Stagioni di Louise (Le) - Louise en hiver
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Regia: | Laguionie Jean-François |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Jean-François Laguionie; musiche: Pierre Kellner, Pascal Le Pennec; musiche: Orchestre Symphonique de Bretagne; montaggio: Kara Blake; scenografia: Jean-François Laguionie; produzione: Jpl Films, Unité Centrale, in co-produzione con Tchack-Arte France Cinéma; distribuzione: I Wonder Pictures; origine: Francia-Canada, 2016; durata: 75'. |
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Trama: | Alla fine dell'estate, l'ultimo treno della stagione parte dalla località balneare di Biligen, lasciando dietro di sé Louise, una tenera vecchina. La città è ormai deserta e Louise si trova completamente sola, fatta eccezione per un cane parlante. In un contesto che si fa sempre più surreale, Louise torna a rivivere la sua infanzia e i momenti più significativi della sua vita, rileggendoli con occhi nuovi. |
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Critica (1): | L'ultima donna sulla Terra è una nonna: Louise. Mentre si prepara per lasciare la località marittima, fittizia, di Billigen Sur Mer, la nostra delicata settantenne perde il treno che dovrebbe ricondurla in città. Eccola allora diventare una sopravvissuta e come in un film fantascientifico, o post apocalittico, aggirarsi tutta sola per un luogo prima popolato da francesi in vacanza e adesso così deserto da risultare lugubre. Come mai nessuno viene a prenderla? Non c'è nemmeno un parente in città colpito dal mancato ritorno della signora?
L'alta marea la blocca inizialmente a Billigen. Poi è lei stessa a perdere la cognizione del tempo, lasciandosi andare ai ricordi di gioventù e cominciando ad esplorare, prima in perfetta solitudine poi in compagnia di un simpatico cane, viuzze, alberghi, centri commerciali da depredare (qui viene in mente l'onnipotenza consumistica dell'horror Zombi di Romero) e casinò ormai senza nessuna posta in palio.
Sempre di più il tempo di un presente privo di compagnia lascia spazio a flashback emblematici dell'infanzia, quando Louise faceva un macabro gioco con il cadavere di un paracadutista morto o imparava ad adattarsi alla vita di campagna presso la nonna burbera in attesa che la madre le presentasse il nuovo papà sostitutivo (il genitore naturale era morto in Guerra o aveva divorziato?). (...)
Laguionie, classe 1939, è un maestro del cartone animato francese disegnato a mano (bellissimi questi colori tenui e dannatamente malinconici) grazie a titoli prestigiosi come La tela animata (2011) o il suo capolavoro La traversata dell'Atlantico a remi (1978). (...)
Il suo ultimo lungometraggio, della durata di poco più di un'ora, comincia come paradossale e bizzarro (quel treno che arriva dal nulla sembra il convoglio magico a pelo d'acqua de La città incantata di Miyazaki) per poi concludersi dalle parti del dramma personale più cupo e angoscioso. Certamente viene voglia di sapere molto di più su questa intrigante misantropa francese indifferente a tutto ma abbastanza vezzosa da abbinare le scarpe gialle con un elegante cappello di paglia. Scelta migliore non si poteva fare per quanto riguarda la doppiatrice della protagonista (in originale c'è Dominique Frot), i cui pensieri diventano una costante, e mai banale, voce narrante. Piera Degli Esposti è perfetta come Louise: allusiva, spiritosa e incredibilmente enigmatica.
Francesco Alò, Il Messaggero, 24/12/2016 |
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Critica (2): | Capita che ci si possa innamorare di un film. E un momento di felicità visiva che non avevo mai sperimentato in maniera così profonda e sincera con il cinema d'animazione. Ma Le stagioni di Louise, da giovedì nelle sale, è un'esperienza tanto sublime e poetica da lasciare incantati, a dimostrazione che i "cartoni" sono nati adulti per gli adulti e poi relegati, per modelli omologanti, alla fruizione dei più piccoli, così come è accaduto per molti romanzi considerati con supponenza quali libri per ragazzi. Questo capolavoro assoluto di Jean-François Laguionie, francese, 77 anni, prestigioso credito internazionale ma sconosciuto al pubblico italiano, è rivolto ad una platea (non inferiore all'adolescenza) che sappia cogliere un miracolo di espressività in tonalità acquerello. Settantacinque minuti di avventura intima e nel silenzio del paesaggio regolato dal flusso di coscienza tratto dal diario della protagonista, una vispa vecchina che in vacanza balneare a Bilingen perde l'ultimo treno per tornare in città. L'estate è finita e trascolora nell'autunno mentre sulla cittadina completamente vuota si abbattono una tempesta e l'alta marea. Louise ha due primavere in meno del suo autore ma non si perde d'animo dopo l'iniziale scoramento. Si costruisce una capanna sulla spiaggia, coltiva l'orto, sopravvive come un naufrago su un'isola deserta, accetta la doccia all'aperto davanti al casinò sbarrato, si accompagna a Pepe, cane parlante e suo laconico Venerdì, in passeggiate da esploratrice di scogliere e di anfratti. Mentre il calendario corre verso la nuova buona stagione, lei regolerà i conti con il proprio passato, quando da piccina era stata affidata alla nonna, tra sogni e incubi, nel memento del primo amore e nei dialoghi, quasi fossero versi degli "appesi" di Franoçis Villon, con lo scheletro di un paracadutista inglese, il cui cadavere aveva osservato da bambina, in campagna durante la seconda guerra mondiale, oscillare dal ramo di un albero. Quando torneranno i turisti, Louise si è riappropriata della propria vita di cui aveva dimenticato troppo. Ora è cambiata e riconciliata con sé stessa. E con Pepe potrà proseguire le sue serene camminate dove e quando vuole, indifferente alla frenesia degli altri così come lo erano gli uccelli quando la nonnina era l'unica presenza umana in relazione con animali ed elementi. Accettare la solitudine e trasformarla da limitazione in strumento conoscitivo, riflettere sull'idea della morte ma senza arrendersi all'inevitabile che verrà, da perfetta Robinson Crusoe padrona del tempo e dello spazio. Avvolta nell'edizione italiana dalla voce limpida, tranquilla e senza scosse di una Piera Degli Esposti in simbiosi eccellente con l'eroina dal simpatico nasone, Le stagioni di Louise coniuga il disegno a mano con il movimento dettato dal computer in una dimensione di totale adesione, in cui è la tecnologia a rispettare l'alto profilo dello stile e della grafica "vecchia maniera" nelle volute di un realismo magico e toccante, attraversato da cirri della pittura impressionista e con l'effetto di un dipinto che acquista una sua mobilità, sottile e delicata, soprattutto al centro del fotogramma mentre gli sfondi sono di una magistrale verità creativa nella loro essenzialità di tratto. Il mare, le dune, le case, la sabbia, i gabbiani diventano l'esorcismo alla melanconia e alla tristezza della solinga vecchiaia. La memoria, le ombre, la leggerezza dell'eternità, il profumo dell'erba e del grano raccolto, l'esaltazione di un bacio, che provengono da quando Louise era fanciulla, si assemblano al presente e al desiderio di riprendere in mano il proprio destino, di non autoescludersi, di non cedere al magone e al rimpianto di ciò che fu e non sarà mai più.
Il poemetto ad immagini di Jean-François Laguionie è una tela vivente e pulsante, un racconto morale dove, forse, bisogna finalmente comprendere che l'attesa di qualcosa di indefinito non è altro che un addio salutare all'assurdità di una normalità da letargo per la vita così com'è. Sorpredente come questo gioiello d'animazione da offrire agli occhi come regalo di Natale. Con i fiocchetti della genialità.
Natlino Bruzzone, Il Secolo XIX, 19/12/2016 |
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