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Swing Kids - Giovani ribelli - Swing Kid


Regia:Carter Thomas

Cast e credits:
Soggetto
: Jonathan Marc Feldman; fotografia: Jerzy Zielinski; montaggio: Michael R. Miller; musica: James Horner; scenografia: Allan Cameron; interpreti: Robert Sean Leonard (Peter), Christian Bale (Thomas), Frank Whaley (Arvid), Barbara Hershey (Signora Muller), Tushka Bergen (Evey), Jayce Bartok (Otto), Noah Wyle (Emil), Julia Stemberger (Signora Linge), David Tom (Willi), Kenneth Branagh (Comandante Knopp, Gestapo); produzione: Mark Gordon and John Bard Manulis per Hollywood Pictures; origine: USA, 1993; durata: 113’.

Trama:Ad Amburgo nel 1939, mentre Hitler sta portando la Germania verso la guerra, i ragazzi iscritti alla Hitlerjugend, sottoposti ad una severa disciplina, vengono spinti da una propaganda al fanatismo verso il Fuhrer e all'odio verso gli ebrei. Ma un gruppo di giovani tedeschi ribelli detti "Swing Kids", entusiasti della musica da ballo americana, ascoltano di nascosto dischi di Benny Goodman, Count Basic, vestono elegantemente all'inglese, portano i capelli piuttosto lunghi. Essi fanno della swing un simbolo di rivolta. Tre di loro, studenti diciassettenni, – Peter Muller, figlio di un grande violinista classico, morto in una prigione nazista; Thomas Berger, di ricca famiglia borghese e Arvid, un ebreo claudicante, chitarrista abilissimo e collezionista di dischi di swing – dovranno presto scontrarsi con la realtà del regime nazista e fare scelte determinanti...

Critica (1):Millenovecentotrentanove. Mussolini aveva messo al bando in Italia il jazz, musica "negroide e degenerata", e senza la minima ombra di ilarità Benny Goodman era conosciuto come Beniamino Buonomo, e sotto Luigi Fortebraccio si nascondeva Louis Armstrong. Ora Walt Disney che si è scoperto non essere mai stato comunista bensì un cacciatore di streghe, forte simpatizzante della Reazione (ci voleva tanto? Bastava essere lettori di Topolino) lancia, con la Buena Vista, un film molto disneyano e antidittatoriale in cui si racconta come un gruppo di bravi ragazzi diciassettenni si oppose alla svastica continuando a ballare lo swing al Café Bismarck con gli ultimi, fruscianti dischi di Gene Krupa, Count Basie o Cab Calloway ancora non sequestrati dal regime propenso a imporre valzer tirolesi o gotiche ouvertures wagneriane. Swing kids, giovani ribelli, che lo sceneggiatore Jonathan Marc Feldman ha sviluppato da un semplice articolo di un giornale, è un film molto tradizionale, con le sue brave scene madri di pestaggi che provocano indignazione antirazzista. Con il classico conflitto tra l'infanzia di un ricco capo che sarà nazista e quella di un piccolo borghese che non accetterà soprusi, anche a costo di finire, prima dei titoli di coda, all'opposizione. Con le parti allegre e scatenate della febbre del sabato sera americano, che il coreografo Otis Sallid, assistente di Spike Lee, ha allestito battendo con ritmo il tempo di una colonna sonora strepitosa, fatta di "evergreen" di Goodman, Gillespie, Ellington, Basie, con la partecipazione straordinaria del "Tristano e Isotta" e di Beethoven. Ricostruita benissimo a Praga la Amburgo di allora, il regista Thomas Carter, che ha un curriculum di grandi successi televisivi e conosce l'arte di imbonire il pubblico, si dedica a solleticare l'emotività con una bella scenografia di strade espressioniste notturne, ombrosi esterni con fughe e interni dilaniati. Perché il povero Peter, per esempio, vive con mamma, nonna e fratello dopo che il papà, violinista sensibile, è stato ucciso a fuoco lento dai nazisti, e anche quando si iscrive per obbligo alla gioventù hitleriana continua a fare la fronda (musicale). Gli si oppone il ricco Thomas, prima amico per la pelle, poi delatore del suo stesso padre, mezza calza con la vocazione del successo e del potere. E tra loro, lo sciancato Arvid, il più bravo alla chitarra ma il più infelice umanamente, tanto quotidianamente umiliato che preferirà il suicidio ai suoi adorati 78 giri Columbia. Infine il paesaggio di questi locali che alla sera, presi di mira dalle squadracce dei "bravi" machi della Hitlerjugend, suonavano lo swing, contravvenendo alle regole e scatenando i ragazzi con una marcia in più, quella della protesta: hanno intonato "Swing heil" finché gli attacchini non hanno annunciato "Swing verboten". Il tutto è naturalmente molto ingenuo, prevedibile, manicheo, giovanilistico a tutti i costi, insomma molto disneyano, ma ha una sua elementare, suggestiva forza di racconto e un buon trampolino di partenza che permette, nel calderone del cinema antinazista, un po' di originalità storico sociologica alla base: perché è vero che nel '42 Himmler decise di dichiarare fuorilegge questi "swing kids" dal look londinese, con ombrello e bombetta, e di mandarli nei campi di lavoro o al fronte. Lo swing che c'è nel titolo resiste in parte anche nella fattura e nel ritmo, spesso un po' televisivi, in cui trovano spazio momenti di orrore come la consegna delle urne cinerarie antinaziste ai parenti. Momenti patetici con mamma (la splendida Barbara Hershey, impegnata in una seconda giovinezza anche come attrice) che impara l'arte di arrangiarsi con i mediatori del regime, mentre il ragazzo si mette nei guai; momenti banali col solito libraio che fa la spia antinazista, stereotipo del genere. Attori intonati al tema, impegnati spesso in sforzi ginnici, sia a ballare sia a darsele di santa ragione, anche sul ring, ma con gli occhioni truccati e sgranati sul lato mostruoso della vita: Robert Sean Leonard, l'eroe, appena uscito dal Re Lear, è dotato di un faccino nevrotico, magro e sensibile nella scia di Montgomery Clift e Matt Dillon, mentre Christian Bale (il bambino dell'Impero del sole di Spielberg) gioca sulla sponda dell'infamia con l'espressione finto ingenua delle migliori occasioni hollywoodiane e Frank Whaley costruisce secondo tradizione il personaggio leopardiano dello sconfitto. Kenneth Branagh, con eleganza, appare in divisa di caporione nazista, ma resta anonimo per non rovinare la festa dei minorenni.
Maurizio Porro, Corriere della sera, 15/05/1993

Critica (2):Nella notte totalmente buia imposta dall'oscuramento, si accende all'improvviso un razzo illuminante lanciato da un aereo. Un attimo di sorpresa e forse di paura, ma poi il gruppo di ragazzi e ragazze riprende a ballare nell'ombra di una terrazza affacciata sull'Adriatico. La musica che esce da un grammofono invita a tenere i corpi stretti l'uno all'altro, a sfiorare le guance con le labbra. Siamo a Riccione, c'è la guerra, ci sono i divieti del fascismo, ma la canzone che rende smemorate le giovani coppie è americana, "Temptation" di Nacio Herb Brown. La scena che ho descritto si trova in un film di Valerio Zurlini, Estate violenta, con Eleonora Rossi Drago e Jean Louis Trintignant: l'estate del titolo è quella, drammatica e sconvolgente, del 1943. Questo per dire che la situazione raccontata da Swing kids si manifestò anche in Italia. Il fascismo, del resto, non aveva aspettato la guerra per condannare, con immagini di stampo mussoliniano, la "musica afro demo pluto giudo masso epilettoide". In un articolo apparso nel 1928 su "Il Popolo d'Italia" era stato scritto che "è nefando e ingiurioso per la tradizione, e quindi per la stirpe, riportare in soffitta violini, mandolini e chitarre per dare fiato ai sassofoni e percuotere timpani secondo barbare melodie...". Ma molti giovani erano stufi di reginelle campagnole e di amori di pastorelli. Con aria di cospiratori, magari ancora indossando la divisa del "sabato fascista", buttato il nero fez su una sedia, si raccoglievano ad ascoltare "Blue moon", "Stormy Weather", "Solitude", "Night and Day" e la grande, pressoché eterna, "Stardust", più familiare come "Polvere di stelle". Soltanto la stupidità d'una dittatura poteva accusare di "disfattismo antipatriottico" gli adolescenti che s'illanguidivano sussurrando: "Talvolta guardo su nel ciel e vedo te...". Di quella clandestinità musicale c'è traccia in qualche testo letterario. Nel "Giardino dei Finzi Contini" di Bassani, il narratore va a trovare il fratello dell'amata Micol, Alberto, che gli propone di ascoltare dei dischi: "Ho un po' di tutto: Monteverdi, Scarlatti, Bach, Mozart, Beethoven. Dispongo anche di parecchio jazz, però , non spaventarti: Armstrong, Duke Ellington, Fats Waller, Benny Goodman, Charlie Kunz". Nella cauta battuta "non spaventarti" c'è il brivido di ciò che allora era proibito. La data è la stessa di Swing kids: fra il '38 e il '39, mentre stanno per scendere le tenebre della guerra.
Giulio Nascimbeni, Corriere della sera, 15/05/1993

Critica (3):

Critica (4):
Thomas Carter
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