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Nuovi mostri (I)


Regia:Monicelli Mario, Scola Ettore, Risi Dino

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Age, Ruggero Maccari, Furio Scarpelli, Ettore Scola, Bernardino Zapponi; fotografia: Tonino Delli Colli; scenografia: Luciano Ricceri; musica: Armando Trovajoli; montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: "L'uccellino della Val Padana": Ugo Tognazzi (il marito), Orietta Berti (la cantante) / "Con i saluti degli amici": Gianfranco Barra (il mafioso) / "Tantum ergo": Vittorio Gassman (il cardinale), Luigi Diberti (il parroco contestatore) / "Autostop": Ornella Muti (l'autostoppista), Eros Pagni (l'automobilista) / "First Aid": Alberto Sordi (lo snob) / "Il sospetto": Vittorio Gassman (il commissario) / "Hostaria": Vittorio Gassman (il cameriere), Ugo Tognazzi (il cuoco) / "Pornodiva": Eros Pagni / "Come una regina": Alberto Sordi (il nuovo ricco) / "Cittadino esemplare": Vittorio Gassman (il borghese) / "Mammina mammona": Ugo Tognazzi (il figlio), Nerina Montagnani (la madre) / "Sequestro di persona cara": Vittorio Gassman (il marito) / "Senza parole": Ornella Muti (l'hostess), Yorgo Voyagis (il viaggiatore) / "Elogio funebre": Alberto Sordi (un comico); produzione: Pio Angeletti e Adriano De Micheli per la Dean Film (Roma); origine: Italia, 1977; durata: 115'.

Trama:È un film in 14 episodi. I temi: ospizi-lager per vecchi, repressione psichiatrica, violenza politica, criminalità e la paura che provoca, minori coinvolti nella pornografia cinematografica, sequestri di persona, terrorismo. Si ride agro.

Critica (1):I nuovi mostri non è, come da diverse parti è stato scritto, il semplice risultato di una rimpatriata da parte di tre registi, Monicelli, Risi e Scola, a corto di idee e, quindi, tesi a rispolverare fondi di cassetto di soggetti a suo tempo non realizzati. Pur trattandosi di un film a episodi, che richiama ovviamente, sia nel titolo che nella sostanza, I mostri di Risi, questa pellicola è il prodotto di un preciso impegno collegiale finalizzato a un approfondimento di certi temi e schemi della Commedia all'italiana nella nuova prospettiva storica, sociale ed economica degli anni Settanta. La qualità della messinscena, i contenuti dei racconti, la caratterizzazione dei personaggi e delle situazioni raggiungono livelli raramente toccati da pellicole a episodi. Il successo commerciale e di critica ottenuto da I nuovi mostri in Francia, ma ancor più negli Stati Uniti, ha fatto sì che il film fosse proposto come candidato italiano per l'Oscar.
I nuovi mostri, come ha raccontato Dino Risi è frutto di un sentimento di solidarietà: è stato fatto per aiutare uno sceneggiatore, Ugo Guerra, ammalato e paralizzato da diversi anni. Vi dovevano partecipare praticamente tutti i migliori registi italiani. Non essendo stato possibile, dal punto di vista pratico, riunire una quindicina di registi attorno al progetto, i quattordici episodi del film sono stati ripartiti, appunto, tra Monicelli, Risi e Scola, che hanno rinunciato a una parte del loro compenso per aiutare il compagno. È anche per questo che ciascun regista ha voluto mantenere l'anonimato nel firmare i racconti messi in scena.
Attorno all'idea di realizzare una versione moderna dei "vecchi mostri", si doveva conciliare il fatto di fare un film per il pubblico, divertente, ma coerente con il problema di far rispecchiare sul tema dei "nuovi mostri" la realtà contemporanea, ancor più drammatica di quella degli inizi anni Sessanta. [...]
Mentre in I mostri si riflette la realtà della società italiana degli anni Sessanta, con maggiore ironia dato che la mostruosità non era diffusa e violenta come alla fine dei Settanta, nel momento in cui i tre registi pensavano gli episodi per il nuovo film la realtà aveva addirittura superato la satira, per non dire l'immaginazione: le mostruosità erano, in sostanza, ben più gravi di quelle che i registi cercavano di presentare. Se con I mostri era stato ancora possibile realizzare un film sulle deformazioni dei costumi italiani, con I nuovi mostri la mostruosità quotidiana generalizzata superava, oltrepassava lo spettacolo cinematografico. Proprio Scola, intervenendo sul film ha dichiarato che in I nuovi mostri non ci sono "mostri" ufficiali, criminali riconosciuti e che i colpevoli, questa volta, sono vipere ben nascoste, con altrettante licenze di compostezza.
"Come la nostra società, - prosegue Scola, - anche i mostri degli anni Sessanta hanno avuto un ciclo per certe cose evolutivo e, per altre, involutivo. La borghesia del 1963 era più compatta, più a destra. Oggi noi prendiamo di punta una classe più composita perché la categoria dei lavoratori indipendenti, siano artigiani o professionisti, e quella dei lavoratori dipendenti, siano burocrati o insegnanti, hanno allungato i loro tentacoli sino ad assorbire sollecitazioni ricevute da sinistra. Qui non si "macrotizzano" difetti perché l'impianto del film è satirico e, in un certo senso, quindi, molto più feroce del precedente. D'accordo, I nuovi mostri, fotografati da Tonino Delli Colli, sono simbolizzati e il nostro è un film metaforico, ma l'impianto, la sceneggiatura, anche le scenette-flash sono più realistici del precedente. Direi che questa pellicola degli anni Settanta è apparentemente meno estremizzata della precedente, ma più sottile proprio perché oggi i mostri sono più che mai "dentro di noi", celati e protetti dalle pieghe della società. Una certa iconoclastica goliardia e il tentativo di liberare lo spettatore da qualsiasi amara riflessione con lazzi e divistiche esibizioni hanno ceduto il posto ad una satira a freddo, che non esito a definire angosciosa"
In I nuovi mostri si parla essenzialmente dei mostri-uomini. Il film, anzi, dimostra che, in una società ancora fortemente maschilista, la donna è quasi sempre vittima. Il sesso gioca un ruolo importante, ma non come chiodo fisso. L'egoismo, la violenza, il crimine puro, l'ambizione sfrenata, la mancanza di rispetto per gli altri appaiono nel film come mostri ben più temibili di quelli sessuali. La matrice comune di ogni episodio, infatti, è la violenza armata o quella psicologica. Persino l'indifferenza, viene dimostrato, nella nostra confusa società può essere forma di violenza.
"Tutti noi, - sono ancora considerazioni di Scola, - siamo convinti che una grossa fetta del pubblico sia migliorata e, in questo senso, il nostro film non è affatto polemico con la classe borghese. I nuovi mostri non sono liberatori come quelli americani, rassicuranti come quelli catastrofici, che inducono lo spettatore a sentirsi protetto nella prigione della propria poltrona, e, dunque, il nostro film non sarà repressivo o consolatorio dei veri interrogativi che oggi assillano l'animo e la psicologia umana. Sinceramente, realizzando questo film, [...] ci siamo proposti di intavolare una conversazione pacata, ma sarcastica con più generazioni. Con quella che, uscita da due guerre, in passato ha chiesto un umorismo facile e liberatorio e con quella che, oggi, apparentemente priva di convenzioni, si interroga e ci interroga"
L'insieme del film ha il pregio di alternare due metodi narrativi, spesso incastrati l'uno nell'altro, che rimandano a due tipi di estetica: quello il cui interesse risiede nel "pendant", cioè nello svelarsi progressivo dei personaggi e del loro destino; e quello in cui l'apparente gratuità dello svolgimento non è chiarita che retrospettivamente da una "chiusa" che ne svela il senso e, nello stesso tempo, ne scatena il riso, finora trattenuto.
Ha scritto Michel Sineaux: "Se i termini di paranoia, di mitomania vengono spontanei per qualificare questi tristi e nuovi mostri è come sgranare un rosario di enormità più o meno terrificanti, proprie, di norma, dei generi drammaturgici più neri. Conviene, dunque, più che mai, non confondere soggetto e trattamento del soggetto. Se la buona, vecchia catarsi esiste, è grazie a questo tipo di operazione, in cui non si parla di decadenza e di decomposizione con un tono serioso, bensì con ironia [...]. La totalità del messaggio passa attraverso l'interpretazione dell'attore, cioè attraverso il "vissuto" e non attraverso un "discorso". Questo perché, qualunque sia il talento degli sceneggiatori e dei registi, la riuscita di questo genere di cinema è impensabile senza la presenza di attori-camaleonti del calibro di Gassman, Sordi, Tognazzi, Senza il loro genio dell'incarnazione", il superstite fossile della nobiltà nera, Giovan Maria Catalan Belmonte (Sordi, in "First Aid"), il cardinale Machiavelli (Gassman, in "Tantum ergo"), il marito-impresario-magnaccia (Tognazzi in "L'uccellino della Val Padana"), ci apparirebbero eccessivi e ci rimarrebbero estranei". [...]
Pier Marco De Santi, Rossano Vittori, I film di Ettore Scola, Gremese Editore

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Ettore Scola
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