Sorgo rosso - Hong gaoliang
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Regia: | Yimou Zhang |
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Cast e credits: |
Soggetto: dai racconti Hong Gaoliang e Gaoliang Jiu di Mo Yan; sceneggiatura: Chen Jianyu, Zhu Wei, Mo Yan; fotografia: Gu Changwei; musica: Zhao Jiping; montaggio: Du Yuan; scenografia: Yang Gang; costumi: Liu Jianzhong; suono: Gu Changning; interpreti: Gong Li (Jiu Er "mia nonna"), Jiang Wen (Yu Zhanao "mio nonno"), Teng Rujiun (Liu Luohan, il vecchio servitore), Liu Ji (Douguan "mio padre"); Qian Ming (padre di Jiu Er), Ji Chunhua (il bandito Sanpao), Zhai Chunhua (Hu Er), Yang Qianwu, Xu Guoging, Yao Erga, Li Yusheng, Dong Kun, Wang Hongguang, Hu Xiaoguang, Du Guoguang, Chen Zhigang, Nie Laijing; produzione: Wu Tianming, per Xi'an Film Studio; distribuzione: ACADEMY; durata: 92'; origine: Cina, anno 1987. |
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Trama: | Anni venti. La giovane Novefiori é promessa sposa del vecchio e lebbroso padron Li, proprietario di una distilleria di grappa di sorgo. Ma un portatore possiede la ragazza tra la spighe, uccide il suo sposo, e si proclama il vero marito della fanciulla. Novefiori conduce l'azienda con bontà e giustizia. L'invasione dei giapponesi mette in pericolo l'esistenza della comunità. Nella lotta per difendere il campo di sorgo, la ragazza muore. |
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Critica (1): | Mentre distillano la rossa grappa di sorgo, gli operai cantano che chi beve non si inchina davanti all'imperatore. Ed anche che il prezioso vino vivifica lo yin e lo yang, ossia, rispettivamente il principio femminile (la Terra) e quello maschile (il Cielo), dal cui incontro-scontro si determina la realtà universale. Nella scena finale, sul corpo senza vita di Novefiori il marito e il figlioletto intonano un canto funebre mentre si produce un'eclisse solare e tutto diventa rosso, lo spazio circostante e il campo di sorgo, cielo e terra, yin e yang.
Novefiori, dicono le parole del canto, ora cammina in cielo; suo marito è impietrito accanto a lei, completamente ricoperto di terra, dopo aver fatto saltare un carro armato giapponese. A quest'epilogo si oppone la scelta di compare Lo Wan, il capoperaio della distilleria che si allontana dall'azienda, riappare sulla collina dopo molti anni, quindi combatte i giapponesi tra le file comuniste finendo torturato e scannato dagli invasori. La sua morte e quella di Novefiori risultano complementari. Lo Wan è il principio maschile: è il cielo quando appare in alto sulla collina, è portatore di fecondità poichè abbandona la distilleria non appena la grappa è così buona che non potrà esserlo di più (e ne deposita un otre davanti alla porta di Novefiori la sua prima notte di nozze), è il seme della Rivoluzione nel suo impegno politico e nel suo sacrificio. Novefiori è il principio femminile: è la Terra sin dalla sua prima esperienza d'amore in mezzo alle spighe del campo di sorgo. è custode di fecondità in quanto effettivamente madre votata al sacrificio (quando viene colpita dai fucili nemici, la grappa di sorgo che trasporta si riversa al suolo), è ancora madre quando dirige con vigore la produzione della grappa che "si fa il nono giorno del nono mese". Ma la visione deve essere dialettica: Lo Wan si fa squartare e il suo sangue è bevuto dalla Terra, lo yin femminile, mentre Novefiori, dopo morta, come canta il figlioletto, va in Cielo, lo yang maschile. La voce narrante è quella del nipote di Novefiori, che conclude: "Quando tornai in visita al mio villaggio, il ponte del Crocevia era in piedi, ma il campo di sorgo non c'era più". L' eclissi, congiunzione di sole e luna, nel momento in cui la madre Novefiori si unisce al Cielo e suo marito la piange coperto di Terra, segna la sintesi dialettica che spinge verso il futuro: tutto diventa rosso, infatti, Cielo e Terra, Uomo e Donna, yin e yang. Il rosso, naturalmente, del domani. Il campo di sorgo sparisce per la necessità dialettica che governa il Cosmo, rivelandosi una tappa fondamentale in vista della libertà. L'azione si sviluppa con sobria ritualità: il nipote di Novefiori racconta in voce - off la vicenda proiettandola in un passato molto più lontano, e mitico, rispetto al suo reale svolgimento; spesso si inseriscono songs e danze, secondo l'uso del teatro cinese; i luoghi deputati agli avvenimenti sono solo due, la distilleria e il campo. Ma il vero attore è il paesaggio: le aspre rocce in mezzo alle quali si trova la distilleria, le spighe di sorgo continuamente battute dal vento, i viottoli che serpeggiano, si ramificano, si biforcano, si ricongiungono. Allo spettatore occidentale occorre un pizzico di buona volontà per entrare nello spirito della messa in scena, forse qualche lettura. E possibilissimo, comunque, abbandonarsi alle emozioni che si susseguono: ma sarebbe un'occasione persa di guardare alla Cina con qualche strumento critico in più. E non è male che il cinema, qualche volta, stimoli il nostro desiderio di imparare, anche scolasticamente. Il premio a Berlino si spiega anche con la predilezione, squisitamente tedesca, di un'arte sorprendentemente didascalica.
Flavio De Bernardinis, Segno Cinema n. 39, settembre 1989 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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