Ritratto della giovane in fiamme
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Regia: | Sciamma Céline |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Céline Sciamma; fotografia: Claire Mathon; montaggio: Julien Lacheray; musiche: Jean-Baptiste de Laubier, Arthur Simonini; interpreti: Adèle Haenel(Héloïse); Noémie Merlant (Marianne), Luàna Bajrami (Sophie), Cécile Morel (la donna vicino al fuoco),Valeria Golino (La contessa); produzione: Arte France Cinéma, Hold Up Films, Lilies Films; distribuzione: Lucky Red; origine: Francia, 2019; durata: 120’. |
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Trama: | Francia, 1770. Marianne, una pittrice, riceve l'incarico di realizzare il ritratto di nozze di Héloise, una giovane donna appena uscita dal convento. Lei però non vuole sposarsi e quindi rifiuta anche il ritratto. Marianne cerca allora di osservarla per poter comunque adempiere al mandato. Scoprirà molte cose anche su di sé. |
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Critica (1): | Francia, 1770. Una pittrice, Marianne, deve raggiungere un’isola della Bretagna per dipingere il ritratto di una giovane donna, Héloïse, appena uscita dal convento per sostituire come sposa la sorella morta tragicamente. La giovane, sospesa tra quelle che vede come due prigionie, rifiuta di posare e Marianne deve quindi scrutarla in gesti e movimenti per imprimerla nella memoria e disegnarla di nascosto. Ma a forza di osservarsi le due donne scopriranno una passione che si accende come il fuoco che incendia il vestito di Héloïse in una notte di festa pagana.
Il nuovo film di Céline Sciamma, finalmente inserita nel concorso principale di Cannes, è una storia di amore che presuppone alla sua radice un percorso di autoaffermazione e di scoperta di sé, lo stesso in fondo intrapreso dalle ragazzine in piscina di Naissance des pieuvres, dalla protagonista sessualmente indefinita di Tomboy, dal gruppo di amiche in banlieu di Diamante nero.
Trasportare quell’idea di crescita personale dalla contemporaneità al Settecento, universalizza il discorso e lo rende eterno, lo cristallizza come percorso di genere autonomo dall’epoca in cui si svolge. La ricerca della comprensione del proprio corpo e dei propri desideri, per ogni donna, oggi come allora, resta una conquista necessaria quanto ardua da ottenere. Il femminile è definito da una posizione sociale che si vorrebbe subordinata, slegata dai propri bisogni, stretta dagli obblighi familiari (il destino e la madre di Héloïse la vogliono o suora o sposa, senza soluzione di continuità) e dalle convenzioni sociali (le donne non possono ritrarre modelli maschili, se non di nascosto, e così non hanno accesso ai potenziali committenti più facoltosi).
Portrait de la jeune fille en feu non si limita quindi al racconto della scoperta di un amore, ma più in generale traccia una possibile via all’emancipazione, sessuale e quindi politica. Sciamma utilizza le sue attrici (Noémi Merlant e Adèle Haenel) con grazia sempre più scoperta; mette in scena un mondo in cui la presenza maschile è un semplice vettore (i rematori della barca che portano Marianne all’isola, il fattorino incaricato di consegnare il quadro al futuro marito di Héloïse a Milano) o una indefinita serie di volti nella folla, una realtà marginale che irrompe nelle uniche scene mondane del film (galleria d’arte o teatro); utilizza la concretezza materica dei colori e l’impulso erotico della musica (dal sabba in odore di stregoneria buona di un falò notturno in cui si canta polifonicamente “non si può fuggire” – da sé, dai propri sentimenti – all’Estate vivaldiana del finale) come puntelli emotivi; ragiona sulla sottile differenza tra rimpianto e ricordo (Héloïse che a letto sussurra: «ho imparato un nuovo sentimento»); usa il mito – quello ricorrente di Orfeo e Euridice, evocato e dibattuto nella scena che è al cuore del film – in maniera concretissima, arrivando a fissare sulle pagine delle Metamorfosi ovidiane l’unica memoria che a Héloïse resterà di Marianne, un autoritratto disegnato copiandosi in uno specchio incastonato tra le gambe dell’amata; mescola elementi pittorici del canone romantico (la scogliera, il mare in tempesta) con reminiscenze minimali, quasi gozzaniane, degli interni che i personaggi abitano.
Sciamma tratteggia il suo discorso culturale e politico nascondendolo dietro un’anima mélo; punta il suo sguardo di donna (e questo è un film di occhi e di ciglia, di increspature di pelle, di sussurri e di sospiri) su un amore impossibile che cerca e trova spazio, contro ogni rispettabilità imposta dall’alto, rivendicando la possibilità di un modo diverso di stare al mondo e in noi stessi (in loro stesse!), fieri e consapevoli.
Portrait de la jeune fille en feu fonde magistralmente forma e contenuto, teoria e racconto, cultura di genere e diritto alla passione, concedendosi qualche languore ma con gli occhi lucidi e ben puntati sul nocciolo, ancora ben vivo, della questione.
Federico Pedroni, cineforum.it, 20/5/2019 |
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Critica (2): | "Fugere non possum" cantano in coro su una spiaggia un gruppo di donne al centro di Ritratto della Ragazza in Fiamme, lo splendido nuovo film di Céline Sciamma, una prima incursione ben riuscita nel difficile genere del film d’epoca (dopo i tre lungometraggi ultra contemporanei Naissance des pieuvres, Tomboy e Bande de filles) che vale alla cineasta francese una prima partecipazione in concorso al Festival di Cannes. E in effetti, nessuna donna sembra sfuggire al proprio destino, né dall’isolamento dell’isola bretone dove si svolge la trama, né dalle posizioni ultra rigide del 1770, nè dai sentimenti gorgoglianti sotto la superficie beneducata del XVIII secolo. Tutti territori di cui la regista dà fin dall’inizio delle chiavi narrative ("prima i contorni, poi la silhouette; non andare troppo veloce, prenditi il tempo di guardare") con un prologo magnificamente confezionato che vede Marianne (Noémie Merlant) dare, mentre ne è anche la modella, lezioni di pittura a diverse ragazze che scoprono dall'altra parte della stanza un dipinto che la loro insegnante ammette di aver dipinto "tanto tempo fa" e il cui nome è appunto Portrait de la jeune fille en feu.
Proiettato immediatamente dopo in un flashback su una barca nel mare aperto e tempestoso, il racconto segue l'arrivo molto fisico di Marianne su un'isola dove è stata ingaggiata per fare un ritratto di Héloïse (Adèle Haenel), la figlia di casa (con Valeria Golino nel ruolo di sua madre), destinato a illuminare un potenziale pretendente al matrimonio a Milano. A poco a poco, in un grande edificio deserto che percorriamo con la candela in mano illuminando ogni stanza, Marianne apprenderà alcuni segreti interrogando la giovanissima domestica (Luana Bajrami) della famiglia. In primo luogo, la sorella di Héloïse è morta di recente, cadendo dalla cima della scogliera in quello che sembra un suicidio, il che ha portato all'uscita di Héloïse dal convento. Poi, quest'ultima si impunta contro l'idea del matrimonio milanese e ha già scoraggiato un pittore. Siccome non vuole posare, Marianne deve fingere di essere una dama di compagnia e realizzare il dipinto in segreto guardando la sua modella di nascosto. Ma le due giovani donne imparano a conoscersi e ad apprezzarsi a vicenda così tanto che i sentimenti latenti ancora trattenuti dalle convenzioni cominciano ad emergere...
Costruito su un meccanismo altamente controllato di osservazione-reazione e su un'alternanza tra scene di interni millimetriche ed esterni sorprendenti sulla spiaggia e sulla scogliera, il film disegna in modo sottile e con il proprio ritmo la traiettoria della nascita e della paura del desiderio (in un'atmosfera calda sotto l'apparente freddezza) prima che questo finalmente bruci (con una bella sensualità relativamente pudica), offrendo alle due attrici protagoniste dei ruoli eccezionali. Ma Portrait de la jeune fille en feu è anche lo specchio di una condizione femminile incatenata (matrimonio, aborto, artista donna costretta a esibire sotto il nome di suo padre, ecc.) che non manca ovviamente di possibili echi contemporanei. Avvicinandosi allo stile cesellato di Jane Campion con un lavoro formidabile di messa in scena, e una notevole Claire Mathon alla direzione della fotografia, il film dà la sua piena misura nella sua parte finale, affermandosi come un importante lavoro di maturità per la talentuosa Céline Sciamma. (...)
Fabien Lemercier, cineuropa.it |
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Critica (3): | |
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