Laurence Anyways
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Regia: | Dolan Xavier |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Xavier Dolan; fotografia: Yves Bélanger; musiche: Noia; montaggio: Xavier Dolan; scenografia: Anne Pritchard; costumi : Xavier Dolan, François Barbeau; interpreti: Melvil Poupaud (Laurence Alia), Suzanne Clément (Fred Bellair), Nathalie Baye (Julienne Alia), Monia Chokri (Stéfanie Bellair), Yves Jacques (Michel Lafortune), Sophie Faucher (Andrée Bellair), Magalie Lépine-Blondeau (Charlotte), David Savard (Albert), Catherine Bégin (Mamy Rose), Emmanuel Schwartz (Baby Rose), Jacques Lavallée (Dada Rose), Pérette Souplex (Tatie Rose), Patricia Tulasne (Shookie Rose), Susan Almgren (giornalista); produzione: Lyla Films-Mk2; distribuzione: ; origine: Canada-Francia, 2011; durata: 159’. |
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Trama: | Ambientato negli anni Novanta, racconta la storia di un amore selvaggio e insolito: un uomo cerca di salvare il suo rapporto con la fidanzata dopo averle rivelato il proprio desiderio di diventare una donna... |
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Critica (1): | Giunto al suo terzo lungometraggio in quattro anni Xavier Dolan è pronto per la prova della maturità. Dopo un esordio sorprendente in cui faceva i conti con sé stesso, con l'ossessione per la madre e per il proprio orientamento sessuale (J'ai tué ma mère, 2009), e un secondo film, ancor più stilizzato, in cui giocava intelligentemente con i cliché della commedia e dei ménage a trois cari a tanta nouvelle vague (Les amours imaginaires, 2010), con Laurence Anyways il baby-regista del Québec si sposta dal centro della scena, concependo il suo progetto più ambizioso senza esserne il protagonista.
Laurence Alia è un docente di letteratura trentacinquenne il cui primo libro di poesie sta per essere premiato e convive con una donna indipendente di nome Fred – gara di bravura attoriale tra Melvil Poupaud e Suzanne Clément. La sua vita sembra tranquilla, appassionato al suo lavoro, innamorato della ragazza con la quale è solito fare liste nei momenti più disparati. Ciononostante, è possibile intuire l'instabilità emotiva del protagonista attraverso il riflesso filmico abilmente composto da Dolan, il quale, nel primo quarto d'ora, passa rapidamente in rassegna la quotidianità di Laurence con un montaggio sincopato ed ellittico, corredato da un attento uso del sonoro che, tra cambi di tono e di volume, sottolinea la crescente alienazione del personaggio, il suo distacco. La turbolenza finisce per esplodere nella confessione all'autolavaggio, dove l'uomo ammette a se stesso e a Fred di aver vissuto in una farsa per trentacinque anni. Che lui è una donna, intrappolato in un corpo con attributi in cui non si riconosce.
La sessualità e come ci si rapporta ad essa sono due dei fulcri dei film di Dolan, punti fermi che poi vengono sviluppati di volta in volta attraverso forme e codici differenti. In Laurence Anyways l'interessante non riguarda soltanto la questione del "gender", la diffrazione della personalità in base alla collocazione sessuale (tema sviscerato anche da Almodovar), aspetto che viene trattato comunque con notevole cura per le dinamiche psicologiche tra i vari personaggi, quanto il lavoro che viene fatto sul genere cinematografico di riferimento. Infatti, la storia squadernata da Dolan porta con sé i topoi del melodramma: all'amore puro che diviene impossibile perché extra-coniugale o a causa delle differenze di classe, il regista canadese sostituisce la differenza di genere, l'accettazione (o meno) di un sesso in transito, di un corpo in trasformazione. Riflettendo in maniera non così lontana dal Cronenberg di M. Butterfly, che aveva però puntato sull'inquietante autoinganno della ragione, Dolan realizza un melodramma purissimo, logorante per come si estende senza posa verso il futuro con un unico leitmotiv: la certezza che due esseri continuino ad amarsi anche se impossibilitati ormai a stare insieme. L'odissea di Laurence è lunga i fondamentali dieci anni della sua trasformazione in donna, dal 1989 al 99, giro di boa di un secolo e di un millennio. Dopo il coming out cambia la percezione che il mondo ha di Laurence, e il coraggio non basta per risolvere il suo contraddittorio cammino per sentirsi pienamente se stesso. Mantenendo una costante tensione emotiva, anelando verso una felicità che si manifesterà solo in maniera transitoria ed effimera, Dolan muove i suoi personaggi nello spazio e nel tempo facendoli confliggere – dopo la prima parte – nei momenti chiave della vita dello scrittore, piazzando in coda il loro primo incontro, ormai un ricordo spazzato via dal vento di un autunno incombente.
Difficile capire come e perché l'autore sia pervenuto a una storia che reca con sé le caratteristiche della summa artistica e del bilancio esistenziale. E ci si stupisce della compiuta padronanza della macchina filmica da parte di un autore ventireenne, che è uno di quei sempre più rari registi che vogliono il controllo assoluto sulla propria opera non solo a un livello autoriale ma anche eminentemente pratico: scrive, dirige, monta, sceglie i costumi e le musiche. La sceneggiatura è un fiume in piena, i personaggi e le situazioni presentati nel corso della narrazione rimangono credibili nonostante Dolan abbia un debole per le scene madri e per un'enfasi stilistica debitrice a Wong Kar-wai, che regala guizzi surreali con fulminanti metafore annesse e veri e propri videoclip. Lo studio cromatico costituito da una sinergia tra costumi, scenografie e la fotografia iper-satura di Yves Bélange potenzia ogni immagine, veicolando un poliedrico gusto per la messa in scena che si mostra sempre cangiante. I peccati di Dolan sono, pertanto, tutti di generosità verso un personaggio in cui crede e il cui ritratto a tutto tondo è il manifesto di uno degli autori più giovani e sorprendenti degli ultimi anni.
Laurence Anyways è un melodramma dilaniante che riesce a non appesantirsi pur nella sua durata fluviale di due ore e quarantotto minuti. La narrazione cambia più volte pelle e scenari, perché la vita di Laurence, un uomo che ha scelto di essere donna ma non di cambiare il proprio orientamento sessuale, non può avere una direzione univoca: l'autore non dà mai risposte secche, preferendo mettere in evidenza l'ambiguità di ciò che si definisce "normale" e di provare a valicarne i limiti. Nel cuore serberemo la sequenza di Île au Noir, montata al ritmo elettronico dei Moderat, poiché l'onirica bellezza di quei vestiti variopinti che piovono dal cielo è il miglior biglietto da visita per il cinema spudorato e personale firmato da Xavier Dolan.
Giuseppe Gangi, ondacinema.it |
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Critica (2): | Con Laurence Anyways, il giovane regista del Quebec Xavier Dolan rischia di sorprendere coloro che avevano visto i suoi primi due film (J'ai tuè ma mère e Les amours imaginaires). Laurence Anyways è per noi il suo film migliore.
Tutto ciò che era leggero capriccio giovanile qui lascia il posto ad una gravità inaspettata e mette così in luce quella che è forse la figura chiave fondamentale del racconto di Dolan: la ripetizione, il ritorno del medesimo, la spirale.
Laurence Anyways, con le sue due ore e 39 minuti, non fa che ripetere le stesse confessioni, gli stessi incontri, gli stessi dolori in forme diverse. Si tratta proprio di variazioni su un tema: come due esseri non smettono di incontrarsi e di cercare invano di vivere il loro amore, quando l'ostacolo a questo amore sembra insormontabile per uno dei due: il sesso (nel senso fisico del termine) dall'altro?
Laurence (Melvil Poupaud), professore di letteratura, e Fred (Suzanne Clément) si amano e vivono insieme. Il giorno del suo trentesimo compleanno, Laurence dice a Fred di essersi sempre sentito femmina e che non vede come potrebbe essere felice nella pelle di un uomo.
Lo shock è terribile per Fred. Laurence è disperato. Si separano.
Mentre inizia la lunga metamorfosi medica e chirurgica, gli anni passano e i due sfortunati amanti si reincontrano a più riprese. Laurence diventa uno scrittore famoso.
Ogni scena in cui si ritrovano è l’occasione di nuove lacerazioni e tuttavia lo spettatore non è mai preso dalla stanchezza. Perché?
Perché tutto ciò che sembrava artificio nei primi film di Xavier Dolan sembra trovare qui la sua ragione d’essere. La sua propensione a trasformare certe scene in clip (o il contrario), sulle tracce di Wong Kar-wai, diviene qui, nel contesto di una storia d'amore, come un recitativo d’opera. Il suo gusto per i colori vivaci dà a qualsiasi scena una stilizzazione voluta e desiderabile: del glamour in stile hollywoodiano. I suoi eccessi di gioventù, la sua megalomania trovano qui un senso nella sua ostinazione a voler riunire malgrado tutto due esseri umani che non possono stare insieme
La stessa durata del film, che tradisce il suo desiderio di realizzare un grande affresco, trova la sua giustificazione in questa intima ripetizione inevitabile di un amore impossibile.
In sostanza, Dolan si ricollega a un certo cinema, quello di quel periodo hollywoodiano un po’ incerto dell’inizio degli anni ’70, in bilico tra la fine del classicismo e l’inizio della modernità, dove un regista come Sydney Pollack cercava di trovare un nuovo percorso attraverso un cinema di stars un po' fuori dagli schemi: Laurence Anyways discende direttamente da Come eravamo, che Pollack realizzò nel 1973 con Barbra Streisand e Robert Redford, lunga storia di ricongiungimenti tra due giovani studenti che tutto (la classe sociale, i gusti, le idee politiche) separava irrimediabilmente.
Dolan ridà a questo genere un po' minore una rinnovata giovinezza e modernità. Melvil Poupaud, nel suo ruolo maggiore, assume una dimensione insospettata abbandonando i ruoli giovanili che ne hanno fatto il successo; Suzanne Clément è notevole nel ruolo di piccolo-borghese ugualmente impacciata; Nathalie Baye si rivela ancora migliore del solito in uno di quei personaggi di madre potente e un po’ spaventevole nei quali si è sempre distinta – soprattutto in Prova a prendermi di Steven Spielberg). (...)
Jean-Baptiste Morain, Les Inrockuptibles, lesinrocks.com, 17/7/2012 |
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