Heimat 3 - Cronaca di una svolta epocale - Heimat 3 - Chronik einer Zeitenwende
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Regia: | Reitz Edgar |
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Cast e credits: |
Soggetto: Robert Busch, Salome Kammer, Petra Kiener; sceneggiatura: Edgar Reitz, Thomas Brussig; fotografia: Thomas Mauch, Christian Reitz; musiche: Nikos Mamangakis, Michael Riessler; montaggio: Susanne Hartmann, Helga Beyer, Friederike Treitz; scenografia: Michael Fechner, Franz Bauer, Irmhild Gumm; costumi: Rosemarie Hettmann, Anja Richter, Evelyn Straulino; interpreti: Henry Arnold (Hermann Simon), Salome Kammer (Clarissa Lichtblau), Michael Kausch (Ernst), Matthias Kniesbeck (Anton), Jutta Altmeyer (Gisela, figlia di Anton), Jorg Altmeyer (Hans Gall, genero di Anton), Edith Behleit (Sig.ra Lichtblau, madre di Clarissa), Jeff Caster (Sig. Kol-ding), Karl-August Dahl (Bell), Peter Gotz (Reinhold Loewe), Larissa Iwlewa (Galina), Bjorn Klein (Arnold, figlio di Clarissa), Markus Klingels Helmut Grossbauer, Bertold Korner (Rudi Scherer), Andreas Kulzer (Dieter), Birgit Nitze (Marlies Welt), Constance Wetzel (Mara Simon), Nicola Schossler (Lulu Simon), Uwe Steimle (Gunnar), Tom Quaas (Udo), Peter Schnei-der (Tillmann), Caspar Arnhold (Roland), Antje Brauner (Jana), Karen Hempel (Petra), Karlheinz Kaiser (Horst), Manfred Kuhn (Toni Bast, Sindaco di Schab-bacher), Ingo Lang (Lothar Welt), Chri-stian Leonard (Hartmut), Victor Nemt-schenko (Jury), Julia Prochnow (Moni), Christel Schafer (Lenchen), Heiko Senst (Tobi); produzione: Robert Busch per Edgar Reitz Film (Erf), Swr, Ard, Arri Cine Technik-Munich; distribuzione: Mikado; origine: Germania, 2004; durata: 680’. |
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Trama: | La storia comincia il 9 novembre 1989. La sera in cui il Muro cade, due musicisti, il direttore Hermann Simon e la cantante Clarissa Lichtblau, ex amanti, si incontrano in un albergo di Berlino Ovest. Contagiati dall’euforia dei tedeschi, partono per lo Hunsrück. Attratti da una romantica casa in legno che dà sulla valle del Reno, decidono che d’ora in poi sarà il centro delle loro inquiete vite. La famiglia di Hermann, giovani operai dell’ex Germania dell’Est e amici, nei mesi successivi alla caduta del comunismo, scoprono un mondo di nuove opportunità e cercano di realizzare i loro piani. Ci sono anche dei tedeschi russi appena arrivati in cerca di una vita migliore in occidente. La casa diventa il crocevia delle storie. Da qui i giovani iniziano la loro vita e qui tutti ritornano per salutare il nuovo millennio. |
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Critica (1): | Giusto vent’anni fa veniva proiettata a venezia un’opera-monstre di 15 ore, 40 minuti e 10 secondi dal titolo un po’ criptico e difficilmente traducibile in italiano, Heimat, espressione con cui in tedesco si indica la “piccola patria”, il luogo delle proprie radici. Sulla carta pochissimi erano disposti a scommettere sul nome di Edgar Reitz, firmatario sì con Alexander Kluge dello storico Manifesto di Oberhausen del 1962, ma di cui in Italia si ricordava a malapena il film di debutto L’insaziabile, vincitore di un Leone d’argento nel lontano 1967. Tuttavia malgrado l’iniziale scetticismo, le appassionanti undici puntate del serial dove, tramite una miriade di personaggi, è raccontata la Storia tedesca dal 1919 al 1982 sbirciata dall’ottica provinciale di Schabbach, un immaginario villaggio dell’Hunsrtick, una piccola regione non lontana dalla Francia, conobbero uno straordinario successo e consacrarono internazionalmente la fama di Reitz. Capolavoro “ermafrodito” frutto del non facile matrimonio tra Autore, film e serialità televisiva, Heimat, anche al di là degli indubbi meriti estetici, arrivava a sancire, ben prima dell’Unificazione, l’ormai acquisita coscienza dei tedeschi sulla propria identità nazionale, la fine di un lungo dopoguerra. Insomma, era il film giusto al momento giusto, anche perché – e lo si vedrà di lì a poco – ha rappresentato il definitivo canto del cigno del “Nuovo Cinema Tedesco” che, privo del suo “condottiero” Fassbinder, avrebbe presto dato forfait. Otto anni dopo e sempre alla Mostra di Venezia, il “maratoneta” Reitz rilancia la posta, presentando nel 1992 una seconda serie della sua epica saga. Questa volta Heimat 2 – Cronaca di una giovinezza (in 13 episodi della durata di circa 25 ore e mezzo) mette nel crogiolo della narrazione un personaggio-guida (il musicista Hermann Simon), un periodo storico preciso (gli anni 60) e uno spazio definito (la Monaco bohémien) già sfiorati nel precedente ciclo, ma con un più esplicito atteggiamento “pedagogico” da “romanzo di formazione” goethiano. Più che un sequel è piuttosto un fermo-immagine, lievemente autobiografico e un po’ nostalgico, forse nel complesso meno riuscito del precedente capolavoro, ma che comunque si consegna alla storia del cinema come un invidiabile ritratto generazionale di grande respiro balzachiano. Questi dunque i precedenti ma come si dice, non c’è due senza tre, e Reitz sulla scia del successo planetario di Heimat 2 si è subito buttato a corpo morto nell’impresa di concludere quella che era nella sua testa una sorta di trilogia “infinita”. Ci sono voluti nove faticosi anni alla ricerca dei finanziamenti – il che la dice lunga sulla “generosità” della televisione nei confronti dei progetti autoriali – e due di riprese per arrivare ad Heimat 3 – Chronik einer Zeitenwende (“cronaca di un cambiamento epocale”) che vedrà la sua prima mondiale (e come sarebbe potuto essere altrimenti!) tra qualche giorno al Festival di Venezia. Rispetto al passato la “stazza” del terzo ciclo è leggermente ridotta (“soltanto” sei puntate per complessive 12 ore scarse di proiezione), non però lo stile che come al solito alterna b&n e colore, né tanto meno le ambizioni del grande disegno narrativo dato che Reitz ci racconta, ritornando nella natale regione dell’Hunsrtick (o meglio ai suoi confini), la recente storia della Riunificazione della Germania, i dieci anni che vanno dalla “svolta” del 1989 sino all’alba del terzo millennio, quando nell’ultima (e definitiva) puntata della saga, la trentesima complessiva, ci si congeda da Schabbach e dai suoi personaggi. Per far ciò il regista ha ripescato dal secondo ciclo le figure centrali dei musicisti Hermann e Clarissa mentre dal primo alcuni personaggi come Ernst e Anton, i fratellastri del protagonista, e un uso intensivo dei dialetti. Mischiando al solito dramma e commedia, eventi epocali (la caduta del Muro di Berlino, la vittoria ai campionati di calcio del 1990) e tante piccole storie soprattutto di emigranti dall’ex Germania dell’Est, il film continua ad avere come elemento portante la musica ma ci avverte il regista «il mio ideale narrativo è l’intreccio di molte forze in contemporanea». Non stentiamo a crederlo mentre Heimat rischia di diventare uno degli eventi più alti della prima Mostra di Venezia 2004.
Giovanni Spagnoletti, Film Tv n.36, 2004 |
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Critica (2): | Heimat 3 di Edgar Reitz, uno degli eventi di questa Mostra. Si sono già viste, l’altro ieri, le due prime parti, oggi si vedrà l’ultima. Il titolo generale, che si rifà a tutti i capitoli in cui il film si suddivise, è Cronaca di un cambiamento epocale e difatti le date cui questa impresa numero 3 fa riferimento vanno dall’89, con la caduta del Muro di Berlino e l’unificazione delle due Germanie, fino al ’99, per poter permettere a tutti i suoi protagonisti di salutare il nuovo millennio. Questi protagonisti, soprattutto Hermann, il musicista, e Clarissa, la cantante, li abbiamo già incontrati nelle prime due parti, viste entrambe a delle mostre veneziane. Oggi, dopo esser stati amanti, sono di nuovo insieme e si sono edificati una bella casa nell’immaginaria cittadina rurale di Schabbach sul Reno che fa quasi sempre da cornice all’intera saga collocata non a caso in quella regione dell’Hunsrück che una volta era ai confini tra la Repubblica Federale Tedesca e quella cosiddetta Democratica.
Attorno a Hermann e Clarissa altra gente, altre vite (parenti, amici, anche estranei), mentre le date si susseguono e nelle due parti, viste qui finora, prima, appunto, si assiste alla caduta del Muro (il titolo, per dire la gioia della riunificazione, dichiara addirittura che i tedeschi sono ormai «Il popolo più felice del mondo», poi, un anno dopo, quasi a suggello di questa felicità, si celebra la vittoria della Germania nella finale dei Mondiali di calcio. Quindi fra il ’92 e il ’93, con un titolo ripreso da un altro film, «Arrivano i russi», si racconta il ritorno a casa di migliaia di tedeschi che, dissolta l’Urss, hanno potuto finalmente uscire dalle sue frontiere fino a quel momento sbarrate. Per arrivare a un ’95 in cui, pur con alti e bassi, molti personaggi troveranno il loro posto nella vita e, soprattutto Hermann e Clarissa, risolveranno, sia pure a fatica, i loro problemi anche sentimentali. In attesa di vedere oggi quello che accadrà ai loro eredi nel ’97 e nel ’99.
Un grande romanzo storico, in cui però la storia è vista attraverso l’ottica della gente comune, mentre il piccolo villaggio inventato di Shabbach tende a proporsi come tutta la Germania, al momento, appunto, del suo «cambiamento epocale». Se ne è affascinati: per la varietà e i molteplici colori del testo di Thomas Brussing, per gli splendori della regia di Edgar Reitz, giustamente definito da qualcuno «un Omero dei nostri giorni», ma senza guerre. A febbraio, grazie alla Mikado, la saga uscirà, con tutti i suoi sei capitoli, una settimana dopo l’altra, anche nelle nostre sale, a cura di Carlo di Carlo. Avrà, ne sono certo, il successo che si merita.
Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 4/9/2004 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Edgar Reitz |
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