Nozze (Le) - Noce (La)
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Regia: | Lounguine Pavel |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Pavel Lounguine, Alexandre Galine; fotografia: Alexandre Burov; montaggio: Sophie Brunet; scenografia: Ilya Amursky; costumi: Alina Budnikova; musica: Vladimir Chekassine; Gruppo musicale folkloristico di Lipki; Banda dei veterani del villaggio di Borodinski; interpreti: Marat Basharov (Mishka), Maryia Mironova (Tanya), Andrei Panine (Garkusha), Alexandre Semchev (Borzov), Vladimir Simonov( Borodin); produttore: Catherine Dussart; produzione: CDP, Film Studio Mosfilm Sevice, Arte France Cinéma, WDR, Lichtblick Cologne; distribuzione: Lucky Red; origine: Francia-Russia, 1999; durata:114’. |
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Trama: | In un piccolo villaggio di minatori nei sobborghi di Mosca, fervono i preparativi per il matrimonio di Tania e Michka. Tania è tornata in paese dopo cinque anni trascorsi a Mosca a lavorare come modella. La famiglia di Michka non approva le nozze e il padre in particolare vede con ansia crescere il numero degli invitati. A complicare la situazione l'arrivo del boss del paese, perdutamente innamorato di Tania, che rivela particolari inediti sul passato della ragazza... |
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Critica (1): | Dietro le unità di spazio, tempo e luogo delle Le nozze piccolo borghesi e un po’ mafiose del trasgressivo russo-francese Pavel Lounguine, premiato a Cannes per l’entusiasmo fragoroso del cast in cui si mescolano attori e paesani, batte il cuore dell’anima russa, servita con vodka, fra stupori, sdegni e speranze del mito post comunista e del nuovo stakanovismo capitalista. Gli sposi sono Tania, modella tornata da Mosca, e Michka, erede dell’«Idiota» dostoevskijano, la cui famiglia disapprova e ne ha conferma quando arriva alla festa, non per caso, il boss locale. Ma quel matrimonio s’ha da fare e si farà: poi, chissà. Alla maniera di Kusturica, ma senza quella genialità, con musiche di Chekassine in stile simil Bregovic, il regista che ha denunciato il caos attuale sovietico racconta con esborso di fantasia e manierismo propri, odi, amori e rancori di un paesino minerario. In cui i vecchi brontolano, i giovani sognano di diventare gangster e non funzionari di partito, i poliziotti studiano da corrotti, i socialisti rimpiangono, gli amanti allungano le mani e il tasso alcolico cresce a vista d’occhio, come se questa convulsa voglia di vivere, cantare, ballare, amoreggiare fosse un’anestesia locale per qualcosa di peggiore ed ignoto. Energica e vitale anche quando prevedibile, franca e allegra anche quando ripetitiva, la farsa tragicomica non punta al solito pessimismo sociale già frequentato dall’autore di Taxi e Luna park, ma indica una via di resurrezione nella libertà di ogni stimolo e nella resistenza della solidarietà e anche, perché no, dell’humour. Vince un entusiasmo collettivo un po’ moralista, dove il regista pedina i suoi molti personaggi in un avvinazzato vaudeville ai limiti del patetico «post cecoviano» ma in cui resiste una fiammella di speranza tenuta viva dal fattore umano che consiglia al regista un quasi lieto fine.
Maurizio Porro, Corriere della Sera (6/1/2001) |
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Critica (2): | In un villaggio rurale a duecento chilometri da Mosca, pare che il tempo si sia fermato. Gli abitanti vivono sospesi tra il vecchio socialismo reale, la sua fine, l’avvento di Putin. La mafia ha allignato anche in questo arcaico angolo di mondo. Quando Tania, la bellezza locale, torna al paesello dopo aver tentato la fortuna come modella a Mosca, le malelingue si mettono in funzione: perché vuole sposare l’ingenuo minatore Michka, suo amore d’infanzia? di chi è stata l’amante? Michka, povero in canna, è deciso a offrire un dono alla sposa; ma affida il compito al suo migliore amico, che si beve in vodka la somma faticosamente raggranellata. Il furto di un paio di orecchini, di cui è vittima una zia giunta in paese per l’occasione, mette nei guai l’incolpevole Michka, che si ritrova nel mirino di un poliziotto colluso con la mafia locale. Un invito a nozze che vale la pena di accettare. Da qualche anno Pavel Longuine, che aveva entusiasmato nel ‘90 con Taxi Blues, pareva assopito; invece Le nozze, visto in concorso a Cannes, è pieno di vitalità, ritmo e colore; rigurgitante di anima slava come Gatto nero, gatto bianco di Emir Kusturica, ma con una dose maggiore di sincerità e originalità. Apparentemente sempre più caotica con il salire del tasso alcolico e della sudorazione degli invitati, la tragicommedia del regista moscovita poggia in realtà su un crescendo drammatico ben calcolato, una sceneggiatura solida e un montaggio che lascia poco o nulla al caso: orchestrazione tanto più ammirevole perché giocata su equilibri drammaturgici delicati. A ogni istante, per esempio, l’atmosfera elettrica e sovreccitata della festa potrebbe volgere alla peggiore delle catastrofi, con l’aiuto della vodka che scorre a fiumi. Il poliziotto e il mafioso che accampa ancora diritti su Tanya sono armati, entrambi hanno la tentazione di accanirsi contro lo sposo. E se la scelta di Longuine di girare con la telecamera digitale gli fa sgranare l’immagine e scontare un’illuminazione imperfetta, la perdita di qualità fotografica dei lunghi pianisequenza è compensata da un senso insolito di autenticità; quasi stessimo assistendo al reportage di una vera festa di matrimonio ripreso da qualche amico o parente degli sposi. Illusione rafforzata dalla eccezionale bravura del cast (premiato alla Croisette con una menzione speciale), che assortisce in modo sorprendente attori professionisti e veri abitanti del villaggio, interpreti di se stessi. A tratti la seconda parte, concentrata nell’unità di tempo e luogo della festa di nozze, diventa stremante per esuberanza: si sfiora l’isteria, nella velocità con cui Pavel passa dal riso alle lacrime, dalla felicità al più nero pessimismo. Però Le nozze è un film che parla delle cose fondamentali della vita - l’amore, l’amicizia, i genitori e i figli - con una generosità e un entusiasmo contagiosi.
Roberto Nepoti, la Repubblica (24/12/2000) |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Pavel Lounguine |
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