Teacher (The) - Ucitelka
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Regia: | Hrebejk Jan |
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Cast e credits: |
Fotografia: Martin Ziaran; musiche: Michal Novinski; montaggio: Vladimír Barák; scenografia: Juraj Fábry; costumi: Katarína Bieliková; interpreti: Zuzana Mauréry (Mária Drazdechová), Csongor Kassai (Marek Kucera), Peter Bebjak (Václav Littmann), Martin Havelka (Jaroslav Binder), Ondrej Malý (pensionato Rehák), Éva Bandor (Hana Binderová), Zuzana Konecná (veta Kucerová), Richard Labuda (Karol Littmann), Oliver Oswald (Filip Binder), Ina Gogalova (preside), Monika Certezni (vicepreside Chvalovská), Alexandra Strelková (Králová), Judita Hansman (parrucchiera Bártová), Ela Lehotská (fruttivendolo Vojáčková), Jozef Domonkos (Dott. Nemec); produzione: Rozhlas A Televízia Slovenska, Pubres, Offside Men, Ceská Televize; distribuzione: Satine Film; origine: Slovacchia, 2016; durata: 102'. |
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Trama: | Nella Cecoslovacchia degli anni Ottanta, che inizia a sbirciare oltre la Cortina di ferro, una maestra all'apparenza dolce e rassicurante rivela una condotta tutt'altro che cristallina. Ispirato a una storia vera, un film che conferma il gusto per l'umorismo grottesco tipico del cinema ceco e slovacco, attraverso un personaggio paradossale e i suoi tentativi di trarre profitto dai genitori dei suoi allievi. |
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Critica (1): | Un inferno, la scuola, quand’č cosě. Con una insegnante che combina una patologica propensione all’abuso di potere con l’arte del ricatto. E con subdoli, ingannevoli modi dolciastri che cedono repentinamente il passo alle tempeste della vendetta piů viperea. Certo, puň anche filare tutto liscio. Basta assecondarla e non stuzzicarla.
The Teacher – Una lezione da non dimenticare (...) s’ispira ad una vicenda accaduta veramente nella Cecoslovacchia del 1983, a Bratislava, in piena “normalizzazione” e sudditanza sovietica sotto la presidenza di Gustáv Husák, con la Primavera di Alexander Dubček oramai sepolta da tempo nelle polverose cantine di stato. Certo, siamo un po’ agli sgoccioli del regime che finirŕ sei anni piů tardi, in un impeto rivoltoso che, a parte Praga, esprimerŕ proprio a Bratislava i suoi spiriti battaglieri.
A raccontare la storia della professoressa Maria Drazděchová (Zuzana Mauréry) , che se non fosse diabolica parrebbe simpaticamente amena e indurrebbe alla comprensione per la sua vedovanza, č il regista Jan Hřebejk, cinquantenne praghese - che firma il film col suo sceneggiatore Petr Jarchovský - giŕ popolare nel suo Paese e di qualche notorietŕ anche internazionale per essere stato candidato, nel 2001, all’Oscar per la migliore opera straniera col suo Musíme si pomáhat (Divisi si perde). La caratteristica di questa insegnante č di interrogare i propri studenti, nel primo giorno di scuola, sulle attivitŕ dei loro genitori. Indagine propedeutica a quella che diverrŕ la sua principale (pre)occupazione: ottenere da mamme e papŕ servigi, vantaggi e favori di qua di lŕ, in cambio di un occhio di riguardo, anche di tutti e due, per i loro figli.
Parrucchiera, elettricista, cuoca, idraulico, commerciante di generi alimentari e via cosě, tutti premurosi ai suoi piedi. Naturalmente quando non si collabora giů votacci e umiliazioni fioccanti come la neve lungo i marciapiedi nell’inverno di Bratislava. Poi ci sarebbe anche il tentativo di concupire un professore di astrofisica abbandonato dalla moglie scienziata che č fuggita a far carriera in Svezia (e per questo accusata di aver tradito il Paese) lasciando che il figlioletto proseguisse col padre l’avventura liceale. Insomma un caos. Aggravato, se possibile, dal fatto che la compagna insegnante, giŕ moglie di uno scomparso pezzo grosso del regime e con autorevoli amicizie moscovite, abbia la presidenza del locale partito comunista: cosa che, va da sé, moltiplica il suo potere ricattatorio trasformando in arbitrio ogni suo desiderio peraltro espresso con mellifluo, ritroso e falso pudore.
Ma c’č chi non ci sta e si rifiuta di reggere il gioco. A costo di vedersi strapazzati figli e figlie. Arriva cosě la denuncia alla preside, che da parte sua non vede l’ora di liberarsi della perfida Drazděchová: il destino della quale verrŕ deciso in una drammatica assemblea di genitori divisa tra aspirazioni alla veritŕ, voglia di rivalsa, paura di ritorsioni e convinta difesa “politica” dell’accusata. Puň darsi allora che la giustizia prevalga nel segno di un allontanamento, nonostante le intimidazioni, in una specie di tana libera tutti. Ma se sarŕ letizia collettiva dovrŕ tener conto di un’altra profetica e sempre valida minaccia: loro, i pessimi, a volte ritornano.
Il film, anziché proporsi in una banale progressione di eventi, č costruito come un processo con scansioni temporali differenti, in una lunga udienza che pare assorbire – in maniera anche allegorica – istanze e dubbi sull’intero “sistema”. Struttura intelligente ed elegante, poggiata su un presente narrativo, quello del dibattimento fra i genitori, che viaggiando attraverso le varie testimonianze ricostruisce gli eventi e ritrae con precisione ed efficacia i personaggi: mai dando l’impressione di voler spremere la risorsa facile-facile del flashback stilisticamente congegnato e concepito come tale, piuttosto valorizzando al massimo le istanze di un montaggio alternato che suggerisce una piacevolissima sensazione di contemporaneitŕ nelle varie fasi del racconto. Dove peraltro i fatti presenti e quelli trascorsi restano ben distinti sia pure in una connotazione intensamente dialettica e interattiva.
Espediente fruttuoso e persuasivo, che giocando sui differenti piani periodici sviluppati nei medesimi luoghi (la scuola, le abitazioni dei ragazzi e della professoressa) realizza un insieme armonico e ben cadenzato, molto vivace nei dialoghi e nelle nuances generali della rappresentazione, incrementato dalle sapienti analogie cromatiche escogitate nella fotografia di Martin Žiaran, nella migliore tradizione figurativa del cinema del suo Paese. Tra le cose qualitativamente migliori del film restano lo sguardo critico, austero, obiettivo e rigoroso su un trascorso politico cecoslovacco ancora da decifrare fino in fondo; e la recitazione di Zuzana Mauréry, semplicemente grandiosa, ricca di mezzitoni e di polivalenze espressive. Tra gli altri colpisce l'intensitŕ tristemente acquosa nello sguardo della giovine Danka Kucerová (Tamara Fischer), vittima fragile e privilegiata dell'orrenda prof che con la sua forma di mobbing arriva a farle tentare addirittura il suicidio.
Claudio Trionfera, panorama.it |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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