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Eros


Regia:Kar-Wai Wong, Soderbergh Steven, Antonioni Michelangelo

Cast e credits:
Primo episodio La mano di Wong Kar-Wai
Sceneggiatura: Wong Kar-Wai; fotografia: Christopher Doyle; musiche: Peer Raben; montaggio: William Chang Suk Ping; scenografia: William Chang Suk Ping; costumi: William Chang Suk Ping; interpreti: Gong Li (Sig.na Hua), Chang Chen (Chang), Tin Fung (Master Jin), Auntie Luk (Ying), Zhou Jianjun (Zhao), Sheung Wing Tong (sarto), Wong Kim Tak (sarto), Ting Siu Man (sarto), Yim Lai Fu (sarto), Shin Cheng You (sarto), Siu Wing Kong (sarto), Lee Kar Fai (sarto), Un Chi Keong (portiere d’albergo); produzione: Jacky Pang Yee Wah per Block 2pictures; distribuzione: Fandango; origine: Hong Kong, 2004;durata: 39’.

Secondo episodio Equilibrium di Steven Soderbergh Sceneggiatura: Steven Soderbergh; fotografia: Peter Andrews; musiche: Chico O’Farrill, Tito Puente; montaggio: Mary Ann Bernard; scenografia: Philip Messina; costumi: Milena Canonero; interpreti: Robert Downey Jr. (pubblicitario), Alan Arkin (psicanalista), Ele Keats (donna dei sogni); produzione: Gregory Jacobs per Ipso Facto; distribuzione: Fandango; origine: Usa, 2004; durata: 35’.

Terzo episodio Il filo pericoloso delle cose di Michelangelo Antonioni Soggetto: Michelangelo Antonioni, ispirato a un racconto della sua raccolta Quel bowling sul Tevere; sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra; fotografia: Marco Pontecorvo; musiche: Enrica Antonioni, Vinicio Dilani; montaggio: Claudio Di Mauro; scenografia: Stefano Luci; costumi: Carin Berger, interpreti: Christopher Buchholz (Christopher, il marito), Regina Nemni (Cloe, la moglie), Luisa Ranieri (la ragazza), Cecilia Luci; produzione: Domenico Procacci, Stephane Tchalgadjieff, Raphael Berdugo Jacques Bar per Fandango, Solaris, Roissy Films, Cité Films Productions, Delux; distribuzione: Fandango; origine: Francia, Italia, Lussemburgo, 2004; durata: 30’.


Trama:Tre maestri del cinema raccontano l'erotismo.

Critica (1):Michelangelo Antonioni è un bellissimo vecchio signore del cinema. Sta in carrozzella, non può parlare, ma agita la mano, guarda negli occhi, riceve commosso giuste ovazioni, punta all’Oscar per il meraviglioso documentario sull’ altro Michelangelo, lo scultore, che inizierà un tour nelle cattedrali italiane, magari finendo in gloria in San Pietro. In più, appena può, Michelangelo corteggia ragazze, insistendo che è un istintivo, non intellettuale come abbiamo creduto per anni. Quando la Ranieri ha bussato a casa sua per un caffè, le ha chiesto di alzare la sottana. «È nato per il cinema e le donne» dice divertita la moglie. Ieri alla Mostra è stata la sua gran giornata con Eros, e per lui è stato come tornare a casa. Puntata precedente: il maestro ha girato, due anni fa, in una Capalbio magistralmente ripresa da Marco Pontecorvo, l’ultimo dei tre episodi del trittico eretico ed erotico diretto anche da Soderbergh e Wong Kar Wai, che la Fandango manderà in sala il 3 dicembre. Un incidente tecnico surreale ha ieri aggiunto un quarto autore: alla proiezione stampa, accolta con contrasti, nell’episodio di Soderbergh è stato inserito per errore un rullo del film di giovani Stryker tra l’ironia feroce del pubblico. Il film, passato tra vicissitudini legali e la rinuncia di Almodóvar troppo preso dalla Mala educación, è così in ritardo che Antonioni, cui i suoi film piacciono sempre dopo (pare abbia apprezzato ora in tv Deserto rosso, chiamandosi matto) lo vorrebbe già cambiare. Lo racconta sua moglie: «Lui dice che ha fatto un piccolo film. Avrebbe voluto cambiare il finale, girarlo di nuovo. Ma lui è sempre stato così: difficilmente ha amato subito i suoi film». Avrebbe voluto aggiungere anche l’uomo, complicando le traiettorie sentimentali, nell’incontro finale sulla spiaggia tra le due ragazze ignude, birichine e poeticamente danzanti. Avrebbe voluto, terrorizzando i produttori, inserire, oltre a raffinati effetti speciali fatti da Lucas, l’impaurito Christopher Buchholz (figlio di Horst, eroe dei Magnifici 7) tra le disinibite Regina Nemni, nei panni di una moglie che non accetta di essere banale e Luisa Ranieri, famosa per lo spot in cui ha caldo e poi freddo. L’attore è ancora preoccupato del rischio corso: «Ci dovevano essere scene più spinte, Antonioni voleva filmare il mio membro in erezione». Le due ragazze sono invece grate e contente: non si sarebbero spogliate per altri, ma per lui sì. Certo, ci voleva un regista quasi novantaduenne (li compie il 29 settembre) per fare un po’ di sesso: «Il film è come far l’amore con Michelangelo – dice la moglie: è elegante, discreto, senza nulla di torbido. Ma da quando ha girato Eros è ancora cambiato, ora gode di una grande libertà di esprimersi, specie con la pittura: dipinge 6 ore al giorno». Il maestro ha infatti ancora nelle immagini un segno prepotente che lascia nella storia, interiorizzandola come per incanto: nel film tutto quello che tocca è sensuale, le auto, i volti, i paesaggi. Precisa il poeta e sceneggiatore Tonino Guerra contraddicendo il suo spot del «come si fa a non essere ottimisti»: «In questi tempi brutti mi piace il devoto, tenero omaggio di Antonioni alla natura». Se l’oggetto sensuale di Antonioni (intestata a lui anche la canzone dell’amico di famiglia Caetano Veloso) è il piede della Ranieri, assaggiato dito per dito dal ghiotto Buchholz, altrettanto indimenticabile è la mano dall’unghia laccata di rosso di Gong Li, che si insinua peccaminosa tra pieghe dei pantaloni del giovane sarto nel magnifico e finalmente torbido, episodio di Wong Kar Wai che riconosce in Antonioni la fonte della sua ispirazione. Che, assente, manda a dire: «Abbiamo lavorato con l’incubo della Sars, a Hong Kong, anche a oltranza per 48 ore di seguito, ogni giorno pulendoci le mani e mettendo le maschere, senza contatti tra noi: è proprio tutto ciò che mi ha ispirato un film sul tatto». Che tatto, Gong Li. Anche l’attore, Chang Chen, arrossisce e ammette: «Prima del film la mia visione del sesso era molto ristretta, ero depresso: ora è cambiato tutto». Steven Soderbergh, autore di Ocean’s Eleven e anche del Twelve, il sequel, ha firmato l’episodio centrale freudiano alla Woody Allen, datato al 1955, perché ogni generazione crede di essersi inventata un sesso nuovo: «La proposta era allettante, firmare accanto ad Antonioni un onore, l’ordine degli episodi l’ abbiamo stabilito con Michelangelo a casa sua, ma il problema era cosa scegliere in un tema così vasto. Ho voluto il sogno perché solo qui l’ attività erotica è onirica e libera, non puoi controllarla».
Maurizio Porro, Il Corriere della Sera, 11/9/2004

Critica (2):È rimasto fuori concorso in questo strano cartellone della 61a Mostra di Venezia forse perché a rischio Leone d’oro, anzi leoni d’oro, tre. A Wong Kar Wai, Steven Soderbergh e Michelangelo Antonioni, autori del trittico Eros. Tre episodi incandescenti, modulati su diversi toni dell’erotismo in una composizione di unico splendore emozionale. L’opera, prodotta dalla Fandango di Domenico Procacci, nasce come antologia dedicata ad Antonioni, maestro dell’indicibile amoroso, ed è il silenzio, la sospensione, l’impalpabile attesa a ispirare il regista di In the Mood for Love, nel primo episodio, La mano. Magnifiche animazioni pulsanti di Lorenzo Mattotti, accompagnate dalla voce di Caetano Veloso, fanno da siparietti e introducono alla lezione degli amanti. La mano di Won Kar Wai è una sinfonia di sete e di abiti su misura, tagliati sul corpo della cortigiana Miss Hua (Gong Li) oggetto del desiderio di un apprendista sarto Chang (Chang Chen). Le trasparenze da ali di farfalle, i geroglifici ricamati, il fruscio del tessuto vestono la dama, e anche il cuore del sarto, testimone involontario degli amplessi della sua cliente. Siamo nell’atmosfera rarefatta di pioggia e di ombre caro al regista di Hong Kong. Miss Hua cade in disgrazia e Chang la segue nel suo alberghetto squallido, dopo i fasti del suo vecchio amante. Lei ha già frugato nell’intimità timida del sarto con le sue mani laccate, una sera alla consegna dell’abito intarsiato di perle, e ora non lo lascia più. Centimetro per centimetro il corpo della signora di tutti è misurato dalle dita del solo uomo in grado di conoscere la forma del suo desiderio. E così s’intrecciano i fili dorati della triste storia di Miss Hua e del sarto Chang, che raccoglierà l’ultimo soffio di vita della sua musa, malata e sola. E quando gli chiederanno di cucire l’abito di un’altra cliente, Chang rimane immobile, eclissato nei ricordi di un unico modello che trascina in «the mood for love», nel motivo dell’amore. Stacco. Bianco e nero, surrealtà corrosiva di Steven Soderbergh, che mette in scena uno psicanalista e il suo paziente. Due attori geni, Robert Downey jr, l’uomo dal sogno ricorrente, e Alan Arkin, lo strizzacervelli più erotomane del cliente. Equilibrium è un duetto irresistibile fatto a colpi di immaginazione. L’episodio si apre con le immagini oniriche di una donna nuda che si fa il bagno, e poi sensualmente si veste di blu in una stanza blu. Uno specchietto incastonato nella borsetta riflette il volto dell’uomo steso sul lettino dello psicanalista. Lui racconta la visione che lo tormenta e l’altro, di spalle, scruta fuori dalla finestra con un cannocchiale. Ombre diagonali attraversano l’inquadratura, fitto reticolato espressionista per un «noir» indistricabile. Chi spia il medico? E perché adesso lancia aeroplanini di carta al di là del vetro? I fantasmi di due donne s’intrecciano nella stanza semibuia e poi volano via come le frecce d’amore giù dall’edificio, volteggiano e se vanno. Soderbergh osserva i riflessi dell’erotismo negli occhi del corpo desiderante, l’oggetto della passione resta fuori, in memoria del suo Sesso, bugie e videotapes. Il filo pericoloso delle cose chiude il film nel paesaggio aperto di Michelangelo Antonioni, colline e orizzonti toscani, ondulati contorni di una donna virtuale. Forse è un’avventura mentale quella che conduce un uomo, in vacanza con una moglie imperiosa, vestita solo di un velo che le mostra il seno, senza riguardi per l’opera di scavo dell’occhio maschile, all’incontro con una ragazza esuberante. Lei sembra parte dei prati e degli alberi, è lussureggiante, distillata dalla terra. Ed è scoperta totalmente, nuda. Non seduce con la malizia, ma balla sul lungo mare, corpo senza consapevolezza di sé. L’eros qui è messo a soqquadro, preso d’assalto, vinto dallo sguardo di Antonioni più esperto di Cupido. Ed è il piacere massimo del cinema vittorioso che impone alle due donne di incontrarsi, una specchio dell’altro, doppio di carne che capovolge la normalità dei sessi, e grida il suo trionfo.
Mariuccia Ciotta, il manifesto, 11/9/2004

Critica (3):

Critica (4):
Steven Soderbergh
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