Giulietta degli spiriti
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Regia: | Fellini Federico |
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Cast e credits: |
Soggetto: Federico Fellini, Tullio Pinelli; sceneggiatura: Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli, Brunello Rondi; fotografia: Gianni Di Venanzo; musiche: Nino Rota; montaggio: Ruggero Mastroianni; scenografia: Piero Gherardi; interpreti: Giulietta Masini (Giulietta Boldrini), Sandra Milo (Susy/Iris/Fanny), Mario Pisu (Giorgio, marito di Giulietta), Sylva Koscina (Sylva, sorella di Giulietta), Valentina Cortese (Valentina), José Luis de Villalonga (José, il cavaliere romantico), Valeska Gert (Nhishima, la veggente), Friedrich von Ledebur (Preside/Santone), Lou Gilbert (De Filippis, nonno di Giulietta), Caterina Boratto (Madre di Giulietta), Luisa Della Noce (Adele. sorella di Giulietta), Silvana Jachino (Dolores, detta Dolly), Milena Vukotic (Elisabbetta, la domestica/La Santa), Fred Williams (L'efebo figlio dell'amante di Susy), Anne Francine (La medichessa), Elena Fondra (Elena, amica di Dolly), Genius (Medium), Alberto Plebani (Capo dell'agenzia investigativa), Mario Conocchia (Avvocato di famiglia), Felice Fulchignoni (Dottor Raffaele), Dina De Santis (Amica di Susy), Elisabetta Gray (La cameriera di Giulietta), Dany Paris (Amica di Susy tentata dal suicidio), Yvonne Casadei (Lola), Cesarino Miceli Picardi (Amico di Giorgio), Alba Cancellieri (Giulietta bambina), Inna Alexeieva (Olga, nonna di Susy), Carlo Pisacane(Il fraticello), Jacques Herlin (Francese al party); coproduzione: Angelo Rizzoli per Federiz (Roma) - Francoriz (Parigi); origine: Italia, 1965; durata: 120’. |
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Trama: | Nella sua bella villa di Fregene, una ricca signora borghese, Giulietta, trascorre l’estate. Educata in un collegio di suore, ha vivo il ricordo del nonno, fuggito con una ballerina. In occasione dell’anniversario del suo matrimonio con Giorgio, viene organizzata una festa durante la quale si svolge una seduta spiritica. Si evocano fantasmi erotici e scurrili, e le offese di uno di questi, assieme al dubbio che Giorgio la tradisca, mettono in crisi di identità Giulietta. Non ha nessuno con cui confidarsi: è sola con le sue contraddizioni, tra il perbenismo bigotto e la tentazione di vivere senza inibizioni. Una vicina di casa, Susy, l’invita nella sua villa: qui Giulietta può finalmente lasciarsi andare, visto che ha avuto le prove del tradimento del marito. Ma i sensi di colpa la fanno fuggire, e visioni contrapposte quasi sconvolgono la sua mente. Con l’aiuto di una psicoanalista riesce a reagire: affronta una vera e propria battaglia con i suoi condizionamenti, le tentazioni, i fantasmi. Alla fine, vittoriosa e in abito bianco, va incontro al vento che impetuoso soffia dal mare. |
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Critica (1): | Non c’è da stupirsi se la povertà e il manicheismo di questa mitologia si gonfiano e dilatano in turgore liberty, dissipazione floreale, contaminazione viziosa di immagini oniriche, gusto incontrollato della deformazione che neutralizza e annulla la cattiveria dell’osservazione critica della società e del costume. Così, questo compiacimento (del resto così educato e accattivante!) dell’abnorme e del mostruoso (che, mal grado i tanti discorsi su un colore che ha ben poco d’inconsueto e di peregrino, non aggiunge nulla a quanto Fellini aveva già detto ne La dolce vita e in 8 ½) si compone, è vero, come qualcuno ha scritto, in una sorta di “catalogo illustrato dell’universo felliniano”, ma un catalogo, si deve aggiungere, tirato a lucido con gelida impeccabilità, dove la stessa immaginazione del regista, in altre occasioni fluida e mobilissima sembra raggrumarsi e ristagnare. Per tale via, comunque, nessuna liberazione è possibile. Quando nel finale Giulietta disubbidisce per la prima volta alla madre e apre quella porta dietro la quale c’è la bambina di sempre, legata sulla graticola delle suore o schiacciata dalle ossessioni e dagli inganni del matriarcato, del matrimonio e del sesso, e si attua per una via tutta irriflessa e stupefatta la “rimozione” dei complessi, lo spettatore avverte che il regista declama una liberazione che non è stata sofferta e non cresciuta nel personaggio, ma sempre al di fuori, in un universo astratto e mitizzato.
Aurelio Ferrero, Mondo Nuovo, 14 novembre 1965 |
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Critica (2): | Con Giulietta degli Spiriti, grazie a un colore che accentua la ricerca simbolica e antinaturalistica, Fellini non pone più alcun freno ai suoi istinti immaginativi. Tra tutti i viaggi nella memoria effettuati nel corso della sua attività questo è l’unico che cerca di esplorare il mondo della controparte femminile vedendolo animato e coabitato da una folla di presenze uscite direttamente dall’iconografia della religione cattolica e da figure di sacerdotesse del sesso, che invitano alla liberazione del corpo e alla trasgressione dei comandamenti e dei tabù. Giulietta... mette in scena riti e comportamenti in via di sparizione, quasi frammenti residuali di civiltà che stanno scomparendo, stabilisce un ulteriore punto d’orientamento per l’opera del regista.
Gian Piero Brunetta, Cent’anni di cinema italiano, Laterza, 1991 |
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Critica (3): | Otto e mezzo: dalla parte di lui, Giulietta degli spiriti: dalla parte di lei. Con Otto e mezzo Federico Fellini, da grande artista, ha contemplato con forme lucide e coscienti la propria crisi e l'ha purificata nell'atto stesso in cui la soffriva dentro di sé. Con Giulietta degli spiriti, il regista si serve invece del "fellinismo" per tentare un'interpretazione di disagi, inquietudini, deformazioni della femminilità, oggi, e appoggia su Giulietta Masina, moglie e attrice, lo smarrimento spirituale della donna moderna, sospesa tra una adolescenza frustrata e smarrita e una maturità non ancora ritrovata.
Tutta la poetica felliniana, i sogni maliosi, le stregonerie, le fantasie erotico-mistiche, le paure lontane, le memorie ingenue, i turbamenti non sublimati, il mare misterioso e pulito, tutto fluisce nel personaggio di Giulietta. La donna è in crisi come moglie, perché il matrimonio con un brillante funzionario "public relations" non le offre più la sicurezza di una tradizione morale e neppure la speranza di una fedeltà esteriore, ma lo è soprattutto come donna, disintegrata da inconsce presenze, reali o ipotetiche, lei non lo sa, e distratta da apparenze esistenziali colorate, fantasiose, decorative appena sopra un vuoto tremendo.
Su questo limite, ferma ad una borghese soddisfatta opulenza, Giulietta, dopo una seduta spiritica, proprio nel giorno anniversario del matrimonio, ha l'improvvisa sensazione della propria nullità e infelicità di fondo. Si aggrappa allora alle chimere evanescenti legate alle forme di una malsortita educazione moralistica, ma i ricordi sanno di traumatico, sono prestiti inspiegabili, a volte mostruosi. Giulietta non sa proprio a chi domandare aiuto, se non ad un detective privato che le spalanca la finestra su una "verità", sulle distrazioni extraconiugali del marito, ma non sa darle conforto e impiega ancora peggio le sue esacerbate ferite di donna umiliata. Intorno, nessun altro le viene in aiuto: la madre, raggelata in una sua olimpica bellezza, le sorelle ammaliziate, le servette complici si limitano a girarle intorno, con sorrisi di fatua amabilità. Né le rendono più accattivanti le situazioni quella veggente orientale che le evoca intorno sottili atmosfere erotiche o quell'amico di famiglia che non va al di là di una sterile evocazione di "finzioni d'amore" sotto forme di un "torear" cortese.
Tutt'al più, a Giulietta si pone di fronte, suasiva, maliosa, la felicità apparente, tutta sensi e vitalismi, di Susy che la abbacina e la stordisce e l'incanta con quel suo giardino di delizie, e l'ampia lettiera circolare presaga di piaceri, e le gaudiose compagnie sottratte ad ogni freno. Giulietta asseconda il richiamo di Susy sperando di liberare dall'inferno la sua mortificata femminilità, ma il senso del peccato, la ritrosia morale, la nostalgia antica per la purezza e la semplicità sono più forti del desiderio di rivalsa. Purtroppo, la resistenza alla colpa non è per lei equilibrio, misura, è solo tremore dell'abisso, paura dell'insidia mortale, incapacità di cedere più che coscienza di una più valida spiritualità. Per questo, i fantasmi mostruosi che le erano apparsi all'inizio, cristallizzati in un magma disarmonico di ricordi malrepressi, di frustrazioni, di pudori devozionali, tornano di nuovo a frusciarle intorno, nella sua stessa casa, scompaginandole anche ogni apparenza tranquilla, ricreandole in giro un sabba romantico e satanico. Comincia allora, a poco a poco, faticosamente, la liberazione di Giulietta. Lascia partire il marito, con angoscia disperata ma senza drammi, e ricomincia a perseguire una sua fedeltà, vera, di armonia con se stessa, riuscendo a svincolarsi dalla graticola cui era legata, nei ricordi infantili, sulle tracce di una lontana recita martiriale, nel teatrino delle suore, e intravedendo nel nonno che l'ha liberata non più il vecchietto anticlericale che era fuggito con una ballerina volando lontano con un trabiccolo aereo, ma l'uomo che a modo suo aveva lasciato sfogare i sentimenti e non era mai entrato in contrasto con i valori umani dell'esistenza. Giulietta (che, dentro di sé, rivaluta anche la stessa presenza di Susy, erotomane oggi, ma ballerina e amante del nonno ieri, segno di esigenze amorose portate da Giulietta nel fondo dell'inconscio, represse e frustrate) trova così finalmente la pace di sé con sé, il disegno armonico di una personalità prima distorta da incubi-tabù, inconsciamente coccolati per un malinteso senso del rispetto e dell'ordine.
Alberto Pesce, Cineproposte, 1978 |
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Critica (4): | |
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