Monsieur Verdoux - Monsieur Verdoux
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Regia: | Chaplin Charlie |
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Cast e credits: |
Soggetto: Charlie Chaplin, da un'idea di Orson Welles; sceneggiatura: Charlie Chaplin; fotografia: Roland Totheroh, Curt Courant, Wallace Chewing; montaggio: Willard Nico; musica: Charlie Chaplin (con adattamenti di Rudolf Schrager); scenografia: John Beckman; interpreti: Richard Abbott (difensore), Irving Bacon (Pierre Couvais), Charlie Chaplin (Monsieur Henry Verdoux), Marjorie Bennett (Cameriera), Audrey Betz (Madame Bottello), Virginia Brissac (Carlotta Couvais), Lois Conklin (Fioraia), Mady Correll (Madame Verdoux); produzione: Charlie Chaplin per United Artists; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Usa, 1947; durata: 122'. |
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Trama: | Monsieur Verdoux è un impiegato di banca, che dopo trent'anni di servizio, viene bruscamente licenziato. Verdoux ha una giovane moglie inferma ed un bimbo, che adora: il pensiero della povertà, della rovina economica, il pensiero che questi esseri cari possano essere esposti a insolite privazioni gli riesce insopportabile. Che fare? Col pretesto degli affari si mette a girare la Francia: il suo aspetto elegante, i suoi modi insinuanti gli attirano la simpatia delle donne. Egli riesce ad avvicinare delle vedove danarose, le sposa e le sopprime, dopo essersi impadronito dei loro denari. Malgrado i sospetti destati dalla misteriosa sparizione delle sue vittime, Verdoux riesce a farla franca, continuando per anni nella sua criminosa attività. Ma quando la morte gli rapisce la moglie e il figlio, Verdoux perde ogni interesse alla vita, e finisce per consegnarsi volontariamente alla polizia. Condannato a morte, osserva soltanto che di fronte agli enormi massacri di uomini, donne e fanciulli che le guerre moderne, determinate da interessi finanziari, sono destinate a fare, la sua attività uxoricida, determinata anch'essa da motivi finanziari, è stata una cosa modestissima. |
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Critica (1): | (...) Henri Verdoux ha abbandonato completamente gli abiti di Charlot (gli è rimasto solo il bastoncino) e quasi completamente le sue caratteristiche psicologiche. Di Charlot conservava ancora certe espressioni, certi atteggiamenti e movenze. Ed a ragion veduta. Si è sostenuto che ciò sia dovuto all'insuperabile affetto di Chaplin per il suo personaggio piú famoso, all'incapacità di liberarsi dal fantasma del vagabondo, dal timore, magari a sfondo economico, di non essere riconosciuto dal pubblico. Il giudizio era viziato in partenza e, dopo Limeligth, non possono piú sussistere dubbi in proposito. Verdoux possedeva ancora alcuni tratti in comune con Charlot per il fatto semplicissimo che ne proseguiva, allargando il campo d'indagine, la ricerca e la denuncia delle contraddizioni e dei piú scottanti problemi dell'attuale società. Anche Verdoux, come già lo Charlot di Modern Times, era socialmente qualificato: era un impiegato di banca. Gettato sul lastrico dopo trenta anni di zelante attività, con la moglie ed un figlio da mantenere, è incapace di lottare
per la vita se non mettendo a frutto gli insegnamenti datigli dall'organizzazione sociale che predica l'individualismo ad oltranza. Eccolo novello Barbablú, corteggiare vecchie signore danarose che scientificamente sopprime appena in grado di carpire loro il ben riposto gruzzolo. Due sole donne gli sfuggono: Annabella, una prostituta arricchitasi con una lotteria nazionale ed una povera ragazza, che vuole uccidere per sperimentare un nuovo tossico ma che risparmia all'ultimo momento. Riesce cosí a mettere insieme un bel gruzzolo. Una speculazione sbagliata però lo rovina nuovamente. Henri Verdoux non ha piú la forza di ricominciare: vinto, avvilito, si consegna spontaneamente alla polizia ed impavido affronta il capestro che, in una brumosa mattina, porrà termine alla sua esistenza. A sua difesa, al giudice che deve condannarlo, Verdoux rivolge parole ("Se si uccide un uomo solo si è un assassino. Se si uccidono milioni di uomini si diventa celebre come un eroe. Si esalta chi inventa ordigni per massacrare donne e bambini") che sintetizzano il tema del film: la denuncia della crisi paurosa della società borghese, apportatrice in se stessa, per i principi medesimi su cui è organizzata, di distruzione materiale e morale, di guerra. Era significativa la scena delle truppe tedesche in marcia che precedono la rovina finanziaria di Verdoux. Altrettanto indicativa, dal punto di vista della puntualità storica di Monsieur Verdoux, la circostanza che a sfuggire a Verdoux sia la sola Annabella (a parte la ragazza, risparmiata volontariamente da Verdoux): Annabella si salva perché la società borghese non esclude che, avvilendo la propria dignità, con il concorso del caso e la soppressione di ogni scrupolo morale, l'individuo possa ancora raggiungere un relativo benessere.
Ma torniamo a Charlot. Verdoux ne era l'erede diretto. L'affanno di Charlot alla ricerca della verità e della giustizia sociale si era placato, una volta definita la natura del suo rapporto con la realtà. Nessuna perplessità agita piú Charlot che ha trovato la sua strada, i propri amici. I suoi problemi, nella società di oggi, si sono trasferiti ad un altro ceto sociale, quello rappresentato da Verdoux. Ecco l'inequivocabile significato delle avvertite reminiscenze charlottiane in Henri Verdoux. Certo, quello di Verdoux è un atteggiamento esasperato; ma giustificato storicamente oltreché psicologica
mente. Corrisponde alla piú istintiva reazione ad una situazione altrettanto esasperata. Verdoux ha servito fedelmente la sua società per trent'anni; ne ha per ricompensa il licenziamento, il terrore del domani; come unica prospettiva, applicando i principi al servizio dei quali ha lavorato per trent'anni, la violenza su se stesso (Chaplin sottolinea continuamente la sostanziale mitezza e bontà del carattere di Verdoux), per soffocare ogni sentimento umano che contrasti con il proprio tornaconto. La sua posizione non poteva essere che spietata e spietata l'accusa contro la società, non contro gli uomini, come a taluno è parso di poter asserire a conferma dell'individualismo anarcoide di Chaplin: Verdoux - si ricordi - potrebbe sfuggire alla polizia; ma non lo fa, si lascia prendere pur sapendo che ad attenderlo c'è la ghigliottina. Il suo, in pratica, è un suicidio: l'unica via d'uscita rimasta al piccolo-borghese Verdoux che ha creduto di poter impunemente inserirsi nel giuoco spaventoso dell'alta finanza, dei mercanti di cannoni, sforzandosi di dimenticare la propria natura di essere umano. Un interrogativo agita, tuttavia, gli ultimi istanti di vita di Henri Verdoux: la felicità è davvero impossibile su questa terra? Al giornalista che lo afferma ("La felicità non è fatta per i mortali"), Verdoux risponde: "E chi lo sa? Nessuno l'ha mai vista... Tutti hanno bisogno di amore...". Si profila l'immagine di Calvero, cui spetterà di concludere, compendiando in sé le esperienze di Charlot e di Verdoux, il discorso da Chaplin cominciato trentasette anni prima. (...)
Lorenzo Quaglietti, "Da vagabondo a re - Interpretazione tendenziosa del personaggio di Charlot", Cinemasessanta n. 118, 11-12/1977 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Charlie Chaplin |
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