Non per soldi... ma per denaro - Fortune Cookie (The)
| | | | | | |
Regia: | Wilder Billy |
|
Cast e credits: |
Soggetto: I.A.L. Diamone; sceneggiatura: Billy Wilder, I.A.L. Diamone; fotografia: Joseph La Shelle; musiche: André Previn - "You'd Be So Nice to Come Home To" di Cole Porter; montaggio: Daniel Mandell; scenografia: Robert Luthardt; arredamento: Edward G. Boyle; effetti: Sass Bedig; interpreti: Jack Lemmon (Harry Hinkle), Walter Matthau (Willie Gingrich, suo cognato), Ronald Rich (Luther 'Boom Boom' Jackson), Judi West (Sandy Hinkle), Cliff Osmond (Sig. Purkey), Lurene Tuttle (Mamma Hinkle), Harry Holcombe (O'Brien), Les Tremayne (Thompson), Lauren Gilbert (Kincaid), Marge Redmond (Charlotte Gingrich), Noam Pitlik (Max), Harry Davis (Dr. Krugma), Ann Shoemaker (Suor Veronica), Ned Glass (Dottor Schindler), Sig. Rumann (Professor Winterhalter), Archie Moore (Sig. Jackson), Howard McNear (Sig. Cimoli), Herbie Faye (Maury), Judy Pace (Elvira), Lisa Jill (Ginger Gingrich), John Todd Roberts (Jeffrey); produzione: Billy Wilder per The Mirisch Corporation- Phalanx-Jalem; distribuzione: Lab80; origine: Usa, 1966; durata: 125'. |
|
Trama: | Harry Hinkle è un operatore della televisione americana che viene inviato, con la sua telecamera portatile, a riprendere una partita di rugby. Mentre sta lavorando viene travolto e scaraventato a terra da un giocatore, Luther Jackson. Il cognato di Harry, Willie, che è un avvocato, lo convince a sfruttare l'occasione favorevole e, malgrado l'incidente non sia stato grave, a chiedere un cospicuo rimborso all'assicurazione. Harry accetta sperando di coronare il suo sogno di diventare ricco per poter così riconquistare la moglie Sandy, fuggita con un batterista. L'assicurazione, subodorato l'inganno, invia , senza successo, sulle loro tracce il detective Purkey. Intanto Luther, stretto dal rimorso, circonda Harry di mille premure e i due diventano in breve tempo amici. Tuttavia, nonostante i soldi dell'assicurazione e il ritorno di Sandy, Harry non riesce a essere felice. Così denuncia la sua stessa truffa e rimane solo e senza denaro, l'unico che non lo abbandonerà sarà proprio il suo nuovo amico... |
|
Critica (1): | Peccato che con questo film Wilder si senta in dovere di rinunciare un poco ai suoi solidi principi - narrare brutte storie di gente brutta - per introdurre un "personaggio positivo" e un "lieto fine" conseguente. Sta invecchiando anche lui? È più credibile invece che questa fiacca ventata kennediana (in ritardo) sia solo una mossa provvisoria causata dai malanni di Baciami stupido (che metteva in burla con la spietata gaiezza che solo Wilder riesce a mettere in queste imprese, l'istituto della fedeltà coniugale ed è stato l'unico film post-maccartista ad aver avuto tante e tali grane da doversene modificare il finale). Wilder ha "ceduto", prendendosi la rivincita (piccola, relativa) di dare la bella parte a un negro. La visione della civiltà del dollaro e delle "gelide acque del calcolo egoista" che Wilder, di tragedia in commedia, non ha cessato di propinare con cinica perfidia all'uomo medio americano, ne è stavolta sminuita. Ma la più gran parte del film, cui rimproveriamo anche un impianto troppo teatrale e vari punti morti non sollevati dall'uso, probabilmente di rimedio, delle didascalie divisorie, è degna di lui, nuova esemplificazione attraverso l'esame di un'altra rotella del meccanismo (gli avvocati e le assicurazioni) del motore primo cui si riferisce tutta l'opera valida di questo viennese male americanizzato, dalla morale espressa dal regista con una massima di chiarezza lampante: "Gli uomini si dividono tra chi per soldi fa tutto, e chi fa quasi tutto". L'atroce verità, egli la illustra con ferocia tonificante, trascurando bellamente di "fare artistico" e di girare bene, puntando dritto allo scopo col film girati con sacro sprezzo di ogni divagazione registica e con l'occhio (giallo) dell'obiettivo teso a scrutare minuziosamente i suoi personaggi, bestiario quotidiano, museo Grévin tipologico della società di consumo. Solo Kazan è riuscito a raggiungerlo in cattiveria (con Un volto nella folla), ma certo il recul lubitschiano fa meno violenti e pamphletistici i film del ghignante Billy, che sa sempre, con l'abilità del buffone di corte, restare fedele al suo credo (cioè, anche per lui, far quattrini...) senza per questo rinunciare a una regola un tantino disalienante e comunque degna di rispetto: quella che insegna a sputare nel piatto in cui si mangia.
Goffredo Fofi, Quaderni piacentini, n. 30, 1967 |
|
Critica (2): | Harry Hinkle, operatore televisivo che per la Cbs segue le partite del campionato di football americano, nel corso di un incontro viene involontariamente investito da un giocatore, Luther "Boom-Boom" Jackson. Ricoverato in ospedale, riceve le "amorevoli" cure, tra gli altri, del cognato Willie, un avvocato specializzato in cause di risarcimento che subito vede, nell'incidente capitato al congiunto, una possibile gallina dalle uova d'oro. Harry, in realtà, nonostante qualche dolorino, sta benissimo ma Willie, che è venuto a conoscenza del fatto che il cognato ha una vertebra schiacciata a causa di un lontano incidente (Harry, da bambino, si era fatto male cadendo dal tetto del garage mentre giocava con la sorella ai paracadutisti), incomincia subito a rimestarci. Convince Harry a reggergli il mazzo, giocando subdolamente sul fatto che quest'ultimo è in crisi per essere stato abbandonato dalla moglie. A complicare le cose, però, c'è Purkey, tenace detective sguinzagliato dalla compagnia di assicurazione che comincia a sospettare l'inghippo, e "Boom-Boom" il quale, sentendosi in colpa, comincia a coprire Harry di ogni attenzione. Quest'ultimo, alla fine, non riesce ad avere il cuore di rovinare una promettente carriera sportiva, cosicché denuncia il raggiro e viene abbandonato da tutti, compresi il cognato e la moglie, che nel frattempo di era rifatta viva. In compenso, ha trovato in Luther un nuovo, sincero amico. (...) Non per soldi... ma per denaro: mica tanto velata allegoria del tema del desiderio (quello di Harry per la moglie che lo ha lasciato, ma anche quello, ben più rapace, del cognato per il denaro), è solo a tratti illuminato da quegli sprazzi di comicità che solo Wilder sapeva usare, e così bene, quando voleva far risaltare un discorso di fondo ben più serio. Il film, che assume la forma di un apologo morale suddiviso in sedici capitoletti al loro interno ben definiti, ha tra le altre cose il grande merito di aver segnato l'incontro tra i due componenti di una coppia che, nei trenta e passa anni successivi, farà faville: Jack Lemmon e Walter Matthau.
Arturo Invernici, Cineforum n. 399, 11/2000 |
|
Critica (3): | |
|
Critica (4): | |
| Billy Wilder |
| |
|