Uccellacci e uccellini
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Regia: | Pasolini Pier Paolo |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini; fotografia: Tonino Delli Colli; montaggio: Nino Baragli; musica: Ennio Morricone. I versi nei titoli di testa, cantati da Domenico Modugno, sono di Pier Paolo Pasolini; la canzone “Carmé Carmé” è scritta e cantata da Totò. Interpreti:Totò (Innocenti Totò / Frate Ciccillo), Ninetto Davoli (Innocenti Ninetto/ Frate Ninetto), Femi Benussi (Luna, la prostituta), Francesco Leonetti (la voce del corvo), Gabriele Baldini (il dantista / dentista), Riccardo Redi (l’ingegnere), Lena Lin Solaro (Urganda), Rossana di Rocco (un’amica di Ninetto); produzione: Arco Film; origine: Italia, 1966; durata: 86’.
Restaurato in 4K nel 2020 da Cineteca di Bologna in collaborazione con Compass Film e Istituto Luce-Cinecittà presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata, con il sostegno del Ministero della cultura. Grading supervisionato da Luca Bigazzi |
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Trama: | l viaggio picaresco di un padre e un figlio (la splendida, inattesa coppia Totò-Ninetto Davoli), accompagnati da un corvo parlante, lungo le strade dell'Italia del boom economico e della Nuova Preistoria. Incontrano artisti girovaghi bidonisti, ingegneri padronali, miseri contadini, fiorenti prostitute e dantisti dentisti. Pasolini concepisce il film come una favola sulla crisi dell’ideologia, in cui all’interno di un racconto ambientato nel cuore degli anni Sessanta se ne incastona un altro, sulla predicazione francescana ai falchi e ai passerotti, che si svolge nel Medioevo. Dopo Mamma Roma, Uccellacci e uccellini conferma la trasformazione del sottoproletariato romano che si sta avviando a diventare piccolo-borghese (Totò Innocenti, il padre protagonista, ha una piccola proprietà e infierisce contro una famiglia di contadini suoi debitori). Di questo processo, che ormai sta diventando inarrestabile, fa le spese un intellettuale, che, come nelle favole, ha sembianze di corvo e finisce per essere mangiato dai due sottoproletari suoi compagni di viaggio. A parte alcune sequenze di La ricotta, è la prima volta che Pasolini affronta il registro di un umorismo lunare: sceglie quindi come protagonista un grande attore napoletano, Totò, che forma una coppia felicemente inattesa con Ninetto Davoli, al suo esordio e destinato a diventare l’emblema stesso della vitalità giovanile e popolare nel cinema del poeta-regista. |
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Critica (1): | È il mio film che continuo ad amare di più: prima di tutto per la ragione prima, perché, come ho già detto quando è uscito, è “il più povero e il più puro”; poi perché è il mio unico film che non ha ‘deluso le attese’, anche se si trattava delle ‘attese’ di una minoranza (l’opera d’arte deve sempre deludere le attese: ma nel caso di Uccellacci e uccellini ho con gioia sperimentato l’eccezione a questa regola); infine perché ho amato moltissimo i due attori protagonisti del film, Totò, dolce statua di cera, e Ninetto, attore per forza.
(Pier Paolo Pasolini, 1973) |
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Critica (2): | " (...) Uccellacci e uccellini è una favola e come tale è ricca di metafore e magia, a cominciare da un corvo parlante, un’atmosfera misteriosa avvolge la trama lungo la quale si susseguono una serie di prove a cui sono sottoposti i protagonisti, altro elemento essenziale delle fiabe, gli eroi del racconto, spiega Pasolini, “non sembrano però ottenere nessun privilegio: né regni né principesse. Non resta loro, dopo quelle prove, che affrontare altre prove. Nessuna vera e propria favola era mai finita così! (…) la mia è una favola picaresca: le esperienze “a livello della strada” di due poveri diavoli. Ma il picarismo è esso stesso ideologia. Invece la mia favola ha la sua ideologia altrove che nel picarismo (…) La favola che finisce come non deve finire, il picarismo che non dice quello che deve dire: ecco due motivi di delusione. Ma: Bisogna deludere. Saltare sempre sulle braci come martiri arrostiti e ridicoli…Questo dicevo in una mia poesia chiamata per l’appunto Progetto di opere future”.
Con Uccellacci e uccellini l’equilibrio e la sintonia tra i due attori, perfetti nei loro ruoli imperfetti per definizione, raggiunge l’apice espressivo, questi “due personaggi, tipici eroi neorealisti, umili, noiosi e inconsapevoli, vivono la vita senza pensarci”, un’esistenza semplice e innocente immersa in un ambiente desolato abitato da ruderi antichi e moderni, strutture periferiche in costruzione e pievi diroccate di un arcaico medioevo, luoghi senza tempo a prima vista abbandonati.
La solitudine paesaggistica in cui vagabondano Ninetto e Totò provoca un senso di spaesamento nello spettatore, lo smarrimento dei protagonisti nella finzione riflette quello ideologico del regista che apre il film con una significativa dichiarazione di Mao, per la precisione il succo di un’intervista rilasciata a un giornalista americano: «Dove va l’umanità? Bo!».
È un corvo filosofo a farsi carico dei quesiti e delle riflessioni di Pasolini sulla crisi del marxismo, “poeticamente quello anteriore alla morte di Togliatti, patita e vista da un marxista, dall’interno; niente affatto però disposto a credere che il marxismo sia finito (dice il buon corvo: “Non piango sulla fine delle mie idee, ché certamente verrà qualcun altro a prendere la mia bandiera e a portarla avanti! Piango su di me…”)”.
Sono le bandiere dei funerali di Togliatti a dispiegarsi davanti allo sguardo perplesso di Ninetto e Totò, morte simbolica delle ideologie che il corvo ha provato a condividere con loro, attenti e incuriositi ascoltatori del loquace pennuto, distante dal laconico simile di Allan Poe.
I due protagonisti vivono al di fuori della Storia, diffidenti verso le idee politiche del corvo petulante (che contrastano con canti spensierati sulle note di Carmè, Carmè) finiscono inevitabilmente per mangiarselo, il martirio del volatile arrostito e la conseguente digestione doveva metaforicamente portare secondo Pasolini “all’assimilazione di quanto di buono – di quel minimo di utile – che egli poteva, durante il suo mandato, aver dato all’umanità (Totò e Ninetto)”. (Un film di Pier Paolo Pasolini, Uccellacci e uccellini, 1966)
Questa risulta essere in breve la struttura del film, che come una fiaba, spiega il regista, non deve essere pienamente capita ed è lo stesso Totò a non afferrarne il messaggio pur rispettandone le scelte: “Se io debbo raccontare il film in ordine, da cima a fondo, non lo posso dire. Inoltre, quello che lui mi dice io faccio. Ho una gran fiducia nella sua cultura, nella sua preparazione. (…) Sono state scene faticose, molto faticose, camminare nel fango, nella melma, nelle sabbie mobili. Pasolini cerca a volte i posti più impensati, e del resto ha ragione lui perché poi i risultati sono molto belli, non sono comuni”.
Cecilia Cristiani (cinefiliaritrovata.it) - Cineteca di Bologna |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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