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Viaggio a Tokyo - Tōkyō monogatari


Regia:Yasujirō Ozu

Cast e credits:
Sceneggiatura: Noda Kōgo, O.Y.; fotografia: Atsuta Ynharu; luci: Takashita Itsuo; montaggio: Hamamura Yoshiyasu; scenografia: Hamada Tatsuo; musica: Saitō Kōjun; interpreti: Ryū Chishū (Hirayama Shukichi), Higashiyama Chieko (Tomi), Hara Setsuko (Noriko), Sugimura Haruko (Kaneko Shige), Naka ōmura Nobuo (Kaneko), Yamamura Sō (Kōichi), Miyake Kuniko (Ayako), Kagawa Kyōko (Kyōko), Tōno Eijir ō (Numata Sanpei), Osaka Shirō (Keizo), Murase Zen (Minoru), Mori Mitsuhiro (Isamu); produzione: Shōchiku; distribuzione: Tucker Film; origine: Giappone, 1953; durata: 136’.

Trama:Due anziani coniugi della città di Onomichi vanno per la prima volta a Tokyo, a visitare il figlio Kiōchi e la figlia Shige, ambedue sposati. La figlia minore Kyōko rimane a casa. Ma a Tokyo i figli sono occupati nel rispettivo lavoro e non hanno tempo (né troppa voglia) di star dietro ai genitori; neppure i nipotini apprezzano la loro presenza. Solo Noriko, vedova di un altro figlio disperso in guerra, pur essendo povera li tratta con grande gentilezza e fa loro visitare la città.
Kōichi e Shige per liberarsi della coppia offrono loro un soggiorno alle terme; però il posto è rumoroso e i due vecchi non riescono a dormire. Decidono di tornare a casa loro e rientrano a Tokyo senza avvertire; ma Shige non li può ospitare. Così la madre passa la notte da Noriko; il padre si incontra con due vecchi amici e ne risulta una sbornia colossale, dopo di che la polizia lo riporta ubriaco da una scocciatissima Shige. Il giorno dopo i due anziani prendono il treno per Onomichi ma a Osaka la madre si sente male; si fermano da un figlio più giovane, Keizo, che abita là. Pochi giorni dopo arriva da Onomichi un telegramma: la madre è moribonda. I figli accorrono e sono presenti (tranne Keizo che arriva in ritardo) alla sua morte. Subito dopo però si rivela la loro fretta di ripartire. Solo Noriko resta col suocero e Kyōko. Quando infine deve tornare a Tokyo, il vecchio con gratitudine le regala l'orologio della moglie morta e le consiglia di risposarsi. Il film si conclude con il genitore che vede prospettarsi davanti una vita di solitudine.

Critica (1):Ozu con una certa ironia diceva "È il mio film con dentro più melodramma", ma lo contava fra quelli di cui era più soddisfatto. Viaggio a Tokyo è un film delicatissimo, che comunica la concezione psicologica di personaggi e situazioni attraverso piccoli abili tocchi. Per esempio, in una scena vediamo Noriko che col ventaglio fa vento ai due suoceri; uno stacco ci porta a Kichi e Shige che col ventaglio fanno vento a se stessi; il simbolismo è evidente. Il tema del film è l'inevitabile ma doloroso allontanarsi dei figli dai genitori; il finale di solitudine ricorda Tarda primavera. Come al solito Ozu e Noda riprendono e riutilizzano spunti del loro cinema passato: da The Only Son deriva non solo il concetto base – la delusione rispetto alla posizione del figlio, meno buona di quanto si credesse – ma anche una parte di dialogo; più tardi, la battuta sui vestiti da lutto quando arriva la notizia della malattia della madre richiama esattamente una scena analoga di Brothers and Sisters of the Toda Family (di cui c'è una reminiscenza anche in relazione al ritardo di Keizo). Alcune belle immagini della periferia (i panni ad asciugare e il crinale erboso su cui passano uomini e bambini) verranno ripresi, in un'atmosfera più leggera, in Buon giorno. Da Early Summer vengono ripresi i nomi e le figure dei due fratellini (appena accennati qui, e certo meno simpatici). Inoltre Inizio d'estate già conteneva la scena della madre che si rattrista al pensiero del figlio perduto in guerra: il figlio ha lo stesso nome, Shjōi, e l'attrice è la stessa, la magnifica, umanissima Higashiyama Chieko.
Viaggio a Tokyo è un film estremamente raffinato sul piano visuale. In tal senso, viene citato spesso come esempio della tecnica compositiva dell'immagine di Ozu il famoso paesaggio con bottiglia e faro di Floating Weeds, ma è ancora più bella – perché meno "costruita" e quasi inavvertibile – la semplice composizione all'inizio di Viaggio a Tokyo: una strada con bambini, con a sinistra in primo piano un carretto e due bottiglie.
Tōkyō Monogatari fra i numerosi capolavori di Ozu del genere [dello "home-drama"] è il film nel quale il grado di perfezione è più alto, e forse è il suo capolavoro assoluto, il suo film più rappresentativo. [...] Il carattere, gli atti e le parole dei personaggi sono del tutto ordinari, né particolarmente rimarchevoli né particolarmente malvagi. [...] Ma questo capolavoro, che contiene solo avvenimenti di una grande banalità, produce un'impressione profondamente drammatica. E questo perché il film, giustapponendo avvenimenti ordinari e quotidiani, solleva - al di là di essi e attraverso essi - il problema grave, il problema eterno della rottura dei legami fra genitori e figli. Nel tono più tranquillo del mondo, questo film tratta di rapporti umani che sono, in effetti, della più alta serietà. Essi costituiscono il contenuto più appropriato che ci sia per la tecnica particolare di Ozu, tecnica che consiste nel mantenere costantemente una tensione, e ciò attraverso immagini serene al massimo livello.
Sato Tadao, L'art de Ozu Yasujirō, in "Cahiers du cinéma", n. 286, mars 1978

Critica (2):“Mio figlio non era così una volta. Era ben diverso, Ma cosa vuoi farci... A Tokyo c'è troppa gente, troppa competizione. E così uno finisce per cambiare".
Tokyo nel boom della ricostruzione, Tokyo con le sue bocche di fuoco, Tokyo inumana che spinge a una competizione selvaggia e distrugge la sfera affettiva degli individui che la abitano, ma anche Tokyo come specchio di una società le cui scelte economiche vedono il paese crescere e arricchirsi ma i singoli vivere nel disagio e talvolta nella povertà vera e propria.
Dario Tomasi, Ozu Yasujirō. Viaggio a Tokyo, Lindau, Torino, 2002

Critica (3):Haruko Sugimura, nel ruolo della sorella maggiore in Viaggio a Tokyo, aveva una scena al telefono in cui diceva che sarebbe andata alla stazione a prendere i due anziani. Ozu le fece tenere in mano un ventaglio e seguirne il contorno con gli occhi, facendo così un cerchio completo che coincideva con la lunghezza del suo dialogo. Sugimura, una rigorosa attrice di teatro, era confusa. Chiese che sentimento dovesse sentire. "Lei non deve sentire", fu la risposta, "deve agire". Lei fece come indicato e nella scena finita noi sentiamo l'astrazione mezzo distratta e in qualche modo egoistica che contraddistingue questo personaggio non troppo sensibile.
Donald Richie, Ozu, University of California Press, Berkeley -­Los Angeles-London, 1974

Critica (4):
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