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Bella e perduta


Regia:Marcello Pietro

Cast e credits:
Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Pietro Marcello; fotografia: Pietro Marcello, Salvatore Landi, musiche: Marco Messina, Sasha Ricci; montaggio: Sara Fgaier; interpreti: Tommaso Cestrone, Sergio Vitolo, Gesuino Pittalis (Pulcinella), Elio Germano (voce di Sarchiapone); produzione: Sara Fgaier, Pietro Marcello per Avventurosa con Rai Cinema, in associazione con Mario Gallotti, in collaborazione con Fondazione Cineteca di Bologna eIstituto Luce-Cinecittà; distribuzione: Istituto Luce-Cinecittà; origine: Italia, 2015; durata: 86’.

Trama:Dalle viscere del Vesuvio, Pulcinella, servo sciocco, viene inviato nella Campania dei giorni nostri per esaudire le ultime volontà di Tommaso, un semplice pastore: mettere in salvo un giovane bufalo di nome Sarchiapone. Nella Reggia di Carditello, residenza borbonica abbandonata a se stessa nel cuore della terra dei fuochi, delle cui spoglie Tommaso si prendeva cura, Pulcinella trova il bufalotto e lo porta con sé verso nord. I due servi, uomo e animale, intraprendono un lungo viaggio in un'Italia bella e perduta, alla fine del quale non ci sarà quel che speravano di trovare.

Critica (1):Paladini delle sceneggiature dove tutto è scritto e spiegato, difensori a oltranza della linearità narrativa, orfani del cinema di genere e dei suoi rigidi steccati, prego astenersi. Il film di Pietro Marcello non fa per voi. Ma tutti gli altri non perdano l'occasione di un cinema capace di rompere i pigri confini tra documentario e finzione, tra concretezza e fantasia, dove le cose reali si capiscono con la poesia e la fiaba prende vita dalla cronaca. (...) un viaggio per l'Italia che sembra farsi un punto d'onore nel confondere le differenze tra documentario e finzione. Difficile infatti trovare un termine adatto a raccontare la storia (...). Realtà e fiaba, sogni e condizionamenti: il film di Marcello salta continuamente da un registro all'altro, guidato più dagli accadimenti delle riprese che da una sceneggiatura conchiusa. (...) In un viaggio che sembra senza itinerario e senza meta, Bella e perduta (che naturalmente si riferisce all'Italia) supera d'un balzo i condizionamenti che ci portiamo dietro a proposito di cinema, di storia o di politica e ci spinge a usare la poesia per spiegare il mondo reale e le favole per amare la vita.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 17/11/2015

Critica (2):Un pastore che non si arrende, un documentarista che crede alle fiabe, un Pulcinella venuto dall'aldilà. E un piccolo bufalo che parla, pensa e osserva il disgraziato paese in cui gli è toccato nascere. (...) uno dei film più intensi e sorprendenti dell'anno, Bella e perduta (...). Metà mito, metà documentario, tutto metafora. Ma anche manifesto di un cinema che a sua volta non si arrende e cerca le forme, il respiro di un racconto che tocchi il cuore delle cose. Fondendo, se serve, linguaggi lontani come l'inchiesta e la fiaba. (...) una fiaba arcaica e molto pasoliniana, che procede a zig-zag tra mito e realtà illuminando l'una con l'altro. (...) Anna Maria Ortese (...) nel film recita, splendidamente, “I pastori” di D'Annunzio. (...) Tra echi di ogni genere, da Bresson (Au hasard Balthazar) alla Ortese, evocata come ambientalista ante litteram da Il mare non bagna Napoli. Perché Bella e perduta incarna con poetica precisione anche una nuova sensibilità oggi molto diffusa. Ma non dimentica il punto di partenza.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 13/11/2015

Critica (3):(...) La consistenza e la qualità del film orgogliosamente anti-narrativo e ostile alla produzione mainstream, nonché incalzato dalla raffica di accostamenti sparatagli addosso dalla critica (Pasolini, Bresson, Bene, e chi più ne ha...) sono ad alto rischio di predisposizioni e gusti. La metafora portante del Pulcinella (...) ha richiesto uno stile temerario, in bilico tra l'ascetismo sperimentale e il compiacimento poetico-autoriale (...), il riferimento nazional-popolare (...) e il sussidio etnografico (...). Gli autori sovrappongono, così, una lettura politica sommaria (lo sfacelo della Terra di Lavoro e il giogo della camorra sarebbero colpa dell'industrializzazione degli ultimi cinquant'anni) a un'altra ben più efficace mitico-simbolica, in cui Pulcinella perde l'immortalità quando si toglie la maschera, recuperando un'amara quanto necessaria consapevolezza.
Valerio Caprara, Il Mattino, 19/11/2015

Critica (4):
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