Land of Mine - Sotto la sabbia - Under sandet
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Regia: | Zandvliet Martin |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Martin Zandvliet; fotografia: Camilla Hjelm Knudsen; musiche: Sune Martin; montaggio: Per Sandholt, Molly Malene Stensgård; scenografia: Gitte Malling; arredamento: Kay Anthony; costumi: Stefanie Bieker; effetti: Jean-Michel Boublil; interpreti: Roland Møller (Sergente Rasmussen), Mikkel Boe Følsgaard (Capitano Ebbe), Louis Hofmann (Sebastian Schumann), Joel Basman (Helmut Morbach), Emil Buschow (Ernst Lessner), Oskar Buschow (Werner Lessner), Laura Bro (Karin), Oskar Bökelmann (Ludwig Haffke), Emil Belton (Ernst Lessner), Oskar Belton (Werner Lessner), Leon Seidel (Wilhelm Hahn), Karl-Alexander Seidel (Manfred), Maximilian Beck (August Kluger), August Carter (Rodolf Selke), Tim Bülow (Hermann Marklein), Alexander Rasch (Friedrich Schnurr), Julius Kochinke (Johann Wolff); produzione: Amusement Park Films, Nordisk Film, K5 International; distribuzione: Notorius Pictures; origine: Danimarca-Germania, 2015; durata: 101'. |
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Trama: | Nei giorni che seguirono la resa della Germania nazista nel maggio del 1945, i soldati tedeschi in Danimarca furono deportati e vennero messi a lavorare per quelli che erano stati i loro prigionieri. Incredibilmente attento e delicato, il film racconta il desiderio di vendetta ma anche il ritrovamento del senso di umanità di un popolo dilaniato dalla guerra. |
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Critica (1): | Bello, intelligente, spielberghiano, Land of Mine - Sotto la sabbia del 45enne Martin Zandvliet è passato per molti festival toccando anche i più arcigni che si sono trovati a parteggiare per una dozzina di ragazzi alle prese con scoppi a sorpresa, malvisti dalla popolazione che avevano invaso, affamati, umiliati da un sergente con gran voglia di vendetta. Di fronte a questi quasi «bambini», per la divisa colpevoli ma innocenti di fronte alla Storia, che saltano in aria rimpiangendo la casa, mamma e le salsicce berlinesi, l'odio si addolcisce, si spoglia dagli abiti e il fattore umano rientra da sotto la sabbia. L'insieme di caratteri del film è delineato senza mai far sfoggio di retorica e commozione obbligatoria, grazie anche al cast di primi della classe. Storia dell'inedito misfatto (che sarebbe stato proibito dalla Convenzione di Ginevra del 1929), il film ha un quasi lieto fine: restituisce al cinema voglia di conoscenza e morale, con la clessidra del Tempo che sta sempre a metà.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 24/3/2016 |
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Critica (2): | Il cinema danese degli ultimi anni, per intenderci quello nato dalla rivoluzione di Lars von Trier e del Dogma ha bandito l’austerità scandinava e si è gettato a capofitto in un modo di rappresentazione viscerale, emotivo, melodrammatico, in cui sensazionalismo e pugni allo stomaco mancano raramente. Nel bene e nel male, figlio del suo contesto è anche Land of Mine, il film di Martin Zandvliet che dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma arriva nelle sale italiane.
Il film racconta un fatto storico per anni tenuto nascosto, ovvero l’utilizzo da parte dell’esercito danese di ragazzini tedeschi prigionieri di guerra per sminare la costa subito dopo la fine della guerra; Land of Mine segue il rapporto tragico un sergente e il battaglione con cui affrontare la morte quotidianamente. Scritto dallo stesso regista, Land of Mine è un dramma bellico ispirato ai veri fatti che la Danimarca aveva occultato per decenni e che Zandvliet cerca di raccontare con un occhio alla compostezza formale del film da esportazione e l’altro al pathos a ogni costo. Il film mette in piedi una parabola esemplare per raccontare l’umanità che nasce dalla presenza della morte, dal gioco con il destino e dalla disperazione della guerra filtrandola con il manicheismo, come evidente fin dalla prima scena in cui il personaggio del sergente è tagliato con un’accetta nemmeno troppo affilata; e questa parabola viene costruita con cura narrativa e formale, con un impianto visivo e produttivo di tutto rispetto pensato per affascinare soprattutto gli spettatori internazionali, richiamando modalità hollywoodiane e riuscendo a toccare momenti di intimità non banali. (…)
Emanuele Rauco, La Rivista del cinematografo, cinematografo.it |
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Critica (3): | Danimarca, estate 1945. Lungo le spiagge della costa occidentale danese le forze d'occupazione tedesche, dopo il 1940, in previsione di un possibile sbarco degli angloamericani, avevano disseminato delle mine antiuomo (più di due milioni). Dopo la fine della guerra le autorità inglesi, contravvenendo alla Convenzione di Ginevra del 1929, offrirono al governo la possibilità di impiegare per le operazioni di sminamento i soldati tedeschi, considerati non più prigionieri di guerra, ma «persone volontariamente arresesi al nemico». I lavori, iniziati in maggio e terminati in ottobre, furono compiuti da duemilaseicento militari, poco o nulla preparati a questo compito: ne perì un migliaio.
E una pagina del dopoguerra nota a pochi, che ilregista e sceneggiatore daneseMartin Zandvliet (...) rievoca nel suo terzo lungometraggio Land of Mine - Sotto la sabbia,un'opera di alta qualità, in cui racconta le vicissitudini, per lo più tragiche, di un gruppo di prigionieri, quasi tutti dei ragazzi (appartenenti alla milizia nazionale «Volkssturm» voluta daAdolf Hitler negli ultimi mesi della guerra), affidati all'inflessibile sergente danese Cari Rasmussen (Roland Moller), incaricato dello sminamento di una zona della costa.
Il regista raffigura il disorientamento, la disperazione, la paura, i sogni, le speranze, la brama di vivere di alcuni adolescenti (sono mirabilmente interpretati da attori non professionisti), malvisti dalla popolazione, trattati con estrema crudeltà, denutriti e spesso umiliati, al lavoro ogni giorno sulla spiaggia, dove alcuni perdono la vita, altri sono gravemente feriti e mutilati e altri impazziscono.
Senza cedere alle insidie della retorica e della commozione, ben delineando l'indole e il carattere dei personaggi, Zandvliet in Under San det (titolo originale) narra, in un linguaggio asciutto e realistico, una storia, coinvolgente e straziante, di risentimento e di rivalsa, ma anche di umano sentire, di pietà e di tenerezza.
In una centrata geniale alternanza di campi medi e totali, di primi piani e di illuminanti dettagli, egli descrive e le lunghe giornate scandite da esplosioni e incidenti, e il difficile rapporto dei giovani tedeschi col sergente alcolizzato e violento:una relazione confusa fra un carceriere e dei prigionieri/vittime, che lentamente vira all'empatia, spogliandosi dell'odio e della voglia di vendetta nei confronti di chi aveva invaso la propria patria e angariato i fratelli. Quasi un rapporto fra padre e figli, percorso da crescente intensa umanità, da comprensione per delle vite distrutte, immolate sull'altare dalla criminale megalomania dei governanti.
Achille Frezzato, L'Eco di Bergamo, 6/4/2016 |
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Critica (4): | |
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