Baby of Mâcon (The) - Baby of Mâcon (The)
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Regia: | Greenaway Peter |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Peter Greenaway; fotografia: Sacha Vierny; musiche: da "Orfeo" di Claudio Monteverdi, Arcangelo Corelli, Henry Purcell, John Blow, Matthew Locke; montaggio: Chris Wyatt; scenografia: Jan Roelfs, Ben Van Os; costumi: Ellen Lens, Dien Van Straalen; interpreti: Julia Ormond (La Figlia), Ralph Fiennes (figlio del vescovo), Philip Stone (il vescovo), Jonathan Lacey (Cosimo Medici), Don Henderson (il padre confessore), Celia Gregory (madre superiora), Nils Dorando (bambino di Mâcon), Rien Kroon (il cappellano), Graham Valentine (la Fame), Diana Van Kolck (la madre), Tony Vogel (il padre); produzione: Allarts - Ucg in associazione con Cine Elettra, Channel Four, Filmstifung, Nordrhein Westfalen, La Sept Cinema; distribuzione: Cineteca Lucana; origine:Gran Bretagna-Olanda, 1992; durata: 120’. |
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Trama: | In una comunità che sta soffrendo la piaga della sterilità, che si crede sia una punizione per aver trascurato Dio e per aver permesso che la Cattedrale di Macôn cadesse in rovina, una donna grottescamente gravida, che ha superato l'età per concepire un figlio, è assistita da tre levatrici, le quali si aspettano di farle partorire un mostro. La storia è raccontata come un'opera in tre atti in un teatro di provincia nel 1650 davanti ad un pubblico vivace, dove l'ospite più importante è Cosimo, un diciassettenne ingenuo che si siede insieme al suo gruppo di preti e suore sul proscenio. Nonostante tutte le aspettative, sia del cast che del pubblico, sul palcoscenico nasce un bambino sano e bello, e da un'esame della placenta si presagisce che sarà un bambino miracoloso. Quando alcune mogli sterili e ricche offrono a una delle figlie della puerpera del denaro, per poter toccare il Bambino affinchè le renda fertili, la diciottenne ambiziosa approfitta immediatamente della situazione e si arricchisce. Mentre continua a proclamare la sua verginità, che ha fatto pubblicamente verificare, dichiara che il Bambino è suo, e fa imprigionare sua madre e corrompe il padre con i profitti guadagnati tramite la vendita delle benedizioni del Bambino. La Chiesa prospera, vendendo all'asta i liquidi del corpo del Bambino - la sua saliva, le sue urine, il muco e il sangue . Per vendicarsi, la sorella soffoca il Bambino nel suo letto sui gradini dell'altare e viene condannata a morte, ma una legge del posto stabilisce che una vergine non può essere giustiziata. Sarà Cosimo, il religioso appassionato, a proporre una soluzione, suggerendo che la sorella venga incarcerata nel posto di guardia, in modo che la milizia, benedetta dal Vescovo, possa organizzare la deflorazione secondo i falsi esempi religiosi del martirio sado masochista. Di fronte al pubblico che segue, il quale non sospetta che la realtà sta sostituendo il dramma teatrale, l'attrice che interpreta il ruolo della sorella è costretta a subire l'umiliazione del personaggio interpretato. Ella muore dopo la sua orribile esperienza, e la sua famiglia, a causa di una legge e per disgusto verso se stessa, muore con lei. |
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Critica (1): | Secondo atto della trilogia greenawiana sul barocco iniziata con Prospero's Books (e che presumibilmente proseguirà con Augsbergenfeldt, un film ambientato nella Guerra dei Trent'anni), The Baby of Màcon rappresenta il film più blasfemo, violento e provocatorio di Peter Greenaway. La violenza e la teatralità sono alcuni dei temi ricorrenti nel suo cinema, che già ne Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante assumevano un ruolo centrale. The Baby of Mâcon inizia in un certo senso laddove Il cuoco, il ladro, la moglie e l'amante terminava; infatti la scena di cannibalismo che segnava la fine di quel film viene qui riproposta in senso cosmico. Greenaway mette sotto accusa vari casi di "cannibalismo" a partire da quello della Chiesa dell'epoca della Controriforma la quale, trascurando i fatti dello spirito, si cibava, senza mai saziarsi e senza scrupolo alcuno, del potere temporale, per giungere al "cannibalismo" odierno che la società e i mezzi di comunicazione di massa, attraverso la pubblicità, perpetrano particolarmente nei confronti dell'infanzia. L'idea del film nasce nel regista dalla visione di due immagini del fotografo Oliviero Toscani, un maestro della pubblicità/provocazione. Partendo da queste egli ha voluto costruire una storia di sfruttamento infantile inserendola in un contesto storico del passato, espediente che li ha consentito di analizzare ance altri meccanismi di sfruttamento.
Ma The Baby of Mâcon non è solo un film sullo sfruttamento. Un altro nodo fondamentale che il film dipana è quello dell'inganno (finzione), attraverso cui lo sfruttamento, qualunque esso sia, viene perpetrato; esso unisce saldamente tra loro la Chiesa come istituzione e il Teatro (e il Cinema) con i propri fedeli/spettatori che possono essere interscambiabili. Teatro e Chiesa vantano solidi punti di contatto, tanto che il teatro moderno come forma espressiva e luogo scenico nasce all'interno della Chiesa. Le sacre rappresentazioni furono alla base della rinascita teatrale moderna e, secondo Greenaway, addirittura «la rappresentazione concreta dei miracoli è una delle funzioni abituali del teatro e della Chiesa». Se la Cattedrale era il luogo deputato dello svolgimento di piccoli drammi o scene drammatiche, recitati nel Medioevo durante le grandi festività della Chiesa (Pasqua e Natale) e che costituirono i prodromi del teatro moderno, la scena del teatro elisabettiano, al pari forse solo del corral spagnolo, fu uno dei luoghi scenici dove la vicinanza, se non la comunione, con il pubblico raggiunse il momento più felice del teatro moderno. Lo spazio scenico pensato
da Greenaway per The Baby of Mâcon unisce questi due luoghi e la macchina da presa con i soliti eleganti e sontuosi carrelli entra ed esce da questi spazi senza soluzione di continuità. Il palcoscenico elisabettiano, costituito da una piattaforma quadrata a cielo aperto aggettante nell'arena, veniva quasi completamente circondata dagli spettatori ed i più facoltosi potevano accomodarvisi sopra seduti su degli sgabelli. Greenaway riprende questa idea e la elabora ulteriormente, facendo addirittura interagire con la recita un improbabile Cosimo de' Medici. Anche i suoi cortigiani, più volte durante il film, accennano alla possibilità di recitare nel masque, una rappresentazione teatrale tipicamente barocca e intrinsecamente connessa con la figura di Inigo Jones.
Il masque era una forma teatrale che perseguiva, al contrario dei drammi rappresentati sulle scene elisabettiane, l'illusione di realtà attraverso l'uso di macchinari teatrali sofisticati come intelaiature girevoli (utilizzate anche da Greenaway) e che prediligeva drammi preferibilmente epici con l'ausilio di musica e danza. Un tipo di rappresentazione che esalta il talento visuale di Greenaway, il quale si trova sempre più a suo agio a lavorare con inquadrature che trattano con la stessa ricchezza il particolare e il generale, il dettaglio più minuto e il totale. C'è quindi in Greenaway l'esigenza di coniugare uno spettacolo tipicamente barocco, e la sua necessaria impressione di realtà, con altre esperienze teatrali che vanno in direzione opposta. Infatti è nell'opera di Antonin Artaud e
Peter Brook, e più specificatamente nelle teorizzazioni del Teatro della Crudeltà di Artaud e del Teatro Rozzo di Brook, che Greenaway trova gli stimoli più fecondi per la sua idea di spettacolo. Il Teatro Rozzo di Brook, derivato per genesi diretta dall'idea di teatro artaudiana, è vicino alla gente e caratterizzato in genere dalla mancanza di stile. Un teatro che tratta delle azioni umane in quanto strettamente correlato alla realtà e Greenaway, in ossequio ai dettami di Brook, immerge il suo masque granguignolesco nel pubblico, diviso tra l'attenzione al dramma e l'espletamento degli istinti primari, come per esempio mangiare. Un pubblico rozzo che si attribuisce la funzione del coro, e variamente composto da gente comune, nobili e rappresentanti del clero mescolati tra loro in una mistura affascinante di costumi variopinti, dal rosso dei nobili, al bianco oro dei religiosi sino ad arrivare ai colori terrageni del volgo. Una figura decisamente artaudiana è quella della Fame che appare nel prologo a descrivere la situazione della città di Mâcon e prima della passerella finale ad annunciare il prossimo ritorno della carestia e della sterilità; una figura che pare nascere da un accoppiamento fra l'attore di Artaud e il tratto di Bacon.
The Baby of Mâcon rappresenta il secondo momento della progettata trilogia barocca di Greenaway, e al pari di quanto accadeva in Prospero's Books il concetto di Barocco, che il regista ci propone, non è graniticamente definito ma visto in continua interazione con le idee e le immagini dei periodi storici che gli sono contigui. Se in Prospero's Books nella figura di Prospero onnipotente mago e inventore – una sorta di Ermete Trismégistos ficiniano – si avvertiva l'influenza del pensiero di Tommaso Campanella e Robert Fludd (e specificatamente della loro elaborazione del rapporto tra microcosmo-uomo e macrocosmo-universo) e un grande interesse verso la magia intesa come conoscenza dei meccanismi di funzionamento del mondo, in The Baby of Mâcon nel pensiero razionale e scientifico del figlio del Vescovo si prefigura addirittura l'avvento della Scienza Nuova, concetto settecentesco di matrice vichiana. Le manifestazioni del soprannaturale collegano i due film in modo ferreo, ma se in Prospero's Books esse rientravano nel campo esclusivo della magia, in The Baby of Mâcon, ambientato nel periodo della Controriforma Cattolica, diventano esclusivo dominio del prodigio divino, del miracolo, e tutti coloro che in vario modo tentano di mettere in discussione questa origine divina del soprannaturale vengono sopraffatti. Ciò accade per il figlio del Vescovo che osa affermare che la Scienza Nuova dell'uomo è in grado di modificare il mondo e che Dio è "il grande scienziato", ma accade anche per la blasfema sorella del bimbo divino, la quale non nega la possibilità del miracolo e la sua origine divina, ma solo per ingannare la comunità e costruirsi una identità soprannaturale riproducendo il mistero della Vergine Maria. Analogamente a quanto accadeva in Prospero's Books anche in questo film Greenaway ci propone una iconografia che, pur mantenendo una intonazione barocca, pesca a piene mani nel patrimonio delle immagini del secolo precedente. Ma l'impianto di citazione pittorica che emerge dai tableaux vivants di The Baby of Mâcon è decisamente meno rilevante al confronto di quello degli ultimi film del regista gallese, ed in particolare ris?etto a quello poderoso di Prospero’s Books. Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio e Frans Hals si contendono l'onore delle citazioni di Greenaway; Bellini e Carpaccio sono due tra i più illustri rappresentanti della scuola pittorica veneziana a cavallo tra il Quattrocento ed il Cinquecento ed alle Madonne belliniane si ispira il personaggio della sorella del bimbo di Mâcon. Greenaway in particolare pensa al dipinto Madonna con Bambino benedicente quando raffigura il bimbo nel grembo della sorella mentre benedice coloro che gli recano omaggio. E invece all'olandese Frans Hals che Greenaway si ispira nella costruzione delle grandi scene di insieme ed anche i costumi dei soldati della milizia di Mâcon, che stupreranno la "vergine", si ispirano al dipinto Banchetto degli ufficiali della guardia civica di S. Giorgio, già abbondantemente citato ne Il cuoco, il ladro, la moglie e l'amante.
Dal punto di vista della colonna sonora The Baby of Mâcon segna una interruzione, forse definitiva, del rapporto venticinquennale che legava Greenawa al musicista Michael Nyman. Nonostante l'accurata scelta degli autori e dei brani, si avverte una certa mancanza di fluidità ed equilibrio rispetto a quella offerta dalle ripetizioni, dalle microvariazioni e dalla struttura cellulare che il minimalismo di Nyman conferiva agli altri film di Greenaway. Se i concetti e l'iconografia espressi dal film tendono a debordare da una rigida accezione del barocco, la musica al contrario esprime atmosfere decisamente barocche. L'Orfeo di Claudio Monteverdi, il quale non rinuncia ad evocare l'intermedio tipicamente cinquecentesco con le sue scene pastorali, è il tema musicale più presente nel film; ma Greenaway si avvale anche di brani composti da altri famosi autori seicenteschi, italiani ed inglesi, come Girolamo Frescobaldi, Arcangelo Corelli, Henry Purcell (il più famoso musicista inglese del Seicento, a cui si ispirò Nyman per la sua colonna sonora de I misteri del giardino di Compton House), John Blow e Matthew Locke, autori, questi ultimi due, delle musiche dei più famosi masque seicenteschi.
The Baby of Mâcon è fondamentalmente un film a tesi attraverso il quale Greenaway si scaglia contro ogni forma di sfruttamento e di finzione, un contenitore di invettive che hanno come bersaglio privilegiato la Chiesa della controriforma e la Famiglia. Il masque che egli costruisce mette in berlina la Natività (e la Sacra Famiglia), ovvero l'evento sacro che meglio di ogni altro mette in relazione le due istituzioni. (…)
Fabrizio Liberti, Cineforum n. 330, 12/1993 |
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