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Iron Ladies (The) - Satree lek


Regia:Thongkonthun Youngyooth

Cast e credits:
Sceneggiatura: Youngyooth Thongkonthun, Jira Maligool, Visuthichai Boonyakarinjana; fotografia: Jira Maligool; musiche: Amornbhong Methakunavudh; montaggio: Sunij Asavinikul; scenografia: Narucha Vijitvarit; costumi: Ekasith Meeprasertsakul; interpreti: Jesdaporn Pholdee (Chai), Chaicharn Nimpulsawasdi (Jung), Giorgio Maiocchi (Nong), Kokkorn Benjathikoon (Pia), Sahaphap Tor (Mon), Ekachai Buranapanit (Wit), Shiriohana Hongsopon (Bee), Phomsit Sitthijamroenkhun (Aprile), Sutthipong Sitthijamroenkhun (Maggio), Anucha Chatkaew (Giugno); produzione: Tai Entertainment; distribuzione: Sharada; origine: Tailandia, 2000; durata: 104’.

Trama:La vera storia di una squadra maschile tailandese di pallavolo, formata principalmente da gay, travestiti e transessuali, che si trova a gareggiare per la finale del campionato nazionale del 1996. Mon, giocatore di grande talento, è costantemente escluso dalle selezioni di varie squadre a causa della sua omosessualità. Anche Jung, il suo miglior amico, ha sperimentato l’umiliazione di non superare le selezioni solo perchè gay, ma in compenso è più ottimista. Le cose per loro cambiano quando viene assunta l’allenatrice Bee per mettere insieme una squadra vincente. Bee include Jung e Mon nella selezione che dovrà partecipare al campionato, ma gli altri giocatori si ribellano. Decisa a perseguire il suo obiettivo, Bee chiede a Mon di trovare tra i suoi amici dei validi giocatori. Passano la selezione Nong, un sergente militare gay, Pia, la star transessuale di uno show di cabaret, Chat, il fidanzato di Pia, e Wit, la cui famiglia non sa che è gay.

Critica (1):La storia di partenza è vera, la Satree-Lex, una squadra thai maschile di pallavolo fortissima e adorata da pubblico, che pur vincendo nel 1996 il campionato nazionale viene tenuta fuori da quello internazionale. Il motivo? I suoi giocatori sono quasi tutti gay o travestiti, curano il look come gli allenamenti, non arriverebbero mai in campo senza rossetto e trucco perfetti, adorano essere star. E qui siamo già in The Iron Ladies – in Italia arrivato due anni fa grazie allo sguardo sveglio del festival a tematiche omosessuali di Torino. Dirige Yongyooth Thongkonthun, originario della provincia di Lampang, la stessa della squadra, che però nonostante due anni di ricerche e incontri con i giocatori non ha mai pensato di raccontare le vere vite dei protagonisti. «Non volevo che The Iron Ladies fosse l’ennesimo film un po’ stupido sui katoey» come vengono definiti in Thailandia i travestiti. E infatti The Iron Ladies è soprattutto cinema. Narrato e girato con passione, umorismo, leggerezza anche nei momenti più aspri, nelle ambiguità, nelle contraddizioni molto reali. Protagonisti sono Moi e Jung, giocatori magnifici e gay. Per questo ogni volta che si presentano alle selezioni vengono respinti. Finché il governatore della regione non incarica un allenatore di formare una squadra vincente. A sottolineare il «distacco» dal reale, quasi tutti gli attori – tranne Gogkorn Benjathikul, che interpreta Pia, artista transessuale del Cabaret Show – sono etero, anche se poi non è il «confronto» fiction/verità il punto più importante. Yongyoot è cresciuto nelle generazioni che hanno cominciato a girare dopo i successi internazionali di altri cineasti thai come Pen-ek Ratanaruang (Last Life in Universe) o l’ormai celebratissimo (in occidente) Apichatpong (Tropical Malady). Ma l’immaginario thai non è solo questo e tantomeno il set di The Beach, ricordato nei giorni dello tsunami. Anzi. La produzione thai è articolata e complessa, sforna anche documentari spesso censurati in patria che parlano di sfruttamenti sessuali, prostiuzione etero o gay, quel viaggio esotico oggi globa-lizzato che è sempre stato specchio o contrappunto dei colonialismi. E dietro i toni da musical quasi soap, The Iron Ladies ci racconta anche questo. Ci dice di discriminazioni ma anche della possibilità di vincerle. Senza dogmatismi, piuttosto con una tecnica di gioco di imprevedibile perfezione.
Cristina Piccino, il manifesto, 4/2/2005

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Youngyooth Thongkonthun
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