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Ville engloutie (La)


Regia:ZimmerFrei

Cast e credits:
Soggetto: ZimmerFrei; sceneggiatura: Anna de Manincor, Claire Astier; fotografia: Roberto Beani; musiche: Massimo Carozzi, Susanna La Polla; montaggio: Davide Pepe, Anna de Manincor; suono: Massimo Carozzi; interpreti: Kemais Ouchem, Rayan Ouchem, DJ Noam , Rayane Big Show, Frédéric Sercy, Jonathan Goffé, Kévin Théraud, Manuel Marcos, Claire Astier, Muriel Poil, Michel Lahaye, Gérard Chaise, David Lautrey, Pascal Terrier, Anaïs Blanchard, Jean Sémon, Denis Dubois, Danyele Papillot, Pauline Sémon, Anton , Garance Torres-Amariglio, Patricia Davanture, Olivier Genelot, Jean-Michel Minvielle, Jean-Marc Ruget, Jean-François Maugey, Christophe Pratx, Louise Gandois, Eléa Nardin, Philppe Marcade (narratore); produzione: Centre National Des Arts De La Rue L'abattoir, in coproduzione con Insitu Network; distribuzione: Bo Film; origine: Francia-Italia, 2016; durata: 64'.

Trama:Chalon è una "sinking city", una città che affonda e si restringe dopo la scomparsa dei cantieri navali e delle grosse industrie sorte lungo il fiume Saône. La storica sede della Kodak è scomparsa senza lasciare traccia, demolita con un'esplosione di dinamite, ma i piloti di "peniche" parlano ancora dell'acqua del fiume colorata di blu, verde, giallo, come un bagno rivelatore andato a male. La popolazione è passata da 56.000 a 44.000 abitanti nel corso degli ultimi quarant'anni. Il centro sta perdendo circa 600 residenti ogni anno dal 1999, a causa di fenomeni come la suburbanizzazione, la deindustrializzazione e il calo demografico. Il film parte da una domanda: come sarà Chalon sur Saône tra 40 anni? ZimmerFrei si interroga sui futuri possibili della città attraverso lo sguardo immaginifico dei suoi abitanti. Da documentario a science fiction il passo è breve: il futuro è già in azione nel presente.

Critica (1):Se chiude un'industria, una città soffre. Se un intero quartiere inizia a spopolarsi, la situazione si fa ancor più grave. Ma se dodicimila abitanti decidono di abbandonare la propria casa, allora quella è un'emergenza.
Settimo capitolo della serie "Temporary Cities", Ville Engloutie di ZimmerFrei racconta l'attuale stato di semi-abbandono di Chalon sur Saône, comune francese situato nella regione della Borgogna, che negli ultimi anni ha visto diminuire la propria popolazione di oltre il 20%.
Provando ad intercettare il mood che si respira e ad immaginare il futuro della "ville", gli autori partono dalle immagini a colori della distruzione di una fabbrica, per passare ad un malinconico bianco e nero che mostra ciò che resta delle vecchie zone industrializzate, in una sorta di archeologia dei luoghi di lavoro.
In uno scenario "postapocalittico" prendono vita i racconti di chi ancora, per il momento, resiste, tra i ricordi della fervida attività degli stabilimenti della Kodak e la paura che prima o poi l'inquinamento e la disoccupazione possano arrivare a fare terra bruciata.
Giocando su effetti di elettronica e inquadrature spesso più vicine alla fotografia che al cinema, ZimmerFrei immerge lo spettatore in un (non)luogo futuristico e a tratti fantascientifico.
Antonio Capellupo, Torino Film Festival 34, 19/11/2016,

Critica (2):La ville engloutie è il nuovo approdo di ZimmerFrei nei territori di “Temporary Cities”, la serie inaugurata nel 2010 con LKN Confidential (girato interamente in una via di Bruxelles) e che cerca di rintracciare l’idea stessa di trasformazione delle aree urbane focalizzando l’attenzione su dettagli a volte minimi, altre volte più prossimi all’idea di microcosmo – come in Hometown | Mutonia, sulla comunità sorta nel 1990 a Santarcangelo di Romagna. Il settimo capitolo di questa “saga” è La ville engloutie, presentato in concorso al Torino Film Festival all’interno della sezione Italiana.doc.
Inizia con un einstürzende neubauten, un nuovo palazzo che crolla, il film di ZimmerFrei (alla voce regia è accreditata la sola Anna de Manincor, ma il lavoro è come sempre collettivo e va considerato tale), e con una popolazione intera che assiste alla demolizione controllata. Il palazzo implode su se stesso, sollevando polvere e detriti: una metafora perfetta di quel che accadrà in seguito, con l’implosione dell’industria principale della città e la polvere e i detriti di questo dissesto che si attaccano come peste addosso a chi è rimasto a vivere lì…
La città in questione è Chalon-sur-Saône, neanche cinquantamila abitanti nella Borgogna, poco più di cento chilometri dal confine con la Svizzera: dal 2005, quando la grande fabbrica della Kodak ha chiuso i battenti licenziando in tronco più di duemila operai e dipendenti, la cittadina ha iniziato a degradare in maniera continua e inesorabile. Alcuni sono andati via, altri hanno deciso di rimanere e crescere lì i loro figli, la cui massima aspirazione al momento è quella di andare a giocare vicino al fiume, la Saona per l’appunto, che a sua volta trascina via i detriti di una società oramai allo sbando.
Nell’approcciarsi alla popolazione di Chalon-sur-Saône, e nel registrarne gli umori a dieci anni dalla chiusura ma a uno in realtà dal definitivo ‘voltare pagina’, ZimmerFrei conferma i codici espressivi già messi a punto nei precedenti lavori: uno sguardo partecipe ma che tiene una (giusta?) distanza da ciò che viene filmato, la volontà di stratificare il discorso sia da un punto di vista di immaginario che sotto il profilo dell’analisi.
In questo senso La ville engloutie non si limita a essere “solo” la documentazione di una realtà in disfacimento, ma opta per una rilettura continua, a suo modo non priva di epos, di ciò che sta prendendo vita di fronte alle videocamere. Se in quei bambini in bianco e nero che si lanciano al rallentatore in acqua si può vedere il riflesso paradossale del mastodontico finale di Storm Children, Book 1 di Lav Diaz, l’intero film appare a conti fatti come la messa in immagini di uno scenario post-apocalittico. Il capitalismo è crollato? No, ma ha fatto crollare tutto il resto, come un tragico effetto domino.
Non aggiunge probabilmente molto alla poetica del collettivo bolognese, questo La ville engloutie, ma a ben vedere la sua funzione, come quella dei sei lavori che l’hanno preceduto (LKN Confidential, The Hill, Temporary 8th, Hometown | Mutonia, La beauté c’est ta tête, Steadfast On Our Sand) sta proprio nel proporre un nuovo dettaglio da vedere, per comprendere come l’umano si sviluppi con e oltre il mondo che lo circonda, e che in ogni caso lo sovrasta. Il palazzo crolla, la gente è in piedi. Stanca, a volte disperata, sarcastica. Ma in piedi. Coperta della polvere di una società che non ha interesse per l’uomo. Ma in piedi. La città è stata sommersa, ma ci si può lanciare da un argine nel fiume.
quinlan.it – Rivista di critica cinematografica

Critica (3):

Critica (4):
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