Piacere (Il) - Palisir (Le)
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Regia: | Ophüls Max |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Jacques Natanson, Max Ophuls, dai racconti «Le Masque», «La Maison Tellier», «Le Modèle» di Guy de Maupassant; fotografia: Christian Matras (episodi La masque, La Maison Tellier), Philippe Agostini (episodio Le modèle); montaggio: Léonide Azar; musica: Joe Hajos, Maurice Yvain (temi di Offenbach e canzone di Béranger); suono: Jean Rieul, Pierre Calvet; scenografia: Jean d'Eaubonne, Jacques Guth; costumi: Georges Annenkov.; interpreti: «Le Masque» / Claude Dauphin (il dottore), Janine Viénot (l'amica del dottore), Jean Galland (Ambroise, «la maschera»), Gaby Morlay (la moglie di Ambroise), Paul Azais (il direttore del Palais de la Danse); «La Maison Tellier» / Madeleine Renaud (M.me Tellier), Danielle Darrieux (Rose), Ginette Leclerc (Flora), Paulette Dubost (Fernande), Mila Parély (Raffaelle), Mathilde Casadeus (Luise), Amédée (il cameriere del caffé), Jean Gabin (Joseph Rivet), Hélèna Manson (Marie Rivet), Joèlle Jany (Constance Rivet), Antoine Balpétré (M. Poulin, il vecchio sindaco), Marcel Pérez (M. Duvet, l'armatore), Louis Seigner (M. Tourneveau, il salatore di pesci), Robert Lombard (M. Philippe, il figlio del banchiere), Henri Crémieux (M. Pimpesse, l'esattore), Jean Meyer (M. Dupuis, l'agente delle assicurazioni); «Le Modèle» / Daniel Gélin (Jean), Simone Simon (Joséphine), Michel Vadet (il giornalista sulla spiaggia), Jean Servais (il cronista); produzione: François Harispuru, Ben Barkay per Stéra-Film Ccfc; distribuzione: Lab 80, riediz 2017; origine: Francia, 1952; durata: 95'. |
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Trama: | Il piacere viene raccontato in tre forme diverse, attraverso tre racconti: il primo racconta il piacere e la giovinezza; il secondo, il piacere e la purezza; il terzo, il piacere e la morte.
"La modella" - Un giovane pittore si innamora di una modella, che ricambia il suo sentimento. I due vivono a lungo uniti finché l'uomo si stanca e per sottrarsi alle effusioni della donna, fugge. Dopo lunghe ricerche, la donna innamorata scopre il suo rifugio e minaccia d'uccidersi. Il pittore la deride e la ragazza si getta dalla finestra. Essa non muore ma resta zoppa. Il pittore la sposa e le rimane sempre vicino con assoluta dedizione.
"Casa Tellier" - Madame Tellier dirige una casa da tè, dove la sera vanno uomini, sia scapoli che ammogliati, appartenenti alla media borghesia. Un giorno Madame Tellier si reca in campagna con le sue sei ragazze per assistere a una prima comunione. In chiesa le ragazze si commuovono mentre in città i loro frequentatori abituali si preoccupano vedendo che la casa è chiusa. Accolgono poi con giubilo le allegre donnine al loro rientro in città.
"La maschera" - Mentre alla 'Maison de danse' si balla, uno dei ballerini viene colto da malore. Il medico che l'accompagna a casa scopre che il ballerino è un vecchio, sul cui volto è applicata una maschera giovanile. In gioventù è stato l'idolo delle donne: quando si è accorto di non essere più giovane s'è servito della maschera per conservare un fascino illusorio. |
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Critica (1): | Da una lettera di Max Ophuls a Jean-Jacques Gautier (in G. Annenkov, Max Ophüls, pp. 55-56)
«Ne La masque e ne Le modèle si spiega perché quei racconti mi avevano preso, mi tormentavano, mi perseguitavano, ed è probabilmente per questo che la macchina da presa si fermava così raramente. Viceversa, ne La maison Tellier, l’obiettivo va in vacanza con le ragazze: i paesaggi, la chiesa, gli incontri e le avventure sfilano davanti ai loro occhi. Questa successione di movimenti di macchina sono stati concepiti in modo tale che gli attori si trovino spesso vicino all’obiettivo. Ma lo spettatore se ne rende conto di meno perché i primi piani non sono piani d’inserto. D’altronde non sono disposto ad ammettere che il primo piano sia sempre obbligatorio. Per me era molto importante mostrare, il più spesso possibile, le cinque ragazze “in famiglia” “come un mazzo di fiori” (Maupassant). Perciò non le ho colte ad una ad una, riprendendole separatamente. Credo, del resto, che spesso un attore si esprima meglio con tutto il suo corpo: Jean Gabin riesce ad affascinarci ad un chilometro di distanza.
(...) Non mi ero proposto di costruire delle scene, ma di illustrare quei racconti. Maupassant non ha lasciato molto spazio ai dialoghi. Per questo motivo ho usato spesso il commento dato che non volevo perdere la bellezza testuale delle descrizioni e l’immagine da sola mi sembrava insufficiente. Ho voluto così creare un effetto doppio.
(…) Ho ripreso i paesaggi così come erano… mi sembrava di sottolineare la tristezza che circonda le ragazze collocandole in un paesaggio lieto e luminoso che appartiene loro solo per 24 ore; poi le ho mostrate, con una monotonia voluta, come all’inizio dell’episodio, nascoste dietro tende e persiane, prigioniere della loro sorte (…)».
dal pressbook della rassegna, a cura di Lab80 |
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Critica (2): | (…) Tra tutti i film di Ophüls, Il piacere è forse quello che, tra tutti, provoca un delirio sensoriale pressoché completo. L'olfatto e il gusto sembrano essere continuamente presenti; in Il piacere sembrano incrociarsi infatti una moltitudine di odori, da quelli della campagna in cui si trovano le "dame di piacere" in La Maison Tellier a quello vago di morte in Le Masque. Il gusto invece si affaccia appena nella degustazione dei cibi, sia nella scena del banchetto di La Maison Tellier sia in Le Modèle dove i due protagonisti mangiano sardine sognando il salmone. Vaghe schegge di cinema culinario si affacciano nell'opera di Ophüls in cui si avverte sempre la presenza di Renoir (la campagna en plein-air di stampo impressionista in La Maison Tellier conserva le tracce compo- sitive di Partie de campagne e accenni di una `"cultura del cibo" sembrano derivare da La regola del gioco).
La vista viene immediatamente attivata sin dall'incipit, in cui le parole di Guy de Maupassant precedono l'entrata, in Le Masque, nel brulicante Palais de la Danse. Senso in tensione costante e sin da subito stimolato da Ophüls che procede quasi "vedendo al buio", così come Maupassant (che nel film ha la voce di Jean Servais), come avverte egli stesso all'inizio, "parla al buio". L'oscurità con cui si aprono i primi due episodi – con accesi contrasti chiaroscurali che si differenziano dai contorni sfumati e dalle tonalità meno accese e tendenti al grigio del terzo (non a caso il direttore della fotografia dei primi due episodi è Christian Matras e quello del terzo è Philippe Agostini) – e la velocità con cui si muove la cinepresa di Ophüls richiedono in chi guarda uno sforzo maggiore. Uno sguardo spesso costretto a riconoscere i propri personaggi (soprattutto nell'episodio La Maison Tellier in cui Ophüls apporta impercettibili varianti nella costruzione fisica delle dame di piacere rispetto alla meticolosa descrizione di Guy de Maupassant) e a separare questi da décor volutamente ingombranti e da una maniacale attenzione per i dettagli, che all'interno del quadro visivo pongono l'oggetto in posizione affatto subordinata rispetto ai protagonisti (come il reggicalze che le "signore" si provano durante il loro viaggio in treno in La Maison Tellier o la maschera di Ambroise in Le Masque).
L'udito diviene senso che attiva il corpo (la frenetica musica che trascina Ambroise al centro della sala da ballo), oppure elemento in grado di risvegliare emozioni improvvise e vecchi ricordi (1'«Ave Verum» di Mozart che coinvolge prima Rose, poi le altre dame del gruppo, poi ancora, come una dionisiaca epidemia, tutti i partecipanti alla funzione religiosa in La Maison Tellier), o ancora fastidiosa e monocorde onomatopea che svela impietosamente il capolinea sentimentale tra Jean e Joséphine in Le Modèle in cui il disgusto subentra a una passione intensa ma anche rapida ad esaurirsi; è infatti il tono della voce (petulante quello di Joséphine, menefreghista quello di Jean) e non il contenuto dei loro discorsi il fattore irritante.
Il piacere è anche esempio di "cinema tattile", così fisicamente caldo nelle sue propagazioni affettive (Rose che abbraccia Constance nel letto la sera prima della cerimonia della comunione in La Maison Tellier), così estremo nell'evidenziare tracce di discreto ma evidente erotismo (Jean in Le Modèle che descrive la grazia dei movimenti di Joséphine) in cui, anche nel gesto più impercettibile – come avviene nei corpi del cinema di Renoir – si avverte un contatto, un tocco epidermico leggero ma comunque costante. (…)
Il piacere si muove lungo gli assi di un'irrequietezza che nel tempo diventa inesorabilmente perenne, appare come un'opera che muore più volte e si rigenera continuamente, vero organo pulsante che nel tempo acquista sempre più spessore per un barocchismo sublime nella sua modernità che rende così vivo e attuale il proprio "decadentismo" (da cui Visconti ha appreso solo in parte la lezione) e così struggente il proprio romanticismo. Truffaut stesso ha dichiarato come il film fu, all'epoca della sua uscita, vittima di un clamoroso equivoco critico. Fu infatti stroncato e ignorato da gran parte della critica francese. Si disse addirittura che Ophüls fu presuntuoso a portare sullo schermo Guy de Maupassant perché è come se «Freud parlasse di La Fontaine». Nei «Cahiers du Cinéma» il film non ebbe neanche l'onore di una recensione e lo stesso giudizio di André Bazin fu negativo. «Il piacere — afferma ancora Truffaut — è stato, al pari di Casco d'oro, vittima della più grave ingiustizia da parte della critica (francese) nei confronti di un film (francese) e sono convinto che oggi Bazin si ricrederebbe sul suo giudizio di allora, così come ha fatto per il film di Becker» (Francois Truffaut, Lola al rogo, «Cahiers du Cinéma» n. 55, gennaio 1956).
Simone Emiliani, Cineforum n. 378, 10/1998 |
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