Monello (Il) - Kid (The)
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Regia: | Chaplin Charlie |
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Cast e credits: |
Fotografia: Rollie Totheroh; interpreti: Charles Chaplin (il vagabondo), Jackie Coogan (il monello), Edna Purviance (la madre), Carl Miller (l'artista), Tom Wilson (il poliziotto), Chuck Reisner (il "cattivo" del quartiere), Albert Austin (il ladro), Henry Bergman (il padrone dell'ospizio), Lita Grey (l'angelo), Nellie Bly Baker, Monta Bell, Raymond Lee; produzione: United Artists; origine: Usa, 1921; durata: 66'.
Da Cineteca del Comune di Bologna, in collaborazione con Roy Export Company Establishment. |
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Trama: | Una ragazza sedotta e tradita, esce da un istituto di carità, dove ha messo al mondo un figlio. Ella decide di abbandonarlo, ma vorrebbe che il bimbo avesse un avvenire sicuro e felice: dopo molte esitazioni lo lascia nell’interno di un’automobile di lusso. Due ladri rubano la vettura: accortisi della presenza dell’incomodo passeggero, lo abbandonano sulla strada, dove lo trova Charlot, straccione vagabondo. Durante la sua passeggiata mattutina. Egli cerca di disfarsi del marmocchio, mettendolo nella carrozzella di un altro bimbo, ma è costretto a riprenderselo. Charlot non sa che fare, ma alla fine prevale in lui il buon cuore ed egli tiene con sè il bambino. Qualche anno dopo Charlot e il monello collaborano: il ragazzetto rompe i vetri delle finestre e Charlot li rimette. Un giorno il bimbo s’ammala e il medico segnala il caso ai dirigenti dell’orfanotrofio, i quali vorrebbero togliere il ragazzino al padre adottivo. Charlot gioca d’astuzia e il monello rimane con lui, nascosto in un asilo notturno. Nel frattempo la madre del bimbo è divenuta una celebre cantante e cerca disperatamente il figlio: con un avviso sui giornali promette una lauta ricompensa a chi le riconsegnerà il ragazzo. Il padrone dell’asilo notturno rapisce il monello a Charlot e lo riconsegna alla madre. Charlot si sveglia e non trova il bimbo. Con il cuore in gola vaga per la città, finché avvilito e disperato, s’addormenta sulla soglia della sua catapecchia. Egli sogna di essere in Paradiso, dove incontra i personaggi della realtà quotidiana, i quali però hanno le ali e si comportano con serafica compostezza. Ma anche lì scoppia una baruffa e Charlot si sveglia di soprassalto. L’ha svegliato un poliziotto, che lo condurrà dal monello e da sua madre. |
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Critica (1): | Primo lungometraggio di Chaplin, largamente autobiografico per quel che riguarda la sua infanzia povera nei quartieri popolari di Londra. Nella sua miscela di patetico e di comico (anche grottesco) quante generazioni di bambini ha fatto ridere e piangere? La sequenza del sogno è risolta da Chaplin, con rischio calcolato, in un incantevole stile naif dai trucchi artigianali. Tenero, umoristico, realistico, lirico. Straordinario esordio del piccolo J. Coogan (1914-62). Un successo che dura da 80 anni. Fu rieditato nel 1971 dall'autore che eliminò alcune brevi scene e vi aggiunse una partitura musicale di sua composizione.
Morando Morandini |
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Critica (2): | "Charlie - Il monello. Mi pare che il titolo di uno dei film più popolari di Chaplin sia del tutto degno di essere accostato al suo nome: aiuta a coglierne l'essenziale (...). La particolarità di Chaplin è la seguente: nonostante i suoi capelli bianchi, ha conservato uno "sguardo di bambino" e la facoltà di cogliere al primo grado il più piccolo evento. Da qui la sua libertà nei riguardi dello "sguardo moralizzatore" (...).
Il salto nell'infantilismo è il mezzo che Chaplin sceglie per sfuggire al mondo reale, delimitato e regolamentato che lo circonda. È insufficiente. È un palliativo. Ma è alla sua misura, alla misura dei suoi mezzi (...). Questo è il segreto di Chaplin. Il segreto dei suoi occhi, del suo sguardo. È in questo che è inimitabile. In questo sta la sua grandezza (...). Vedere gli eventi più terribili, più pietosi, più tragici attraverso gli occhi di un bambino ridente. Essere capace di catturare queste diverse manifestazioni della vita immediatamente, in un solo colpo, al di fuori di tutti gli apprezzamenti morali o etici, di tutti i giudizi, di tutte le condanne - essere capace di percepirle come le guarda il bambino in un accesso di riso: ecco in cosa è diverso, incomparabile, unico.
Quest'immediatezza e questa spontaneità dello sguardo genera una sensazione comica. Un sentimento del comico (...). La capacità di vedere come un bambino appartiene solo a Chaplin, non è uguale in nessun altro (...). Vedere il mondo così e avere il coraggio di farlo vedere così sullo schermo, è appannaggio del genio (...).
Chaplin e la realtà recitano a due, 'in coppia', tutta una sequela di entrate da circo (...).
Elie Faure ha scritto di Chaplin: 'Danza da un piede all'altro, - ma che tristezza quei piedi! - mostrando in questo modo i due estremi del pensiero: l'uno si chiama conoscenza, l'altro concupiscenza. Saltellando da un piede all'altro, cerca l'equilibrio dell'anima, che trova per perderlo subito'.
Ciò che un autore satirico deve sviluppare su due piani nella sua opera, Chaplin lo mette su un solo e stesso piano. Ride spontaneamente, ingenuamente (...).
Se il metodo dello sguardo di bambino di Chaplin decide la scelta tematica e lo sviluppo delle commedie, a livello del soggetto, è quasi sempre un comico di situazione a mettere in confronto un approccio naif-infantile della vita e una maniera rude-adulta di affrontarla (...). L'amoralità crudele della condotta infantile (che è il punto di vista di Chaplin nelle sue commedie) traspare attraverso i suoi personaggi con tutte le altre caratteristiche commoventi dell'infanzia (...).
L'ultima inquadratura del Pellegrino è come uno schema del carattere intrinseco dell'eroe: è lo schema che ricorre di film in film attraverso tutti i conflitti, che potremmo riportare ad una situazione fondamentale; è il grafico del metodo che gli permette di ottenere i suoi incredibili effetti.
La fuga a cavallo sulla frontiera, è praticamente il simbolo della via senza uscita dove si trova l'individuo metà adulto / metà bambino in un ambiente e una società definitivamente adulti (...).
Qualunque sia la lettura fatta da Chaplin stesso del suo finale, è chiaro che, per il "piccolo uomo" nella società contemporanea non c'è nessun posto dove andare (...).
È la libertà del tono nei confronti della morale, che è così sconvolgente nella maniera di Chaplin. Niente catene, niente impedimenti: ciò dà all'autore la possibilità di mostrare sotto una luce comica qualsiasi fenomeno e fornisce la chiave del carattere del suo personaggio".
Sergej Eizenstejn, Charlie Chaplin, Circé, Belfort, 1997 |
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Critica (3): | Per quelli della mia generazione Chaplin è un argomento sconfinato, è come se mi avessero chiesto di parlare della mia vita, del mio paese, della mia famiglia. Charlot si è collocato e tuttora abita in quella lunghissima stagione che è l’infanzia, l’adolescenza, la pubertà. Stagione che non finisce mai perché vive in noi attraverso il filtro della memoria. Questo piccolo amico, che arrivava con i suoi film sotto le feste di Natale, era come un dono: era come la bicicletta, il primo libro Pinocchio, l’albero di Natale. Charlot si confondeva in questa atmosfera festosa e così è rimasto per sempre. In un’epoca come il fascismo irta di miti guerrieri, tutta riverberata dalla romanità, dalle celebrazioni militari, tutti avremmo voluto essere come lui: vagabondare per il mondo con quella curiosità mai delusa, quella grazia, quella leggerezza, quella libertà di un gatto, girare e vagabondare per quell’immenso e favoloso paese che era l’America, che nessuno ha raccontato come lui con tanto realismo poetico e tanta esattezza. Tutti noi cercavamo di imitarlo: i più fortunati a Rimini erano i figli dei vetturini che potevano usare la bombetta del padre e fare così un’imitazione più riuscita. Come cineasta, vorrei aggiungere che se Rossellini è stato Omero per tutti noi, Chaplin è stato Adamo, un progenitore: discendiamo tutti da lui.”
Federico Fellini, in Vincenzo Mollica, Fellini, Torino, Einaudi, 2000 |
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Critica (4): | |
| Charles Chaplin |
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