Occhio di vetro (L')
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Regia: | Chiarini Duccio |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Duccio Chiarini; fotografia: Debora Vrizzi; musiche: Alberto Becucci; montaggio: Enrica Gatto; suono: Matteo Bennici, Marzia Cordò, Giancarlo Rutigliano, Stefano Grosso; produzione: Asmara Film; origine: Italia, 2020; durata: 86'. |
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Trama: | 26 aprile 1945. Ferruccio Razzini , un ragazzo di quindici anni figlio di un eroe della Prima Guerra Mondiale, si ritrova a combattere tra le fila degli ultimi difensori della Repubblica di Salò. Ne scrive giorno per giorno in un di ario in cui racconta anche i destini delle due sorelle maggiori, Liliana e Maria Grazia, sposate l’una a un fascista l’altra a un partigiano comunista. Il ragazzo è un vecchio zio del regista che , guidato da quel diario , inizia una ricerca nel passato della sua famiglia. |
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Critica (1): | Cosa significa per un bambino cresciuto col mito dei nonni partigiani scoprire all’improvviso che la sua amata e dolce nonna Liliana, detta Danda, è stata un’impenitente fascista? Si apre così il documentario di Duccio Chiarini, passato in streaming all’interno della programmazione del Festival del Popoli. Una ricostruzione più filologica che storiografica, fatta attraverso i diari e le fotografie, trovati dentro bauli accatastati in soffitte polverose, pile di lettere d’amore, cumuli di analisi del sangue, archivi, diari e certificati. E’ un’indagine materica quella di Chiarini, fisica, di documenti da leggere a voce alta in un quasi costante voice over, luoghi da ritrovare e testimonianze di cui andare alla ricerca. Come Lina Suleiman fa in Leur Algerie, anche Chiarini cuce insieme carteggi privati e documenti storici per raccontare una questione privata. E come esploratori che passeggiano per lande sconosciute, lui e i genitori camminano sulle pagine di diario dello zio Ferruccio, i cui racconti fanno da commentario alle immagini d’archivio dell’Istituto Luce. L’indagine del regista parte dalla casa pisana dei genitori, custode di antichi segreti e cimeli di famiglia. Come l’occhio di vetro del titolo, appartenuto al bisnonno Giuseppe, padre della nonna Danda, mutilato della Prima Guerra mondiale, che tornato da un conflitto che ha disatteso ogni aspettativa, va a nutrire quel terreno di malcontento in cui Mussolini getterà le basi per far proliferare le proprie ideologie e il culto della propria persona.
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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