due ali di pubblico a bocca aperta, oppure il varo di un dirigibile e la sua successiva distruzione dopo che ha strappato i fili e minaccia di abbattersi sui tetti delle case.
Hope and Glory si configura come un film su di una iniziazione giovanile, un Bildungsroman non dissimile da altri investigati da Boorman. Il passaggio alla maturità di Bill è ben reso dalla metafora del tiro ad effetto nel cricket, il cosiddetto "googly". Il padre lo insegna al figlio, come un segreto da tramandare nel caso non tornasse più dalla guerra, immediatamente prima della splendida sequenza della partenza sulla strada, quando i due si rilanciano la palla, con un movimento alternato di reciproco avvicinamento e allontanamento; più tardi, davanti alla casa sul fiume, il bambino batterà il padre proprio utilizzando questo colpo.
Alberto Morsiani, Segno Cinema , n. 31 gennaio 1988 |
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