Silenzio tra due pensieri - Sokaate beine do feks
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Regia: | Payami Babak |
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Cast e credits: |
Soggetto: Babak Payami; sceneggiatura: Babak Payami; fotografia: Farzad Jadat; montaggio: Babak Karimi, Jafar Panahi; scenografia: Babak Payami, Farzad Jodat; interpreti: Maryam Moghaddam (la Vergine), Kamal Naroui (il Boia); produzione: Babak Payami per Payam Films Institute; distribuzione: Istituto Luce (2005); origine: Iran; 2003; durata: 95'. |
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Trama: | In virtù di un principio che stabilisce che l'autore di un crimine non andrà all'inferno se vergine, la vita di una giovane donna condannata alla pena di morte viene momentaneamente risparmiata. La guida del villaggio decide di dare la donna in sposa al suo futuro carnefice, che ora deve confrontarsi con una moglie, prigioniera e futura vittima. |
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Critica (1): | Dolente e limpido racconto sulla prigionia della mente, il dogmatismo, l'ultimo film di Babak Payami Silenzio tra due pensieri, pesante riflesso di una situazione reale, è finalmente nelle sale da venerdì, a due anni dalla presentazione fortunosa al festival di Venezia 2003. Questo è stato possibile grazie all'Istituto Luce e a un solido gruppo di sostenitori come Pasquale Scimeca e Babak Karimi punto di riferimento in Italia del cinema iraniano che ha montato anche il precedente film di Payami, il suo fortunato film d'esordio Il voto è segreto. Karimi ha lavorato su quanto sono riusciti a recuperare del girato digitale e dei telecinema del film sequestrato in Iran e mai più restituito. Quello che vediamo è dunque più di un film, è il suo alone vitale, è l'energia tra due silenzi. Il primo è il silenzio di uffici polizieschi non ben identificati che hanno incamerato la pellicola girata e mai più restituita, il secondo il disinteresse verso qualunque immagine complessa e non predigerita indirizzata al pubblico. Payami lo racconta così: "Vediamo una persona che sta sparando, poi irrompe un ordine religioso che non ha nè capo nè coda. A questo signore che è un assassino al soldo di quel pensiero, vengono dei dubbi. La vittima è vittima in quanto donna e lui la accetta come persona e comincia a sentire un sentimento per questa persona al di là del fatto che sia una donna. Si trova immerso in un mare di dubbi e questo lo porta a una conclusione futile, mortale". Porta il fucile a spalla, ma anche un bambino lo può prendere in giro, la sua obbedienza è cieca perché si affida totalmente a un capo. Addetto alle esecuzioni, non può eseguire quella a una vergine, come puntigliosamente si appresta a fare, perché rischierebbe di mandarla nel paradiso islamico. La trovata del capo è che prima la sposi lui stesso e poi la fucili. Il film è immerso nella sabbia e nella polvere di un paese dove la siccità è certo segno di una punizione divina per l'empietà, dove comunque le donne si portano dietro una condanna a morte insensata e gli uomini un'obbedienza altrettanto senza senso: la sudditanza mentale che a un certo punto il protagonista cerca di spiegare è in una malintesa obbedienza ai dettami degli antichi, della famiglia, delle regole. Babak Payami vede il suo film composto con le scene in digitale con time code (ogni numero è una cifra segnaletica scritta sotto ogni tipo di censura) come un essere rianimato, salvato dalle acque, riportato in vita: "ci vuole coraggio a mostrare un film in queste condizioni. Assomiglia a una persona che è andata a fare un viaggio pericoloso e torna con storie e lacrime e riesce a raccontarle, prima di morire, con questa sporcizia addosso. Poiché lo considero come un figlio prima di presentarlo, un po' l'ho ripulito". Il film assume un valore in più poiché sarà visto nella settimana delle elezioni in Iran. Cosa può comunicare allo spettatore occidentale? "Non faccio film per lo spettatore straniero, vorrei suscitare domande e che fosse lo spettatore a porsele. Non ho mai voluto essere un giudice, ma uno spettatore. Come persona che ha vissuto la maggior parte del tempo fuori (soprattutto in Canada ndr) non voglio spezzare il rapporto con il mio paese e mantenere il rispetto sia per l'Iran che per l'Afghanistan dove ho vissuto tutta l'infanzia. Io sono un cineasta che pur mantenendo i suoi principi non teme di guardare negli occhi il diavolo. Non sono politicamente impegnato, non mi riconosco l'autorità di esprimere giudizi politici. E poi non voglio esprimere giudizi su un concetto equivoco come le elezioni in Iran nel momento attuale, una pura illusione elettorale". Le elezioni le aveva raccontate nel 2001 nel suo premiatissimo Il voto è segreto, dove una donna inviata dal governo in un'isola sperduta e arretrata del Golfo Persico per sovrintendere alle operazioni di voto durante le elezioni politiche si batte con pazienza e coraggio per convincere gli abitanti sull'importanza di esprimere liberamente il proprio voto. "Io sono una delle poche persone che ha preso una posizione chiara sulle elezioni, dice, ho fatto un film su questo e posso dirmi fiero di aver previsto quello che sarebbe successo".
Più simile alla musica che alla finzione, non legato a un luogo particolare, complice dello spettatore nel lavorare sui sentimenti con motivi come il potere, la vendetta, l'uso improprio della religione, l'impossibilità di liberarsi dalla prigionia, il dubbio che non trova soluzione e dove i volti, i movimenti e l'attesa sono la dominante, potrebbe essere un oggetto pericoloso, tanti sono i riferimenti di riflessione.(...)
Silvana Silvestri, il manifesto, 14/6/2004 |
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| Babak Payami |
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