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Fantasma del palcoscenico (Il) - Phantom of the Paradise


Regia:De Palma Brian

Cast e credits:
Soggetto
: Brian De Palma, basato sul testo di Gaston Leroux; sceneggiatura: Brian De Palma; fotografia: Larry Pizer, George Aliceson Tipton; musiche: Paul Williams; montaggio: Paul Hirsch; scenografia: Jack Fisk; costumi: Rosanna Norton; effetti: Greg Auer; interpreti: Paul Williams (Swan),William Finley (Winslow Leach), Jessica Harper (Phoenix), George Memmoli (Arnold Philbin), Gerrit Graham (Beef), Archie Hahn (musicista), Harold Oblong (musicista), Jeffrey Commanor (musicista), Herb Pacheco (il killer); produzione: Pressman-Williams (Harbor Productions Inc.);distribuzione: Cineteca dell'Aquila; origine: Usa, 1974; durata: 92'.

Trama:Musical, horror-thriller, libero adattamento di temi provenienti da "Il fantasma dell'Opera", "Il Gobbo di Notre Dame", "Il ritratto di Dorian Gray" e da "Faust". Al cantautore Winslow Leach viene sottratta, “rubata” una cantata dal satanico produttore discografico Swan che, non pago, lo farà accusare di spaccio di droga e gettare in galera. Leach riuscirà a fuggire e recarsi allo stabilimento musicale del malvagio dove tenterà piùttosto maldestramente di distruggere l’intero magazzino; purtroppo oltre a fallire rimarrà sfigurato e menomato finendo in una pressa per vinili...

Critica (1):La pellicola di De Palma è un remake moderno della celebre storia de Il fantasma dell'Opera portata sugli schermi più volte nel passato. Il regista, amante ed esperto conoscitore del genere orrorifico, consapevole dell'enorme ricchezza di risvolti sociali e linguistici presenti in tal genere, opera sulla storia originale un doppio innesto. Si tratta del mito del Faust, cioè del patto con il demonio che acquista, con un contratto di sangue, l'anima del suo protetto offrendogli in cambio d'esaudire tutti i suoi desideri (denaro, prestigio personale, donne, affetti e soprattutto la giovinezza), e del mito di Dorian Gray mediato dal primo (alla sorte di un'immagine è legata la sopravvivenza dei protagonisti).
Siamo agli inizi degli anni '70 e queste tre storie devono assumere per forza di cose uno spessore storico attuale pena lo scadimento estetico e, cosa più importante, l'insterilimento contenutistico. Un'atmosfera orrorifica classica, come è quella ad esempio de Il fantasma dell'Opera di Lon Chaney senior (semi-gotica, barocca e non), è improponibile nell'America della guerra del Vietnam. Il terrore, per essere tale, deve rivolgersi all'usuale; cosa meglio dell'allegro, in realtà falso e triste mondo del rock può esibire l'orrore reale insito nel quotidiano musicale alienato degli States? In alcune sequenze ci sembra di scorgere la predizione della degenerazione decadente del rock in Europa con la nascita della corrente punk inglese: ci riferiamo al complesso degli Undead che, mentre canta Somebody super like you, falcidia teste ed arti di pupazzi seminascosti fra il pubblico.
Il regista comprende dunque che l'orrore per attecchire, nella nuova società americana, può essere solo di tipo diretto; le mediazioni simboliche e allegoriche - già flebili nel passato - non servono più. (...) Il fantasma dell'Opera diventa così il musicista d'atmosfera defraudato economicamente (gli negano i diritti d'autore e lo fanno arrestare) e artisticamente (stravolgono i suoi pezzi trasformandoli, a secondo dei casi, in musiche da variety semi-pop, in hard-rock o in musica da pub simile a certi pezzi di Alan Price) dal potere economico-politico: anche la fabbrica, all'interno del carcere, è proprietà di Swan.
(...)Il fantasma del Paradiso è anche e soprattutto l'artista impotente, la Bestia incapace di comprendere la bellezza inquietante della Bella, la cantante Phoenix (possibile simulacro dell'industria culturale). L'impossibilità della Bestia di cogliere la bellezza di una donna è la stessa che avverte l'artista nella tensione creativa alla ricerca della cosiddetta arte pura e perfetta. Questa visione auratica potrà realizzarsi solo a contatto di una bellezza angelica che trasmette la propria immagine di purezza all'opera rendendola universale, eterna, assoluta. (...)
Il film è innanzitutto una critica al mondo del rock con tutti i suoi falsi miti, la sua violenza, in definitiva al modo inumano e alienato di far spettacolo degli stessi mass-media. Si pensi alla gustosa figura del cantante gay, parodia dei famosi cantanti rock omosessuali veri o presunti che in quel periodo imperversavano sui palcoscenici americani (David Bowie, Gary Glitter, ecc.).
E ancora: la critica alla legge della mercificazione-prostituzione della donna, aspirante pop-star, alla quale nemmeno Phoenix con la sua apparente, o meglio ambigua, ingenuità infantile si sottrae. Le ragazze che si accingono ad effettuare il provino ostentano vestiti scollacciati e atteggiamenti lascivi. Il marchio di fabbrica, il lasciapassare, per poter partecipare ai provini, è uno stupro surreale di un uomo dalle grosse dimensioni. La critica qui non è semplicemente moralista, si rivolge anche al falso mito dell'equazione verginità fisica=castità morale, patrimonio della donna prima ancora che dell'uomo. Phoenix infatti nega lo stupro, dopo averlo subito, con la sua aria stralunata: dimostra (ipocriticamente) di non sapere a cosa andava incontro entrando nel mondo dello spettacolo. (...)
De Palma enuncia lo statuto dello status-quo del potere. Il cinema dunque non è altro che l'arte della finzione (per eccellenza); tanto più falso e funzionale al potere quanto più è realista dal punto di vista dell'estetica. Il pubblico reso incosciente (tramite, paradossalmente, il realismo dello spettacolo-verità) dagli stregoni moderni dell'arte del rock, plaude alla morte del suo divo omosessuale "tostato" dal vivo, osannandolo per il miglior concerto mai eseguito e scortando, emblematicamente, la sua bara. Lo stesso pubblico, poco dopo, in modo acritico e ambiguo, mostrerà il proprio consenso a Phoenix che canterà un brano del fantasma in versione originale (non rock). In seguito, sempre lo stesso pubblico, applaudirà all'attentato-spettacolo di Swan, portandolo letteralmente in trionfo, nell'orgia del "teatro-bordello" del Paradiso.
Antonio Fabozzi, Il Cinema della paura, Liguori Editore, 1982

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Brian De Palma
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