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Visages, villages


Regia:Varda Agnès, JR

Cast e credits:
Sceneggiatura: JR , Agnès Varda; fotografia: Claire Duguet - (Bonnieux, Reillanne, Usine), Nicolas Guicheteau - (Parigi, Usine, il Nord), Valentin Vignet - (BnF, costa della Normandia), Romain Le Bonniec - (Vexin, Le Havre, Pirou), Raphael Minnesota - (Museo del Louvre), Julia Fabry - (seconda MdP), Roberto De Angelis (II) - (Cuisine, Svizzera); musiche: M (Matthieu Chedid); montaggio: Agnès Varda, Maxime Pozzi-Garcia; interpreti: Agnès Varda, JR; produzione: Cine Tamaris, Social Animals, Rouge International, Arte France Cinema, Arches Films; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Francia, 2016; durata: 89’.

Trama:"Visages, Villages" è un documentario che reinventa il road movie, infilando strade oblique e misurando la Francia contemporanea. Visages, Villages è al principio la storia di un incontro tra Agnès Varda, autrice di Cléo, e JR, street photographer tenacemente indipendente che deve la sua reputazione ai collage giganteschi che incolla nel cuore delle metropoli.

Critica (1):Agnès Varda e JR hanno in alcuni punti in comune: la passione e la messa in discussione delle immagini in generale e più specificamente sui luoghi e sui dispositivi per mostrarle, condividerle ed esporle. Agnès ha scelto il cinema. JR ha scelto di creare delle gallerie fotografiche all'aperto. Quando Agnès e JR si sono incontrati nel 2015, hanno subito deciso di lavorare insieme per fare un film in Francia, lontano dalle città, attraverso un viaggio a bordo del camion fotografico (e magico) di JR, portando a termine una serie di progetti, a volte casuali a volte già preparati. Ma il film racconta anche la storia della loro amicizia, cresciuta durante le riprese, tra le sorprese e le prese in giro, ridendo delle loro differenze.
Agnès Varda pronuncia un'utile dichiarazione di principio: «Il caso è sempre stato il mio miglior assistente». Dichiarazione vera, pur se incompleta. Vera perché Agnès Varda si è sempre messa en
route in compagnia del caso: portandosi, però, dietro ogni volta un'idea generale di come do­vesse essere il film da costruire in compagnia del caso. Così, ogni progetto si è sviluppato lungo delle linee portanti e, dentro al progetto, si è lasciato spazio alle intrusioni, ben accette, del caso.
Anche Visages Villages ha una struttura definita dove si incontrano le emersioni del caso. Il disegno del film è la perlustrazione di una regione dello Francia, con lei, Varda in compagnia di un fotografo che si chiama JR. Agnès ha ottantanove anni ed è la stessa che conosciamo di persona da decenni nei suoi lavori di peregrinazioni e ricordi. Veste sgargiante, si muove con disinvoltura, è curiosa, incontra gente, prepara scene: porta i capelli bicolori, biancogrigi con una corona marrone. JR è conosciuto per la scelta di stampare le foto delle persone in grandi dimensioni. Agnès eJR viaggiano per cittadine, paesi, fattorie isolate ed è il caso a farli incontrare con le persone da fotografare, ingrandire e incollare. Si muovono su un camperino con la carrozzeria decorata come fosse una grande macchina fotografica, con all'interno gli strumenti per ingrandire le foto che escono già molto grandi da un'apposita fessura. Il camioncino si trasforma agli occhi dei fotografati in apparecchio magico, fantastico luogo di ingigantimento dei corpi.
N ella prima delle soste, la coppia arriva in un paese dove la strada abitata un tempo dai minatori è deserta, le case vuote, è rimasta solo una signora a viverci. La fotografano, le incollano il megaritratto sulla facciata di casa, la fanno uscire
e lei resta stupita a guardarsi sul muro. Succede a ogni tappa: si fa la foto, la si ingrandisce, la si incolla come a voler dichiarare l'ammirazione per la persona che si è incontrata per caso e si è rive-lata straordinaria come non aveva mai pensato di essere. Dice Agnès: «La memoria è come la sabbia nella mia mano», scappa via tra le dita, si perde. Visage Villages fissa la memoria e la conserva su un muro. Qualche volta, pazienza, la cosa non riesce: incollano la foto di un vecchio amico scomparso su un blocco di cemento di un bunker tedesco caduto dalla scogliera sulla spiaggia e la marea si porta via il ritratto. Un'altra volta – ed è l'ultima tappa – vanno a trovare in Svizzera Jean-Luc Godard, un tempo amico di Agnès e di Jacques Demy, lui non si fa trovare, lascia soltanto una frase cattiva scritta sul vetro dell'entrata e fa piangere Agnès.
Al contrario, il film è sempre affettuoso con minatori, operai, contadini, camionisti, con i lavoratori portuali e le loro mogli sistemate su un colossale muro di container. E allegro, anche malinconico, soprattutto è onesto con quel filo di furbizia che Agnès Varda sa mettere in circolo tra lei, noi e il film. Agnès ha gli occhi malandati: vede meglio se i volti sono giganteschi come, su tutta la facciata del granaio, il ritrattone del contadino del trattore digitale, come le foto degli allevatori di capre che non tagliano le corna ai loro animali. Dice tante cose il film. Una, soprattutto: che non serve per fare un bel film mettere giù il muso, essere supponenti, fare prediche. Basta andare in giro, vedere villaggi e volti e saperli ingrandire. Il cinema allarga la vita.
Bruno Fornara, Cineforum n. 566, 7/2017

Critica (2):Ha ottantotto anni e fa film come se ne avesse ventotto. Non sono i film di una persona anziana ma l’opposto. Sono tonificanti, solo a guardarli ci si sente più giovani. Il suo ultimo, Visages Villages, è un altro documentario nomade e personalissimo realizzato nello spirito cinematografico umano e generoso di Les Glaneurs et la glaneuse (2000) e Les Plages d’Agnès (2008). Agnès Varda, nello splendore dei suoi anni d’oro, è diventata una maga umanista.
Qui fa squadra con JR, street photographer che deve la sua reputazione ai giganteschi graffiti urbani e potrebbe essere definito un equivalente gallico di Banksy. JR e Varda si sono incontrati nel 2015 riconoscendosi subito come spiriti affini malgrado le enormi differenze che li separano: lui è un hipster beffardo e sovranamente flemmatico di trentatré anni con l’immancabile cappellino e gli occhiali da sole, lei è una leggenda della nouvelle vague, caschetto di capelli bicolore e un volto che conserva la splendida gravità che l’ha sempre contraddistinta. Ma entrambi sono outsider dell’arte, interessati a esprimere visivamente la vita seguendo le proprie regole. “Il caso è sempre stato il mio migliore aiutante” dice Varda, e non sta scherzando. In questo film lascia praticamente tutto al caso.
Varda e JR, che collaborano alla regia, si mettono in viaggio con un unico liberatorio obiettivo: in ciascun luogo visitato JR creerà giganteschi ritratti in bianco e nero degli abitanti che andranno a ricoprire case, fienili, facciate di negozi, ogni superficie libera. Così facendo, doneranno grandezza a quelle persone. Non una grandezza da supereroi, ma una grandezza umana, da persone in carne e ossa quali sono.
[…] I due conoscono (e fotografano) operai, formaggiai, camionisti. È una ricognizione della Francia rurale, e le immagini che affiorano sono giocose, spettrali e belle e commoventi: Andy Warhol incrocia Walker Evans. […]
Visages Villages lancia un potente messaggio sul tipo di società che stiamo diventando, nella quale l’uno per cento non solo possiede troppo di tutto, ma accentra su di sé anche tutta l’attenzione. La nostra dipendenza dalla ricchezza e dalla celebrità ha iniziato a svuotare il valore della vita normale, e il film dà una sublime strigliata a questo atteggiamento.
Owen Gleiberman, Variety, 23/5/ 2017 (da festival.ilcinemaritrovato.it)

Critica (3):

Critica (4):
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