Laissez-passer - Laissez-passer
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Regia: | Tavernier Bertrand |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Bertrand Tavernier, Jean Cosmos; fotografia: Alain Choquart; montaggio: Sophie Brunet; musiche: Antoine Duhamel; interpreti: Jacques Gamblin (Jean Devaivre), Denis Podalydès (Jean Aurenche), Charlotte Kady (Suzanne Raymond), Marie Desgranges (Simone Devaivre), Ged Marlon (Jean-Paul Le Chanois), Philippe Morier-Genoud (Maurice Tourneur), Laurent Schilling (Spaak), Maria Pitarresi (Regina Sorignal), Christian Berkel (Dottor Greven), Richard Sammel (Richard Pottier), Liliane Rovere (Memaine), Didier Sauvegrain (Thirard), Olivier Brun (Jacques Dubuis), Olivier Gourmet (Roger Richebe'), Marie Gillain (Olga), Christophe Odent (Pierre Bost), Pierre Lacan (Louis Devaivre), Jean-Yves Roan (Rene' Flechard), Bruno Raffaelli (Glinglin), Serge Riaboukine (Louis Nee), Gotz Burger (Bauermeister), Philippe Said (Pierre Nord), Thierry Gibault (Paul Maillebeau); produzione: Les Films Alain Sarde, Little Bear, France3 Cinema, France2 Cinema, Kc Medien Ag; distribuzione: 01 Distribution; origine: Francia, 2001; durata: 170'. |
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Trama: | Parigi, marzo 1942. Gli occupanti tedeschi vogliono che la Francia risarcisca con una cifra colossale, 4OO milioni di franchi al giorno, lo sforzo bellico sostenuto dalla Germania. La Continental Film, una casa di produzione controllata dalla Germania e fondata a Parigi nel 1940 da Albert Greven, è in una situazione simile a quella della Francia. Jean Devaivre è un aiuto regista che sceglie di lavorare alla Continental, perché è la miglior copertura possibile al suo impegno nella Resistenza. E’ un uomo d’azione, precipitoso, impulsivo e coraggioso. Jean Aurenche è uno sceneggiatore e un poeta e fa tutto il possibile per evitare di lavorare per i Tedeschi. È attento, insaziabile, curioso e preso da tre amanti. Soprattutto è un osservatore, la sua resistenza passa attraverso la scrittura. |
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Critica (1): | Preceduto dalle tiepide recensioni dei giornali francesi, addirittura accusato di revisionismo da qualche idiota, Laissez-Passer è il tipico film al quale si perdonano anche i difetti. In quasi tre ore di racconto, infatti, il regista Bertrand Tavernier cerca di condensare biografie, aneddoti, volti, sofferenze e compromessi degli uomini e delle donne che vissero a Parigi i difficili anni dell'occupazione nazista. Al centro dell'attenzione la Continental, casa di produzione cinematografica gestita da Alfred Greven su incarico di Goebbels. Lo sceneggiatore Jean Aurenche (che Truffaut e i giovani turchi, qualche anno dopo, inseriranno tra le "canaglie" del vecchio cinema da abbattere) fa di tutto per non essere fagocitato dal sistema paratedesco, mentre l'aiuto regista Jean-Devaivre si fa assumere ma poi lavora segretamente per la Resistenza. Due personalità, due modi diversi di sopravvivere a una situazione a dir poco allucinante: chi si dissociava apertamente, come l'attore Harry Baur, finiva torturato dalla Gestapo, nel migliore dei casi in galera. Laissez-Passer non vuole essere un declamato pamphlet storico ma. un affresco corale che trova nel cinema (come linguaggio) la sua forza. Tavernier mescola dramma e commedia e ci rende partecipi dell'avventura di chi lottava (e lotta) per il bene supremo. La vita, e nient'altro.
Mauro Gervasini, Film TV 1/10/2002 |
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Critica (2): | Spesso i film di Bertrand Tavernier hanno testimoniato una passione per la storia nazionale. Con Laissez-passer il regista ci racconta un capitolo della storia del cinema francese che il cinema, finora, aveva praticamente ignorato. A Parigi, nel 1942, i film sono realizzati sotto l'etichetta della Continental, casa di produzione allestita dai tedeschi e diretta dal dottor Greven. Al centro del racconto spiccano due "caratteri" diversi e complementari. L'uno è lo sceneggiatore Jean Aurenche (che poi scriverà film per lo stesso Tavernier), sottaniere impenitente ma anche uomo di solidi principi, il quale rifiuta di cedere la propria penna agli occupanti. L'altro, il vero protagonista, è l'aiuto-regista e scenografo Jean Devaivre, che invece si piegò al collaborazionismo ma in realtà era entrato per calcolo alla Continental, contando di mascherare meglio la propria attività nella Resistenza. Intorno ai due gravita un centinaio di ruoli minori, sapientemente orchestrati: Tavernier non ha perduto la capacità di mettere in scena milieu fitti di personaggi dando, con l'aiuto di piccoli tocchi d'osservazione precisi ed efficaci, a ciascuno il suo. Via via, lo spettatore si rende conto che sotto la Continental non furono prodotti soltanto film di propaganda o di pura evasione, ma anche opere ambigue e corrosive, alcune delle quali fecero arrabbiare Goebbels. La sceneggiatura è basata su fatti reali; i nomi dei personaggi principali e di quelli di contorno (Jean-Paul Le Chanois, Maurice Tourneur, Charles Spaak, André Cayatte, Claude Autant-Lara, il grande attore Michel Simon, che si vede solo di spalle) si possono trovare nei dizionari di cinema. Però Laissez-passer è soprattutto un film-romanzo: perché, come recita una battuta, "c'è chi fabbrica pane e chi fabbrica storie" e Tavernier sa bene qual è il proprio compito. Nell'entusiasmo per il tema, magari, si è preso qualche libertà romanzando i fatti, aggiungendovi un'intonazione lirica qui (la lunga, bella sequenza del viaggio in bicicletta di Jean), una situazione umoristica là (l'incontro farsesco tra il protagonista e i servizi segreti inglesi). E ha centrato l'obiettivo, perché il risultato è uno spettacolo rivolto al pubblico più vasto, che può benissimo goderselo anche se le referenze citate sopra non gli dicono nulla.
Roberto Nepoti , la Repubblica 29/9/2002 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Bertrand Tavernier |
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