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Per qualche dollaro in più


Regia:Leone Sergio

Cast e credits:
Soggetto: Fulvio Morsella; Sergio Leone; sceneggiatura: Luciano Vincenzoni, Sergio Leone; fotografia: Massimo Dallamano; musiche: Ennio Morricone - chitarra e fischio di Alessandro Alessandroni, con le voci dei suoi Cantori Moderni; montaggio: Eugenio Alabiso, Giorgio Serralonga; scenografia: Carlo Simi; arredamento: Carlo Leva, Rafael Ferri; costumi: Carlo Simi; effetti: Giovanni Corridori, Manuel Baquero; interpreti: Clint Eastwood (il monco), Lee Van Cleef (Colonnello Douglas Mortimer), Gian Maria Volonté (l'indio), Mara Krupp (Mary, padrona dell'albergo), Luigi Pistilli (Groggy), Klaus Kinski (White, il gobbo), Benito Stefanelli (Luke), Aldo Sambrell ('Cuchillo'), Rosemarie Dexter (sorella di Mortimer), Mario Brega (Niño), Luis Rodríguez (Guy Calloway), Lorenzo Robledo (Tomaso), Panos Papadopulos (Sancho Perez); produzione: Alberto Grimaldi per P.E.A. (Roma), Arturo Gonzales (Madrid), Constantin Film (Monaco); distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Italia-Spagna-Germania, 1965; durata: 130’.

Trama:A caccia dell'Indio capo di un'agguerrita banda, sul quale pende la taglia di ventimila dollari, si mettono due individui intenzionati a intascare il premio: il Monco, giovane e audace pistolero, e il Colonnello, un uomo maturo che studia ed esegue le sue imprese con freddezza. Giunti entrambi a El Paso, dopo momenti di reciproca diffidenza e constatata in un singolare duello l'identica capacità, i due si accordano per l' impresa. Il Monco si fa accogliere tra i membri della banda ed il Colonnello agisce all'esterno. Ma non tutto va secondo i loro piani e, scoperti, devono agire frontalmente contro l'Indio ed i suoi. Trovano un'occasione favorevole nell'ingordigia dello stesso capo che li libera allo scopo di far scomparire il folto stuolo di pretendenti alla divisione del bottino asportato dalla banca di El Paso. I due pistoleri però, dopo aver fatto piazza pulita, si incontrano con l'Indio che viene ucciso dal Colonnello desideroso di vendicare la morte del fratello. Al Monco rimarrà la taglia dato che il socio si ritiene pago della vendetta.

Critica (1): Il legame piú evidente tra Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in piú, oltre all'ironico ammiccamento del titolo, è rappresentato da Clint Eastwood: stesso poncho marrone, stesso cigarillo perennemente tra le labbra, stessa ironia sorniona. Ma Joe e il Monco sono lo stesso personaggio? Sí, per le caratteristiche esteriori come l'abbigliamento, e per il modo di pensare e di agire. No, perché il Monco - un soprannome ironico: fa tutto con la sinistra ma spara con la destra - è un bountykiller, e quindi ha una professione. Tra l'altro, indossa un bracciale di cuoio dalla funzione misteriosa, e tiene ai dollari molto piú di quanto non facesse Joe. Insomma, è come se fosse lo stesso personaggio e contemporaneamente non lo fosse. L'ambivalenza riguarda anche altri personaggi: con l'eccezione del colonnello Mortimer (Lee Van Cleef), di Groggy (Luigi Pistilli) e del gobbo Wild (Klaus Kinski), tutti i pistoleri - in particolare i membri della banda dell'Indio (Gian Maria Volonté) - hanno le stesse facce di quelli che erano morti in Per un pugno di dollari. Il loro "ritorno" in ruoli analoghi comunica allo spettatore la strana sensazione di vedere un film di «morti viventi». Il principio, in fondo, è quello che sovrintende alla tecnica del disegno animato, dove personaggi fatti a pezzi, dilaniati o saltati in aria tornano nella scena successiva perfettamente integri. Cosí, Leone ribadisce il suo concetto del West come qualcosa di morto e sepolto, dove può capitare di incontrare lo stesso personaggio ucciso nel film precedente, ucciderlo di nuovo e, magari, aspettarsi di ritrovarlo ancora nel film successivo. Le cose morte possono ripetersi all'infinito: o meglio, essendo già morte, non possono morire un'altra volta. (…)
Grande assente è la donna. La padrona dell'albergo è una figura pittoresca che si esaurisce nel breve arco di due scene. La sorella di Mortimer è soltanto un trauma che vive nel ricordo del colonnello e, stranamente dell'Indio. Stranamente perché, a parte il carillon ch'egli le rubò e che porta sempre con sé, non si capisce il motivo di questa ossessione: perché fra tanti episodi violenti, proprio questo debba sempre tornare a turbare i suoi sogni (probabilmente, è come il rintocco di una campana a morto, il destino che si avvicina inesorabile e si preannuncia con un ricordo, o un incubo).
Il fatto che soltanto alla fine si venga a sapere che la donna del ritratto è la sorella di Mortimer, costituisce l'unica reminiscenza classica di Per qualche dollaro in piú: Leone riprende l'espediente dell'agnizione, risolutore di tante tragedie e soprattutto commedie dell'antichità greca e romana, da Menandro a Plauto a Terenzio. Quanto al duello finale, Clint Eastwood sembra assumere nuovamente la funzione di deus-ex-machina intervenendo con il secondo carillon che salva Mortimer e condanna l'Indio: non a caso, lascia che il duello si svolga tra gli altri due protagonisti e si limita a fare da spettatore-giudice.
Come in Per un pugno di dollari, anche qui mancano precisi riferimenti storici. Ma la guerra di Secessione appartiene ancora al passato. Il vecchietto interrogato dal Monco afferma che Mortimer era un gran soldato, il miglior tiratore della Carolina (uno stato del Sud: e cos'altro, se non la guerra, avrebbe potuto far cadere in disgrazia il colonnello?). (…)
Per qualche dollaro in piú è comunque un film meno violento del precedente. A tratti acquista addirittura un tono quasi surreale. Leone concentra la violenza (quella esibita, perché come al solito la violenza vera sta nei personaggi e nei loro atteggiamenti) nella scena in cui il Monco e il colonnello, smascherati dall'Indio, sono picchiati da tutta la banda. È una sequenza analoga a quella di Per un pugno di dollari, con la differenza che qui i protagonisti sono due. A parte questa esplosione di brutalità, il film inclina al tono surreale fin dai titoli di testa, che diventano oggetto di un vero e proprio tirassegno, frantumati da proiettili rumorosi quanto immaginari. (…)
Francesco Mininni, Sergio Leone, Il Castoro cinema, 1-2/1989

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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