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Viva Zapata! - Viva Zapata!


Regia:Kazan Elia

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: John Steinbeck; fotografia: Joe MacDonald; musiche: Alex North; montaggio: Barbara McLean; scenografia: Lyle R. Wheeler, Leland Fuller; arredamento: Claude E. Carpenter, Thomas Little; costumi: Travilla; effetti: Fred Sersen; interpreti: Marlon Brando (Emiliano Zapata), Jean Peters (Josefa Espejo), Anthony Quinn (Eufemio Zapata), Joseph Wiseman (Fernando Aguirre), Arnold Moss (Don Nacio), Alan Reed (Pancho Villa), Harold Gordon (Don Francisco Madero), Lou Gilbert (Pablo), Frank Silvera (Victoriano Huerta), Florenz Ames (Signor Espejo), Richard Garrick (il vecchio generale), Fay Roope (Presidente Porfirio Diaz), Mildred Dunnock (Signora Espejo); produzione: Darryl F. Zanuck Per 20th Century Fox; distribuzione: Fox - Dvd: 20th Century Fox; origine: Usa, 1952; durata: 110’.

Trama:Nel Messico, dominato da un dittatore, il generale Porfirio Diaz, grandi ingiustizie vengono commesse a danno dei poveri contadini o peo'nes. Una commissione di peo'nes viene ricevuta da Diaz: di questa fa parte Emiliano Zapata, che prende animosamente la parola per chiedere l'intervento del Presidente a favore dei peo'nes. Questo gesto coraggioso lo rende sospetto ed egli è obbligato a nascondersi per sfuggire alla persecuzione della polizia. Non potendo sopportare la prepotenza e l'ingiustizia, Zapata finisce col mettersi a capo di un gruppo di peo'nes, dei quali è divenuto l'idolo, ed unitosi a Pancho Villa, conduce la lotta contro gli oppressori. Egli prende contatto con un fuoruscito, Francisco Madero: avendo sconfitto e costretto alla fuga il generale Diaz, Madero viene acclamato Presidente. Zapata viene nominato generale e puo' sposare l'amata Josefa; ma la pace non è tornata nel Messico, sempre dilaniato dalle lotte intestine. Madero, uomo debole ed incapace d'imporre la sua volontà ai prepotenti, viene spodestato ed ucciso. Zapata, acclamato Presidente, ritorna, dopo un breve periodo, al suo paese, dove cadrà vittima di un'imboscata. Ma per la moltitudine dei peones egli non è morto: rifugiatosi sui monti, Zapata ritornerà ancora a propugnare i diritti del suo popolo.

Critica (1):È un film girato tutto in esterni. Basato sulla biografia di un personaggio storico, tende a riprodurre le contraddizioni di un movimento e di un'ideologia rivoluzionaria. In piú, è caratterizzato da una narrativa ampia, solenne. Ma l'esperienza di Un tram che si chiama desiderio non è passata ,invano. In fondo è una spinta passionale che porta Kazan a interessarsi della vicenda del grande rivoluzionario Emiliano Zapata e a coinvolgere nell'impresa lo scrittore John Steinbeck.
Il lavoro preparatorio è quanto mai accurato. Il regista si documenta con puntiglio sia dal punto di vista storico che da quello iconografico (studia il materiale fotografico originale), e ancora da quello del folklore musicale. La colonna sonora, per esempio, è basata su musiche originali registrate in Messico ed eseguite da una banda di paese. Questa cura minuziosa si spiega con l'ambiziosa funzione cui il film intende assolvere. Nasce come progetto di intervento politico; in una parola, come film-politico. Kazan, uomo di sinistra che ha raggiunto nel mondo dello spettacolo un potere saldo, è impegnato verso se stesso e verso l'élite intellettuale di cui fa parte a misurarsi, ad esprimersi, sul terreno dell'ideologia. Politicamente gli USA a quel tempo assumono un ruolo antagonista rispetto all'URSS (sono gli anni della guerra in Corea e della guerra fredda). Il Paese è coinvolto in una propaganda ideologica anticomunista. È in gioco la funzione dell'intellettuale di sinistra. Le epurazioni ad Hollywood erano già iniziate nel 1947. Maturava allora quella che si sarebbe detta la seconda ondata repressiva, e dalla quale sarebbe stato travolto Kazan stesso.
Viva Zapata si muove in quest'ambigua dimensione ideologica: da una parte l'ansia di prendere posizione e dall'altra le contraddizioni di un « credo » impossibile a padroneggiare. Kazan dice che Viva Zapata è un film autobiografico, nel senso che in quel periodo della sua vita si trovava nelle condizioni in cui si trovava Zapata una volta conquistato il potere. Entrambi dunque si pongono un « che fare? » ed entrambi scelgono la strada della morte, una morte offerta. Zapata si offre ai fucilieri cadendo nell'imboscata, Kazan si offre alla prevaricazione del potere (la morte civile). Se, come si suol dire spesso, il modello del film è Ejzenstejn (e i suoi film epici sulla rivoluzione), queste considerazioni servono a valutare la distanza che separa i due registi in termini di poetica. In Kazan ciò che conta sono le vicissitudini del personaggio (lo sfondo "storico", il movimento di massa, è lo spazio angosciato in cui ci si muove). La Storia dunque come trama ossessiva, come tela di ragno. Zapata non è un eroe decadente, è un eroe spossessato del suo lavoro: creare un movimento di massa. (…) La stessa dinamica del film avvalora e articola questi fintomi: l'alternanza tra pubblico e privato (Zapata e il suo popolo, Zapata e la sua donna) non è altro che la rappresentazione di un continua spostamento di senso che si produce da un proscenio all'altro. È in gioco il rapporto intercorrente tra sessualità e potere, e la confusione delle reciproche pertinenze: il godimento che si attende su una scena trascorre all'altra e viceversa, decretando la sua « insituabilità ». Zapata dunque non « gode » del Potere e/o della Donna, è sempre scentrato rispetto ad un « reale » che pur gli pare di innescare con la sua azione politica, col militarismo rivoluzionario. Viva Zapata appare, a questa lettura, singolarmente prossimo a opere in tal senso maggiormente "padroneggiate", quali Splendore nell'erba, America America, Il compromesso.(…)
Piú che la corruzione del Potere il vero antagonista di Zapata è la Storia, vista come tragitto periglioso e accidentato che svia chi vuole percorrerlo. Per Kazan la Storia rappresenta il punto di fuga dell'esperienza dell'individuo, la sua perdita irreparabile di senso: la militanza come donazione totale di sé al movimento della storia è la messa in scena di un delirio. Se Un tram che si chiama desiderio era « lavorato » dalla pulsione di morte, Viva Zapata si muove nella stessa dinamica. Nel momento in cui il Potere e la Sessualità non sono piú garanti dell'individuo « storico », l'esperienza del reale è solo lacerazione, spossessamento. Questa ferita simbolica è il nodo di un discorso ossessivo sulla frattura del Soggetto inteso come centro ordinatore del rapporto con il reale, che non è altro se non rapporto di castrazione. Il cinema di Kazan tende nella sua major phase a situarsi in tale spaccatura, strutturandosi di volta in volta rispetto ad una sintomatologia dominante: la sessualità (Splendore nell'erba, La valle dell'Eden, Gli ultimi fuochi), il Potere (Viva Zapata, Fango sulle stelle), la mitologia dell'Origine, culturale e familiare (America America, Il compromesso).
Alfredo Rossi, Elia Kazan, Il Castoro Cinema, 4/1977

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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