De force avec d’autres - De force avec d’autres
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Regia: | Reggiani Simon |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Simon Reggiani; fotografia: Alain Choquart; suono: Jean-Michel Chauvet; montaggio: Catherine Bonetat; musica: Celia Reggiani; missaggio: Florent Lavallée; interpreti: Serge Reggiani (Sergio), Simon Reggiani (Simon), Elsa Zylberstein (Do), Ferruccio Soleri (don Brenno), Pascale Vignal (dottor Vignal), Antoine Chappey (Antoine), Denis Lavant (Denis), Daniel Gelin (l’altro se stesso), Noelle Adam, Patrick Grandperret, Netty Grumbach, Bruno Lazardeux, Damien O’Doul, Celia Reggiani, Letizia Reggiani, Pandora Reggiani, Jean-Francois Stevenin; produzione: Simon Reggiani per S.D.F.; origine: Francia, 1992; durata: 95' |
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Trama: | I destini indissolubili di un padre e di suo figlio, Sergio e Simon, che muoiono insieme per causa del padre e resuscitano insieme per causa del figlio.
Sergio (Serge Reggiani), un attore-cantante di settant’anni che ha attraversato la storia della cultura francese del XX secolo, ha dei foschi pensieri. Uniti agli effetti dell’alcool che assume in quantità non trascurabili, questi producono in lui un acido “escarotico” che gli rode le meningi. Convinto della sua parte di responsabilità in tutti i guai del mondo, Sergio sollecita il figlio Simon (Simon Reggiani) – chiuso nella sua solitudine, non vuole vedere nessun altro – perché faccia emergere tutto, con il pretesto della redazione di un libro. Simon, a forza di investigare – prima in Italia, paese d’origine del padre, poi negli incontri che ha con lui nell’ospedale (dove lo stato di Sergio non fa che peggiorare) – sente con terrore il male del padre, la paura della morte che toccherà anche a lui.
Fa un sogno in cui si vede, a bordo di una macchina guidata da Sergio, finire in fondo a un burrone sul margine di un cimitero. Per uscire da questa situazione, Simon suggerisce al medico del padre (Pascal Vignal) di metterlo “di forza in una camera con degli altri”, perché trovi altri interlocutori. Sergio, a contatto forzato con altri giovani alcolisti in cura di disintossicazione (Denis Lavant, Antoine Chappey), comincia piano piano a liberarsi delle sue angosce e ad aprirsi al mondo. Propone anche a due di loro di riunire la squadra di tecnici che accompagna il suo spettacolo all’Olympia, nel corso del quale – del tutto ristabilito – ha un trionfo. Simon, rassicurato, decolpevolizzato, resuscita anch’egli, s’abbandona senza remore alla storia d’amore che inizia con Do (Elsa Zylberstein). |
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Critica (1): | “[...] La storia del film, dunque, diventò quella di un padre che, con il pretesto dalla redazione di un libro, domanda a suo figlio di venirgli in aiuto; il figlio lo porta in Italia per provargli con A più B che non è responsabile della morte del suo fratellino. Io sapevo che, dopo l’Italia, non avrei dovuto girare che il concerto dell’Olympia previsto per marzo, il punto d’organo, il trionfo che faceva del film una storia positiva; sapevo anche che avrei fatto un lungometraggio di finzione, è Alain Choquart, il capo-operatore che m’aveva spinto a filmare in 35 mm e dal mio punto di vista non si trattava di un documentario; si è trattato di un film di finzione, che ha preso talmente in considerazione le circostanze che l’attore propone che vi è una parte, se non di ritratto, almeno d’istantanea [...] Le scene della disintossicazione sono state così girate durante la disintossicazione di Serge; è lì che abbiamo raggiunto il nostro scopo, essenzialmente nella sequenza con Antoine e Serge; tutto ad un tratto, Serge è tornato combattivo in termini professionali, bisognava che avesse l’ultima parola, da cui l’improvvisazione, che è stata relativamente lunga: se fosse stata lasciata per esteso, avrebbe reso doppia la lunghezza della scena, perché Serge non si fermava più. Il film l’ha aiutato, non c’è alcun dubbio. è il succo di questa storia: io l’ho fatto perché era il solo mezzo per tendere la mano a Serge; è uno che ha una vita terribile, che è relativamente mal accompagnato, e per poter avere un contatto con lui bisognava che ci fosse l’alibi del lavoro, a causa di una sorta d’aristocrazia nel rapporto, e per una questione economica e d’entourage. “Tu vuoi vedermi, ma perché, cosa dobbiamo fare?” “Io ti dico: facciamo un film”. Avevo voglia che mio padre fosse un po’ fiero di me, ed è stata anche la prima volta che desideravo che mio padre fosse d’accordo con qualche cosa che facevo. Il film è stato terapeutico anche per me... Fare un film con Serge è stato un lascia o raddoppia, poteva essere qualcosa del tipo “partire con il papà”, è questo che mi è capitato nel film, ed è per questo che mi sono appellato a Denis Lavant e agli altri, per dire attenzione, pericolo. Ma, fortunatamente, è andata in un altro modo.
(dal press-book del film) |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Simon Reggiani |
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