Cane di paglia - Straw Dogs
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Regia: | Peckinpah Sam |
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Cast e credits: |
Soggetto: tratto dal romanzo "The Siege of Trencher's Farm" di Gordon Williams; sceneggiatura: David Zelag Goodman, Sam Peckinpah; fotografia: John Coquillon; musiche: Jerry Fielding; montaggio: Paul Davies, Tony Lawson, Roger Spottiswoode; scenografia: Ray Simm; interpreti: Dustin Hoffman (David Sumner), Susan George (Amy Sumner), Peter Vaughan (Tom Hedden), T.P. McKenna (Maggiore Scott), Del Henney (Charlie Venner), Jim Norton (Chris Cawsey), Donald Webster (Riddaway), Peter Arne (John Niles), June Brown (Signora Hedden),Chloe Franks (Emma Hedden), Ken Hutchison (Scutt), Len Jones (Bobby Hedden), Robert Keegan (Harry Ware), Cherina Mann (Signora Hood), Michael Mundell (Bertie Hedden), Sally Thomset (Janice), David Warner (Henry Niles), Colin Welland (Rev. Hood); produzione: Daniel Melnick per Talent Associates - Amerbroco; distribuzione: Cineteca Nazionale; vietato: 14; origine: Gran Bretagna - Usa, 1971; durata: 119'. |
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Trama: | David, un uomo tranquillo, si trasferisce in campagna con la moglie, la quale però non sopporta quel posto ed il fatto che il marito non reagisca alle provocazioni dei ragazzi del luogo. Quando questi cercano di violentare la moglie e dopo aver investito involontariamente uno di loro, David, assediato, li uccide uno per uno. |
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Critica (1): | La parabola di David, da animale alieno ed inoffensivo a combattente feroce dei suoi simili, è modellata esattamente sulla teoria dell'aggressività intra-specifica dell'uomo, l'audace determinismo propugnato dal Lorenz nei suoi libri (...). Per il Peckinpah di Cane di paglia, l'esperienza di David è orientata positivamente alla riconquista della morale di Neanderthal, l'etica tribale della forza. La sublimazione della lotta naturale per la vita (di ascendenza darwiniana e londoniana), si atrofizza qui in una sorta di esperimento didascalico in grado di illustrare lo scatenarsi della violenza nell'individuo piú equilibrato, piú ossequioso delle norme convenzionali della società. I "cani di paglia" erano antichi fantocci sacrificali e tutto il film è congegnato come climax fatale verso un rito fanatico. David invade il territorio riservato di un gruppo ostile di simili, a cui per di piú ha strappato una femmina senza combattere: è logico che sia, a poco a poco, circondato e sfidato a duello dalla comunità "provocata". Ed è fatale che la sua violenza repressa monti irresistibilmente e si scontri con quella estroflessa degli attaccanti: l'assedio della villetta è per David un detonatore, percosso su quella carica di forza bruta che è predisposta in ognuno di noi per quando sia minacciata la sopravvivenza.
Anche l'immancabile riferimento al "cinismo" dei bambini è piú pesante del solito: i titoli di testa scorrono su di uno sfondo sfumato che si schiarisce gradualmente, mostrando infine alcuni ragazzotti biondi e grassi che giocano con un cane in un cimitero. Peckinpah fa affiorare il disagio scatenatosi nel paese per l'arrivo del professore e della procace Amy: sintomi progressivi si alternano nelle sequenze con un dosaggio preciso (succede persino che nel lugubre pub un avventore dica a David: "Come vanno gli scioperi e le rivolte in America?", così che questi possa rispondere a nome dell'ironia del regista: "Le scene di violenza sono solo nei film europei"). Il contrasto tra i due giovani sposi è della specie piú nota: freddezza matematica dell'uomo, che sa come interpretare le formule ma non la moglie; gioventú, ignoranza, sangue caldo della donna che, sebbene possegga anche delle qualità, non è assolutamente vicina alla maturità. "Sei un animaletto" dice David ad Amy che vuole essere coccolata, e la cosa non sorprende in un uomo che è capace di ricordarsi di caricare la sveglia mentre è in pieno petting con la moglie. Le ribellioni di Amy sono sempre modulate sul registro del dispetto infantile, come quando cambia un segno alla formula algebrica o quando appiccica la gomma da masticare sulla lavagna del marito. Il suo atteggiamento nei confronti dei quattro bruti che lavorano al garage è quello ambiguo che Peckinpah chiama "da gattina"; li provoca con molta circospezione (la smagliatura alle calze le fa scoprire le gambe, una finestra la mostra agli uomini a seno nudo ecc.) cercando di innescare la reazione di David, che invece afferma, deludendola: "Non è nel mio carattere prendere posizioni... assolute". Se il dialogo risulta terribilmente scontato, la macchina da presa può elaborare almeno un'inquadratura stimolante: dopo la scoperta del gatto di casa strangolato per avvertimento, i due coniugi sono ripresi nella brughiera e alle loro spalle la casa incombe sinistra, hitchcockiana, buia. Ma l'andamento complessivo è caratterizzato dalla piattezza stilistica piú evidente. È come se il regista girasse il piú in fretta possibile per arrivare alla seconda parte, vero centro "spettacolare" della vicenda: l'urgenza di questo scivolamento s'intuisce nel dialogo a doppio senso tra David, infagottato in eskimo e stivali, e i suoi melliflui compagni di caccia. Nel lasciarlo ad un appostamento fisso gli dicono: "Professore, dovrà aspettare un po'", e lui risponde platealmente: "Io ho pazienza".
Quando il suo ex corteggiatore Charlie la raggiunge in casa, Amy ne è piacevolmente turbata: gode dell'esperienza nuova, l'essere posseduta con la forza, anche perchè si tratta di una presa di posizione contro la stucchevole ignavia del marito. Il fatto che ci si aggiunga anche Norman e le faccia subire un'esperienza sessuale ancora piú violenta è in pratica il prezzo che deve pagare per il divertimento (...) Sappiamo benissimo - a questo punto - che David è un vigliacco (tanto che Amy tralascia di raccontargli cosa è accaduto e gli ordina sprezzantemente di licenziare i lavoranti) e che ha paura della violenza, persino di quella che si esercita in una normale partita di caccia.
Tutta la vicenda di Niles è un inciso qualsiasi per introdurre il massacro finale: lo scemo è l'ultimo erede di una tradizione letteraria di giganti minorati che non controllano la propria forza (vedi Uomini e topi di Steinbeck), l'adolescente Janice è una variante peggiorativa di Amy e la responsabile principale della tragedia. Compiuto l'omicidio involontario, Henry Niles è investito dall'automobile di David. Amy non vuole ricoverarlo in casa, ma David s'impone per la prima volta ai suoi isterici capricci: il mutamento è iniziato, gli stimoli aggressivi cominciano a pulsare, l'animale pacifico si prepara a difendersi ferocemente. Il "profeta" Ardrey ha parlato di imperativo territoriale: assaliti per ragioni opposte da questo rigurgito istintuale, il piccolo, occhialuto professore ed i giganteschi contadini britannici si misurano su un piano di parità spirituale, con la differenza che il primo può ricorrere ad una strategia raffinata, fruendo di uno schema intellettivo piú elastico. Egli difende un principio umanitario, rifiutando di abbandonare il mentecatto all'orda dei paesani, ma nello stesso tempo si ribella ad una tentata violazione di domicilio: "Questa è casa mia, è parte di me e non permetterò nessuna violenza a ciò che è mio!". La gelosia dell'uomo è soprattutto per la casa, anche se in sottofondo si combatte per il possesso definitivo di Amy; quando la donna vuole arrendersi e fuggire, David la picchia, urlandole a chiare lettere: "Se non ubbidisci ti spezzo un braccio".
La sequenza dell'assedio si gonfia di particolari abnormi o surreali. Un terroristico lancio di topi, un assalitore che pedala su un triciclo. Ma, soprattutto, la casa s'identifica con David stesso: i molti vetri infranti simbolizzano le difese "civili" dell'uomo, che saltano ad una ad una di fronte all'inaudito attacco alla sua privacy. I mezzi piú raccapriccianti di difesa sono utilizzati dall'assediato, dall'olio bollente alle randellate, poi c'è lo scontro col rivale sessuale, Charlie: i due, lottando in una specie di balletto mortale ripreso al ralenti, rotolano nell'atrio dove il più forte finisce dilaniato in una trappola per lupi. David si rende conto di cosa ha fatto e quasi vomita per la nausea: lo terrorizza la quantità di violenza che ha scoperto in se stesso ed in quel momento non gli importa molto di essere il vincitore. Ma c'è l'ultimo assalitore che tenta di sopraffarlo e questa volta David ammazza per interposta persona, comandando ad Amy di premere il grilletto. Soltanto adesso il suo ruolo di maschio è riconquistato e - quando esce per accompagnare Niles - può legittimamente dire alla sua donna, in un misto di orrore e di compiacimento: "Mi aspetti?". Nella notte nebbiosa il nuovo Sumner guida l'automobile e siccome Henry mormora trasognato: "Non conosco la via giusta", egli risponde sorridendo tranquillamente: "Non fa niente... neanch'io...". La battuta, racconta il regista, è stata improvvisata l'ultimo giorno delle riprese, in un suo colloquio con gli attori David Warner e Dustin Hoffman mentre andava a girare. Certamente, il suo significato è essenziale per la concezione del film. David si è tolto il paraocchi. Non ha più obblighi di fronte a sé, ma non ha piú neppure rassicuranti certezze. Quello che conta è l'essersi battuto, l'essersi liberato dalla pania del comportamento conformista: e se è impossibile prevedere uno sbocco preciso, è altrettanto impossibile tornare ad essere equivocamente "innocente" come prima. (...)
Valerio Caprara, Sam Peckinpah, Il Castoro cinema, 10/1975 |
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| Sam Peckinpah |
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