Voyage dans la lune (Le)
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Regia: | Méliès Georges |
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Cast e credits: |
Soggetto: dai libri "De la Terre à la Lune" di Jules Verne e "First Men In The Moon" di H.G. Wells; fotografia: Michaut, Lucien Tainguy; scenografia: Georges Méliès, Claudel; costumi: Mme Méliès; interpreti: Georges Méliès (Prof. Barbenfouillis), Kelm (astronomo), Farjaut (astronomo), Brunnet (Astronomo) Bleuette Bernon (Donna della Luna), ballerine del corpo di ballo dello Châtelet (stelle e ragazze addette al cannone), acrobati delle Folies Bergères (i Seleniti); produzione: Georges Méliès per Etar Film; origine: Francia, 1902; durata: 14’. |
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Trama: | Un gruppo di astronomi partono per la Luna dentro una capsula gigante sparata da un cannone. Una volta arrivati sulla superficie lunare vengono catturati dagli abitanti del pianeta ma riescono a scappare e a ritornare sulla terra. |
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Critica (1): | Viaggio alla luna fu il film più ambizioso realizzato da Méliès sino a quel momento (aveva iniziato la sua produzione nel 1896) e fornisce un quadro completo dei suoi interessi estetici – destinati a cambiare ben poco nei rimanenti dieci anni della sua carriera. Il film aveva un precedente nel frammento di tre minuti La Lune à un mètre, (1891), ed era basato sullo spettacolo fantastico 'Les farces de la Lune ou les mésaventures de Nostradamus', messo in scena nel 1891 nel teatro magico di Georges Méliès, il Robert-Houdin. Il tema del viaggio sulla Luna era stato affrontato anche in uno sfarzoso spettacolo teatrale tratto da Jules Verne ad opera di Adolphe D'Ennery, scrittore di 'feuilletons', e montato allo Chàtelet, uno dei numerosi teatri di Parigi specializzati in fiabe e pantomime.
Al pari della maggioranza dei film di Méliès, Viaggio alla luna fu girato in uno studio-serra illuminato dal sole. Il film è composto da 30 quadri che la macchina da presa riprende sempre da lontano. Non vi sono didascalie, ma la meticolosa descrizione degli avvenimenti che figura nel catalogo della società di Méliès, la Star Film, lascia supporre che questi testi – oltre ad attrarre l'attenzione dei compratori potenziali – dovessero servire anche agli imbonitori che commentavano l'azione al pubblico, sugli spiazzi delle fiere; si trattava dei primi 'fans' dei cinema: operai, contadini e bambini.
Lo spirito, la logica soggettiva e il gusto per l'esibizionismo che sostengono questa parodia di Jules Venne e dello scrittore inglese H.G. Wells, trovano espressione grazie a una serie di trucchi di ripresa, innovazioni sceniche e collaudate tecniche teatrali. Queste ultime, per esempio, includono la scena del 'sorgere della Terra', in cui il coordinato alzarsi e abbassarsi della scena dà l'idea del moto della Luna. Le innovazioni sceniche comprendono l'uso di modellini: la ripresa di una sequenza attraverso un acquario (con girini) per dare l'idea di un fondo marino; un elaborato carrello in cui si muove il personaggio invece della macchina da presa - nella fattispecie è l'Uomo-Luna, che viene portato in primo piano. I trucchi di ripresa, infine, comprendono il fermo-macchina, con sparizioni e cambiamenti di scena, e le riprese su fondo nero, con successive sovrimpressioni. Nel film, la sovrimpressione fu impiegata, ad esempio, sopra la silhouette della nave spaziale, appositamente scontornata, e per alcune riprese reali di fondo sottomarino: il tutto veniva stampato a strati successivi, come in una sorta di sandwich.
Gli attori si muovevano sul set fra silhouettes di cartone ritagliato, scene di sfondo e oggetti reali: il tutto dipinto in toni contrastanti di grigio, chiaro e scuro, dal momento che la pellicola ortocromatica usata in quel tempo era assai poco sensibile alle sfumature del colore. La collocazione della scenografia, sempre frontale rispetto alla macchina da presa (tipica delle cosiddette riprese 'primitive') e il mescolarsi di scene bidimensionali e tri-dimensionali conferiscono uno strano sapore alle immagini, che ricorda un po' la pittura italiana del Medio Evo e i 'collages' dei surrealisti.
Nella fantasia di Méliès, sempre sotto pressione, tutto tende all'eccesso. I costumi sono esagerati, troppo sgargianti, i soprabiti enormi, i pantaloni pendono da tutte le parti, le parrucche e i basettoni sono cespugliosi, il trucco è troppo pesante. Gli stili di recitazione sono frenetici, esagitati, come se i personaggi fossero eternamente sotto 'stress', salvo quando si paralizzano per indicare col dito un dettaglio che potrebbe passare inosservato. Tale è spesso la funzione di Barbenfouillis, il capo della spedizione, interpretato dallo stesso Mèliès. Questo è il cinema primitivo. Le convenzioni che oggi consentono alla platea di identificarsi con le storie raccontate al cinema, non sono ancora state stabilite.
Nei film di Méliès la cinepresa non si muove ancora, non esistono montaggi, né ellissi narrative in rapporto al tempo o allo spazio, né conflitti psicologici. La macchina da presa non guida ancora l'occhio dello spettatore, che vaga qua e là in un quadro ingombro di elementi. Lo schermo appare come una fonte fangosa, dove è difficile prevedere il punto del prossimo spruzzo d'energia. Questo è tuttavia anche un elemento di fascino nei film di Méliès. Nulla è predisposto e tutto è possibile.
Il Cinema – grande storia illustrata, Istituto geografico De Agostini, Novara, 1983 |
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