Bubble - Bubble
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Regia: | Soderbergh Steven |
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Cast e credits: |
Soggetto: Coleman Hough; sceneggiatura: Coleman Hough; fotografia: Peter Andrews; musiche: Robert Pollard; montaggio: Mary Ann Bernard; interpreti: Debbie Doebereiner (Martha), Dustin James Ashley (Kyle), Misty Dawn Wilkins (Rose), Decker Moody (ispettore di polizia), Kyle Smith (Jake), Omar Cowan (papà di Martha), Laurie Lee (madre di Kyle), David Hubbard (pastore), Steve Deem (proprietario negozio di pegni), A. Paul Brooks Jr. (dottore), Daniel R. Christian (supervisore in fabbrica), Scott Smeeks (Agente Smeeks), Jeffrey R. Morris (Agente Morris), Adam C. Anderson (Agente Anderson), Amanda Massey (cameriera), Joyce Brookhart (nipote di Martha), Dawn Hall (manicure), Katherine Beaumier (parrucchiera), Leonora K. Hornbeck (proprietaria negozio), Thomas R. Davis (Agente Davis), Madison Wilkins (Jesse); produzione: Gregory Jacobs e Steven Soderbergh per Section Eight Ltd., Hdnet Films, 2929 Productions, Magnolia Pictures; distribuzione: Mediafilm; origine: Usa, 2005; durata: 73'. |
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Trama: | In un piccolo paese dell'Ohio quasi tutti gli abitanti sono occupati in una fabbrica di bambole. La quarantenne Martha e il giovane Kyle lavorano lì da vari anni e, nella solitudine totalizzante della provincia degradata, tra i due nasce una relazione meccanica, quasi anaffettiva. Il loro rapporto un giorno, però, viene sconvolto dall'arrivo di una nuova operaia, Rose, una ragazza madre che nessuno conosce. Martha inizia sin da subito a sospettare di lei perché nota delle piccole ambiguità, e quando capisce che tra la nuova arrivata e Kyle sta nascendo una relazione, rimane sconvolta. I tre tentano di stabilire tra loro un nuovo equilibrio, tollerandosi senza ferirsi, finché un giorno, inevitabilmente, la tragedia arriva a devastare le loro vite. |
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Critica (1): | Si è parlato tanto di questo Bubble negli Stati Uniti. Sono stati versati i tradizionali fiumi d'inchiostro, sia analogico sia digitale. Eppure sono in pochi ad averlo visto o a sapere davvero di cosa tratti. Le parole sono state spese quasi esclusivamente per commentare e discutere la sua rivoluzionaria strategia di distribuzione: contemporaneamente in sala, in dvd e sulla tv via cavo, il film, di per sé, è invece passato in secondo piano.
È un peccato, perché il lato sperimentale e low-budget di Steven Soderbergh ha colpito ancora. Abbandonate per qualche settimana le star e le ricchezze dei vari Ocean's Eleven, Ocean's Twelve, Ocean's Thirteen, eccetera eccetera, il 43enne regista di Atlanta si è avventurato nell'oscura provincia dell'Ohio, ha messo sotto contratto una manciata di attori non professionisti e con loro e su di loro ha costruito una storia minimale dal fascino agghiacciante.
Non succede molto, in Bubble. Ci sono tre personaggi principali - una donna, una ragazza e un ragazzo - che lavorano in una piccola e artigianale fabbrica di bambole. Sognano di avere più soldi, ma sono consapevoli che non li avranno mai. Si arrabattano in doppi lavori. Mangiano cibo da fast food. Dialogano stancamente del nulla. Finché avviene un omicidio. Il poliziotto locale indaga e risolve rapidamente il caso. Qualcosa cambia. Ma la vita riprende, trascinandosi lentamente come può accadere solo in una cittadina grigia e depressa dell'Ohio.
Difficile che questa breve sinossi vi abbia fatto venire voglia di correre a vedere il film. È primavera, diamine, perché bisogna rinchiudersi in sala e sciropparsi una storia così triste e grigia? Forse perché nell'apatia del racconto c'è qualcosa di magico e ipnotico. Nella recitazione aprofessionale dei protagonisti, qualcosa di stranamente seducente. Nella fotografia della vita ordinaria di un paesino qualunque e del suo tranquillo scivolare in un crimine, qualcosa di terribilmente reale.
Luca Castelli, Il Mucchio Selvaggio, 5/2006 |
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Critica (2): | Immaginiamo una squallida cittadina statunitense, un luogo di quelli dove l'indice di povertà è sicuramente superiore alla media e dove il sogno americano si è infranto prima ancora di nascere, perché lì davvero non c'è speranza di futuro; e immaginiamo che in questa desolata cornice avvenga un delitto. È quello che succede in Bubble, film fuori concorso di Steven Soderbergh, in cui è il pianto disperato e ininterrotto di una bambina di due anni, la figlioletta della vittima, a richiamare all'alba l'attenzione dei vicini e quindi della polizia. In un normale thriller questa scena figurerebbe nei primi trenta minuti della storia e solo seguendo le indagini del commissario di turno verremmo a scoprire poco a poco la tela dei fatti, la personalità della giovane donna morta strangolata e dei possibili colpevoli. Ma Soderbergh, pur conoscendo bene (come attestano le sue pellicole di successo, da Erin Brockovich con Julia Roberts a Ocean's Eleven e Ocean's Twelve con George Clooney e Brad Pitt) le leggi dello spettacolo, in Bubble ha preso un'altra strada: ciò che gli interessava era raccontare con approccio quasi da documentarista il contesto umano e sociale che sta dietro a certi fattacci.
Qui abbiamo la grassa Martha, operaia in una fabbrica di bambole che quando è a casa assiste devotamente il vecchio padre. Il suo unico amico è il collega Kyle, un introverso giovanotto che vive ancora con la mamma. Ogni mattina Martha, che possiede un'auto, passa a prendere Kyle e la piccola routine di andare e tornare insieme dal lavoro le allieta una quotidianità altrimenti dura e penosa. Finché in fabbrica non arriva Rose, un ambiguo tipetto genere "gatta morta" che provocando diffidenza in Martha e attrazione in Kyle sconvolge gli equilibri.
Produttore sagace (in società con George Clooney ha fondato la compagnia Section Eight che, tanto per dire, ha realizzato anche Good Night, and Good Luck), eccellente direttore di fotografia e sceneggiatore oltre che regista, Soderbergh non cessa di stupirci. Finora i suoi film "antihollywoodiani" erano ispirati a una ricerca di tipo formale. Mentre con Bubble, girato in Ohio avvalendosi per il cast di gente del luogo, ha preferito registrare una triste realtà senza interferire in alcun modo per abbellirne la desolante superficie, ma attento a coglierne i palpiti segreti. Cosicché la visione di quest' opera poveristica e austera, che pure non pretende di imbastire un discorso psicologico né di essere assolutoria, ci aiuta a capire quello che nelle pagine della cronaca spesso ci appare inspiegabile.
Alessandra Levatesi, La Stampa |
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