Al di là delle montagne - Shan He Gu Ren
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Regia: | Zhang-Ke Jia |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Jia Zhang-Ke; fotografia: Nelson Yu Lik-wai; musiche: Yoshihiro Hanno; montaggio: Matthieu Laclau; scenografia: Liu Qiang; costumi: Li Hua; interpreti: Zhao Tao (Tao), Zhang Yi (Zhang Jinsheng), Liang Jing Dong (Liangzi), Dong Zi-Jian (Dollar), Sylvia Chang (Mia), Han Sanming (amico di Liangzi); produzione: Shozo Ichiyama, Nathanaël Karmitz, Jia Zhangke, Ren Zhonglun, Liu Shiyu per Office Kitano Inc.-Mk2 Productions-Xstream Pictures-Shanghai Film Group Corporation-Runjin Investment Co. Ltd.; distribuzione: Cinema Di Valerio De Paolis/Bim; origine: Giappone-Cina-Francia, 2015; durata: 131'. |
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Trama: | Cina, alla fine del 1999. Tao, è una ragazza di Fenyang corteggiata da due amici d'infanzia: Zhang, proprietario di una stazione di servizio destinato a un brillante futuro, e Liangzi, che lavora invece in una miniera di carbone. Divisa tra i due uomini, Tao farà una scelta che segnerà il resto della sua vita e quella del suo futuro figlio, Dollar. Venticinque anni dopo, tra la Cina che è radicalmente cambiata e l'Australia come promessa di una vita migliore, tutti i protagonisti verranno messi di fronte al proprio destino... |
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Critica (1): | Il tema del film è semplice e non certo nuovo: come resistono al passare del tempo i sentimenti umani? Quello che però fa la specificità del film di Jia Zhang-ke Al di là delle montagne è come il regista cinese affronta questo tema, come lo «piega» alla sua visione del cinema e delle cose, come lo declina di fronte alle reazioni dei suoi personaggi, come lo confronta con l'evoluzione degli avvenimenti. In una parola, come quel tema così semplice e risaputo diventa cinema. (...) Jia è probabilmente il più conosciuto e bravo dei giovani protagonisti del cinema cinese (...): lontano dall'idealizzazione del mondo arcaico delle campagne ma anche dagli incubi delle megalopoli come Pechino e Shanghai al centro dei film di chi l'aveva preceduto, ha saputo raccontare quella Cina di mezzo su cui è caduto il peso del la modernizzazione e sta pagando lo scotto maggiore delle nuove forme di organizzazione sociale, proprio come è successo nella sua città natale, Fenyang, nel nord della Cina, dove inizia anche Al di là delle montagne. (...) Una stessa storia divisa in tre periodi (dove quello ambientato nel futuro è di fatto il ritratto appena un po' romanzato di un possibile presente) e che Jia utilizza non solo per scavare nella fragilità e nella volatilità dei sentimenti umani ma anche per raccontare la mutazione antropologica del proprio Paese e dei propri concittadini. È questo il nodo del film e la sua forza, che la messa in scena sottolinea a partire dal diverso formato dell'immagine («classico» nel 1999, «panoramico» nel 2014, «scope» nel 2025), utilizzato però con una curiosa inversione di senso: più si allarga l'inquadratura più si riduce lo spazio dedicato al paesaggio per portare in primo piano i volti dei vari personaggi. Jia non è mai didascalico, non cerca di lanciare messaggi agli spettatori, piuttosto chiede loro di mettere assieme i vari «segni» che la sua macchina da presa coglie, a volte anche in maniera apparentemente incongrua, come il giovane che porta in giro l'alabarda col pendaglio rosso tipica della divinità mitologica Guan Gong (...). O come la tigre in gabbia o il camion carico di carbone che non riesce a rimettersi in cammino. Oppure scegliendo canzoni che illustrano precisi stati d'animo, come «Go West» dei Pet Shop Boys il cui fascino libertario accende un sogno di cui non si misureranno le conseguenze o come la pop star cantone se Sally Yeh che canta «Take Care», il cui testo esalta il valore eterno di quei sentimenti che invece i protagonisti del film hanno tradito. A ribadire una complessità e un'ambiguità che i vent'anni di vita cinese raccontati dal film hanno mostrato al lavoro sulle persone.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 3/5/2016 |
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Critica (2): | (...) grande ritorno di Jia Zhang-Ke a uno dei temi favoriti della sua opera – l'impatto del capitalismo e dell'impennata economica sull'identità della Cina e sulla sua geografia, fisica, umana e sociale. Dopo l'approccio quasi documentario di Still Life e quello obliquamente metaforico di The World il regista/sceneggiatore sceglie una grammatica epico-minimalista simile a quella di un altro suo film, Platform, e una tela molto ampia per tratteggiare questo affresco, che si muove dal melodramma classico fino a sfiorare la sci fi: dalla città natale di Fenyang (dove spesso ambienta i suoi film) all'Australia; dal formato del fotogramma «quadrato», dell'1:33, a quello allungato, futuribile dello scope. Diviso in tre parti (i credit non arriveranno che dopo cinquanta minuti) rispettivamente ambientate nel 1999, nel 2014 e nel 2025, Al di là delle montagne racchiude nel percorso di tre personaggi la storia della Cina del terzo millennio. Al suo cuore, ancora una volta è la performance straordinaria di Zhao Tao (...). II mood unisce l'esuberanza della gioventù alla promessa del nuovo millennio - squarci di cultura pop irrompono nelle immagini delle celebrazioni tradizionali del Capodanno. La dinamica del rapporto tra i tre amici è raccontata magnificamente da Zhang-Ke e dal suo abituale direttore della fotografia, Yu Lik Way attraverso le relazioni spaziali e la composizione del fotogramma. (...) La sua è indubbiamente una riflessione sulla Cina (la cui conclusione viene affidata, con enorme dolcezza e ironia a un'ultima immagine di Thao (...). Ma è abbastanza inevitabile, guardando il film non vederlo anche come una riflessione sul cinema.
Giulia D'Agnolo Vallan, il manifesto, 4/5/ 2016 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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