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Pecore in erba


Regia:Caviglia Alberto

Cast e credits:
Soggetto: Alberto Caviglia; sceneggiatura: Alberto Caviglia, Benedetta Grasso, Paolo Cosseddu; fotografia: Andrea Locatelli; musiche: Pasquale Catalano; montaggio: Gianni Vezzosi; scenografia: Andrea Castorina; costumi: Sara Fanelli; suono: Alessandro Bianchi; interpreti: Davide Giordano (Leonardo), Anna Ferruzzo (mamma di Leonardo), Omero Antonutti (nonno di Leonardo), Bianca Nappi (sorella di Leonardo), Mimosa Campironi (Sofia), Alberto Di Stasio (psichiatra), Lorenza Indovina (maestra di Leonardo), Francesco Russo (Guglielmo), Niccolò Senni (Mario), Paola Minaccioni (presidentessa AILA), Marco Ripoldi (Antonio Persica), Josafat Vagni (amico di sinistra), Massimiliano Gallo (Don Ciro), Carolina Crescentini (Sofia nel film), Vinicio Marchioni (Leonardo nel film), Antonio Zavatteri (sociologo), Massimo De Lorenzo (docente di Storia), Francesco Pannofino (padre di Leonardo nel film), Tommaso Mercuri (Leonardo bambino), Valerio Cerullo (Guglielmo bambino), Manuel Mariani (Mario bambino), Francesco Arca, Corrado Augias, Tinto Brass, Gianni Canova, Claudio Cerasa, Ferruccio De Bortoli, Giancarlo De Cataldo, Elio, Fabio Fazio, Carlo Freccero, Gipi, Linus, Giancarlo Magalli, Enrico Mentana, Giulia Michelini, Vittorio Sgarbi, Kasia Smutniak, Mara Venier; produzione: Luigi Musini e Olivia Musini per On My Own S.R.L. con Renato Ragosta, in associazione con Paola e Icky Levi; distribuzione: Bolero Film; origine: Italia, 2015; durata: 87'.

Trama:Trastevere, luglio 2006. Lo storico quartiere della Capitale viene messo in subbuglio da una clamorosa notizia: Leonardo Zuliani - genio della comunicazione, fumettista e scrittore di successo, stilista visionario, attivista per i diritti civili - è scomparso. Sua madre è disperata e il quartiere è paralizzato mentre i seguaci di Leonardo si accalcano davanti alla sua casa, le autorità esprimono solidarietà e ogni canale TV parla di lui. Il caso diventa una vera e propria emergenza nazionale, ma chi è veramente Leonardo? E cosa è realmente successo?

Critica (1): Una domenica da pecore. Pecore in erba di Alberto Caviglia porta un po' di buon umore alla Mostra. Il tema è serissimo, l'antisemitismo, ma trattato con ironia surreale che finisce per contagiare lo stesso protagonista. Così Davide Giordano, alias Leonardo Zuliani, all'incontro stampa fa il muto. Come Harpo Marx si esprime a gesti, salta sul tavolo, si nasconde sotto, stringe le mani a chi gli rivolge una domanda, bacia la conduttrice che lo sollecita a far sentire la sua voce. Del resto, nel film sparisce da subito. Giordano quindi tiene fede al personaggio: non c'è.
Forrest Gump di borgata, nato con i geni di un antisemitismo militante, Leonardo è genialmente suonato: spara un'idiozia via l'altra ma diventa un eroe nazional-popolare. I suoi fumetti Bloody Mario, che irridono il compagno di scuola ebreo, vanno a ruba come i suoi slogan allo stadio dove «troppe pecore in erba», anagrammato ad arte, si trasforma in «ebreo trippone crepa». Ossessionato dal complotto pluto-giudaico-massonico, sostiene che i responsabili dell'uccisione di Kennedy, Lennon e la mamma di Bambi sono sempre loro. Scrive un thriller La morte corre da Sion ed è bestseller. Come pure la sua versione della Bibbia Redux da cui è espunta la parola ebreo. Come un vampiro all'aglio, è allergico alle musiche yiddish.
Il film (...) usa la chiave del falso documentario mescolando la fiction con interventi di personaggi reali: da Augias a Freccero, da Fazio a de Bortoli, da Mentana a Elio. «La satira è il mezzo più dirompente per sottolineare la follia di certe posizioni assurde», spiega Caviglia. Che naturalmente è ebreo e fa parte della comunità romana. «Non so come prenderanno il film. Confesso che ho un po' paura».
(g.ma.), Corriere della Sera, 7/9/2015

Critica (2):E al settimo giorno, Venezia rise. Dopo una settimana di ibernati sull'Everest, tragedie, lutti, preti pedofili, bambini soldato, operazioni che vanno male, soprani stonati e altre calamità, finalmente un po' di divertimento. Doppio merito perché il film è italiano, triplo perché non lo sembra, quadruplo perché, ridendo e scherzando (ma si sa che nulla è più serio dello scherzo) affronta un tema importante e doloroso come l'antisemitismo. S'intitola Pecore in erba e lo firma un debuttante, Alberto Caviglia. (...)
La formula è quella, non nuova, del «mockumentary», il falso documentario che sembra più vero di quelli veri. Siamo nell'estate del 2006. Da sei mesi è scomparso nel nulla Leonardo Zuliani, attivista per i diritti civili, genio della comunicazione, fumettista di successo, scrittore, stilista, imprenditore, insomma un'icona nazionale. Un imponente corteo lo ricorda a Roma, in diretta su Sky, con Mentana smitragliante in studio, i manifestanti con il cartelli «Je suis Leonard», le bandiere, gli slogan, la mamma e la sorella acclamate dalla folla, insomma tutto il solito impegno prét-à-porter e la consueta commozione a favor di telecamera. Uno speciale tivù ricostruisce vita e opere del caro forse estinto, di certo sparito.
Soltanto, e qui sta il colpo di genio, Zuliani è un antisemita. Un antisemita forsennato, compulsivo, genetico, tanto che quando da scout scopre che Cristo era ebreo si riempie di bolle. Grazie a lui, l'antisemitismo diventa politicamente corretto e quella che le anime belle devono combattere è l'antisemifobia,insomma l'anti-antisemitismo. Fra i diritti civili, c'è anche quello di odiare gli ebrei. Zuliani inventa una versione «corretta» della Bibbia dalla quale è espunto ogni riferimento agli ebrei; Zuliani vende il kit da corteo comprensivo di bandiera israeliana e della benzina e dello zippo per darle fuoco; Zuliani inaugura una catena di fast food che cucinano solo ingredienti non kosher; Zuliani lancia il profumo «Eau d'aryen», la linea d'abbigliamento «Baci & breacci», il gioco da tavolo «Ghettopoli»; Zuliani pubblica una nuova guida turistica del Medio Oriente dalla quale sparisce Israele e resta solo la Palestina; Zuliani va ospite da Fazio e dalla Venier; Zuliani viene lodato, commentato, recensito da Freccero, Cazzullo, Elio, Augias, Sgarbi, De Cataldo, Linus, Brass, De Bortoli (tutti «veri», nella parte di loro stessi). Gli viene dedicato un film strappacore, con Vinicio Marchioni e Carolina Crescentini come lui e la sua fidanzata, e rilancia il cinema italiano con titoli come Forni felici, L'usuraio licantropo e In fretta e Führer.
Tutti i luoghi comuni dell'antisemitismo sono rivoltati come un calzino. Nelle sue sedute psicanalitiche con il professor Castrucci che tenta di capire gli strani comportamenti del ragazzo, Zuliani dà fondo al repertorio. Gli ebrei hanno ucciso Cristo? Sì, ma anche Confucio, il Buddha e la mamma di Bambi. Gli ebrei controllano la finanza, i media, lo showbusiness. Gli ebrei sono avidi, hanno il naso adunco e la voce acuta.
Come film, Pecore in erba è spassoso. Come satira dell'antisemitismo, efficacissima. Tanto più che gli antisemiti li prende di mira tutti, dai fascisti ai cattolici a quelli di sinistra che nei cortei pro palestinesi equiparano la stella di Davide alla svastica. Lui, Caviglia, è un ebreo romano di 31 anni, fondamentalmente serio e perfino un po' malinconico come tutti i veri umoristi: «Rido per non piangere». E infatti dice cose serissime, che l'antisemitismo c'è, anche in Italia, che forse non è in crescita ma certamente è vivo, che si manifesta in molte forme diverse, che è un problema culturale e che il suo film è un modo per affrontarlo.
Soltanto, e qui sta la novità, Caviglia difende una posizione giusta e politicamente corretta come la lotta contro l'antisemitismo ma non lo fa con i modi predicatori o ricattatori del cinema «buono» e impegnato che ci viene ammannito anche qui a Venezia. In mezzo a quest'orgia di nobili sentimenti e buone cause progressiste che non puoi non condividere, a questi ditini perennemente alzati per ricordarti che è scorretto fare questo e non si può dire quest'altro, finalmente una sana, liberatoria, consolatoria risata. Molto più efficace, fra l'altro. Come diceva quell'altro allegrone, Giacomo Leopardi: «Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova se munito da ogni parte. Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire». Forza pecore.
Alberto Mattioli, La Stampa, 7/9/2015

Critica (3):Getta l'ebreo nel pozzo / acchiappalo per le corna / e la mia nazione sarà libera". Era il motivetto country cantato da Borat – con chitarra, stivali, cappello da cow boy – in un localaccio dell'America profonda. Tempo due ritornelli, tutti battono le mani e cantano in coro assieme a lui (no, non erano comparse, era gente vera che si stava bevendo la birra). Nello stesso film Sacha Baron Cohen, sempre con i baffoni di Borat – reporter arrivato in Usa dal Kazakistan, dove si organizzano per diletto "corse degli ebrei" – finisce in un bed and breakfast gestito da una coppia di anziani, e lui porta la kippà. Terrorizzato, rifiuta il cibo. Quando da sotto una porta sbuca uno scarafaggio, Borat cerca di ingraziarselo lanciandogli banconote.
Lo spirito di Borat aleggiava sulla mostra di Venezia domenica scorsa, quando abbiamo visto Pecore in erba. Ridendo parecchio, e ai festival succede di rado: sono sempre tutti convinti che senza sbadigli non si danno né serietà né intelligenza né tantomeno arte cinematografica. Capita altrettanto raramente – e questo anche fuori dai festival – di imbattersi in qualcosa che possiamo a buon diritto chiamare "satira". Decine e decine di imitazioni hanno rovinato il gusto e cambiato il significato della parola. Uno dice "Checco Zalone fa satira", e si fa due categorie di nemici. Quelli che espongono aspirapolvere al museo (e di aspirapolvere esposti al museo qui alla Mostra di Venezia ne abbiamo visti parecchi). Quelli che ridevano solo di Berlusconi.
Satira, usando il mockumentary come arma. Opera prima di Alberto Caviglia (la sceneggiatura è firmata dal regista con Benedetta Grasso e Paolo Cosseddu), Pecore in erba è un finto speciale televisivo su Leonardo Zuliani, giovanotto di gran fama al momento scomparso. Trepida per il suo destino l'Italia tutta, stringendosi alla famiglia, ai vicini, ai fan con lo striscione "Je suis Leonard". Si capisce che il ragazzo è molto amato, e considerato un combattente per la libertà. Presto scopriamo che ha speso l'intera sua vita battendosi per la libertà di antisemitismo.
Il documentario procede con il passo delle agiografie dedicate a chi si batte per i diritti delle donne, dei gay, o di qualsiasi altra minoranza. Vocazione sicura e precoce("già all'asilo era diverso dagli altri bambini") coltivata mentre gli altri cercano di reprimerti. Multiforme ingegno: il diritto al-l'antisemitismo, in questa nostra epoca postmoderna e digitale, mica si può rivendicare con i vecchi mezzi. In uno dei tanti camei – molte celebrità, Fabio Fazio incluso, partecipano al mockumentary facendo il verso anche a se medesime – Carlo Freccero celebra le qualità mediatiche e le invenzioni di Leonardo Zuliani. Posto nella storia saldamente conquistato, riconosciuto dagli amici e soprattutto dai nemici: "Nessuno ci perseguiterà più come lui", dice con nostalgia il capo della comunità ebraica.
(…) Pecore in erba adotta e porta all'estremo i pregiudizi antisemiti. E del resto siamo avvertiti fin dalla prima inquadratura che è prodotto dalla lobby ebraica: la stessa che, secondo Sarah Silverman, "possiede tutti i giornali ma non è riuscita a salvare il nostro buon nome nella faccenda di Gesù Cristo". Gli ebrei hanno ucciso J. F. Kennedy e la mamma di Bambi. Non bastasse, friggono i carciofi: il film è tanto universale quanto trasteverino, con la mamma addetta alle lasagne (papà è uscito una sera per noleggiare una videocassetta, e nessuno l'ha visto più).
Conosciamo parte della storia da un film in bianco e nero intitolato Paura di odiare, vita e imprese – anche commerciali, suo un pratico kit per bruciare la bandiera di Israele, non c'è bisogno di procurarsi a parte la benzina – di Leonardo Zuliani (qui i camei sono di attori: la mamma è Margherita Buy, la fidanzata Cristiana Capotondi). La lotta per la libertà di antisemitismo prevede una revisione della Bibbia, un fumetto con gran schizzi di sangue (ispirato al compagno di scuola che Leonardo bambino amava picchiare), un best-seller intitolato La morte corre da Sion, celebrato da Giancarlo De Cataldo: "Sconcertanti verità", spiega serioso, nell'inquadratura tipica dello scrittore in tv.
Oltre al ribaltamento dell'antisemitismo in virtù, fa ridere la precisione del linguaggio. Gianni Canova, con il perfetto tono del critico che sdogana Viva la foca, celebra pellicole come L'usuraio licantropo e Forni felici. Fa ridere la "Lega nerd", con i suoi striscioni in latino: odiano gli immigrati perché fanno i lavori facili, mentre loro sono costretti a lavorare da ingegneri.
Mariarosa Mancuso, il Foglio, 11/9/2015

Critica (4):
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