Male non esiste (Il)
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Regia: | Rasoulof Mohammad |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Mohammad Rasoulof; fotografia: Ashkan Ashkani, musiche: Amir Molookpour; montaggio: Mohammad-Reza Muini, Meysam Muini; scenografia: Saeed Asadi; costumi: Afsaneh Sarfejo; suono: Hasan Shabankareh; interpreti :Ehsan Mirhosseini (Heshmat), Shaghayegh Shourian (Razieh), Kaveh Ahangar (Pouya), Alireza Zareparast (Hasan), Salar Khamseh (Salar), Darya Moghbeli (Tahmineh); produzione: Cosmopol Film, Europe Media Nest; distribuzione: SATINE FILM; origine: Germania, Repubblica Ceca, Iran, 2020; durata: 150'. |
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Trama: | Iran, oggi. Quattro storie, quattro ritratti della fragilità dell' essere umano di fronte a scelte obbligate e alle responsabilità che ne derivano. Il 40enne Heshmat marito e padre esemplare, è un uomo generoso e accomodante con tutti, ma svolge un lavoro misterioso per il quale ogni notte esce di casa. Pouya ha da poco iniziato il servizio militare e si ritrova subito ad affrontare una scelta drammatica: come obbedire a un ordine dei superiori contro la propria volontà. Javad è un giovane soldato che conquista a caro prezzo tre giorni di licenza per tornare al paese della sua amata e chiederla in sposa. Bharam è un medico interdetto dalla professione, che decide finalmente di rivelare alla nipote un segreto doloroso che lo accompagna da vent'anni. Quattro storie diverse ma inesorabilmente legate che, pur essendo ambientate nella società iraniana, toccano profondamente la coscienza e la storia di ognuno di noi ponendoci di fronte a una domanda alla quale tutti dobbiamo rispondere: al posto loro, tu cosa avresti fatto?
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Critica (1): | Heshmat, marito e padre esemplare, si alza molto presto ogni giorno. Dove va? Impossibile dirlo ai familiari. Pouya non vuole uccidere, ma deve farlo per obbligo di legge.
Il giovane Javad non sa che proporre un anello di fidanzamento alla sua amata non sarà l’unica sorpresa per il suo compleanno. Bahram è un medico che non è in grado di praticare medicina e decide di spiegare alla nipote in visita il motivo della sua vita da emarginato.
Le quattro storie raccontate in Sheytan vojud nadarad (There Is No Evil) offrono variazioni sui temi cruciali della forza morale e della pena di morte, ponendo la domanda centrale su fino a che punto la libertà individuale possa essere espressa sotto un regime dispotico e le sue minacce apparentemente inevitabili.
Mohammad Rasoulof crea un legame narrativo libero tra queste storie, che però sono tutte tragicamente e inesorabilmente connesse. Nel contesto dell’oppressione strutturale, la scelta sembra essere limitata alla resistenza o alla sopravvivenza.
Ma con ogni storia bruscamente interrotta, siamo costretti a riflettere come uomini e donne possano trovare il modo di affermare la propria libertà anche in situazioni estreme.
Giornalisti e fan alla Berlinale hanno accolto il film tra le ovazioni. In assenza del regista e critico del regime Mohammad Rasoulof. Rasoulof è stato condannato per il suo precedente A Man of Integrity, un film su corruzione e ingiustizia vincitore del premio Un Certain Regard al Festival di Cannes 2017, e non può lasciare l’Iran.
Con il suo nuovo There Is No Evil, in concorso a Berlino, gli è riuscito un tableaux equilibrato e solido sui dolori e dilemmi di una lotta morale impari tra responsabilità personale e assenza di libertà.
La maestria di Rasoulof questa volta è sottolineata da una camera che scruta con più attenzione, e da più vicino, i volti degli ottimi attori. Un film manifesto ben messo in scena e ispirato. Anche dall’ondata di esecuzioni di prigionieri politici iraniani che ormai sembra inarrestabile.
Amnesty International ha registrato i nomi di quasi 4.500 prigionieri scomparsi durante l’ultima purga, ma alcune stime arrivano a 30.000. Ancora oggi, secondo l’ultimo rapporto internazionale di Amnesty sull’Iran pubblicato il 18 febbraio, “decine di persone vengono giustiziate ogni mese dopo processi iniqui”.
Tra quelli giustiziati l’anno scorso c’erano diversi minorenni. Come riportato dall’Iran Human Rights Monitor, uno dei metodi di esecuzione preferiti dal regime è quello di mettere in scena impiccagioni utilizzando gru edili. La pellicola è già stata venduta in tutta Europa.
Simone Porrovecchio, cinematografo.it |
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Critica (2): | Un padre di famiglia costretto a filtrare l’orrore della propria quotidianità; una guardia carceraria che si rifiuta di eseguire un ordine; un innamorato tormentato che raggiunge la donna che ama; un medico che vive isolato nelle montagne e dovrà fare i conti con il proprio passato. I quattro episodi che compongono There Is No Evil di Mohammad Rasoulof offrono riflessioni diverse ma complementari sulla possibilità di esprimere la libertà individuale nei confronti delle leggi che regolano la pena di morte in un regime dispotico come quello iraniano. Girate in clandestinità per sfuggire alla censura, le quattro storie del film raccontano di scenari e situazioni agli antipodi da cui, in maniera quasi sempre forzata dagli eventi, nasce l’urgenza di una scelta morale decisiva. Quelle messe in scena dal regista iraniano sono vicende di persone costrette a un bivio che le indirizzerà per sempre verso una sopravvivenza con la testa abbassata o una rischiosissima scelta di resistenza.
Fin dal primo episodio There Is No Evil sembra voler mettere in evidenza il concetto per cui ogni forma di libertà, resistenza e moralità – indipendentemente dall’età, dal ceto sociale, dall’area geografica in cui ci si muove – è sempre determinata dalle scelte e dalla volontà del singolo individuo. L’idea forzata, ma in fin dei conti vincente, della struttura ad episodi conferisce al film la possibilità di estendere il ventaglio del proprio discorso ad una visione il più completa e variegata possibile, che di fatto non risparmia nessuno e per questo può essere in grado di coinvolgere qualsiasi tipologia di spettatore. Ma soprattutto There Is No Evil riesce a ribadire con forza l’urgenza della propria denuncia attraverso la tenacia con cui Mohammad Rasoulof continua, nonostante i divieti e gli arresti, a portare avanti la sua idea di cinema estremamente politica: uno straziante inno alla libertà che trova il suo massimo sfogo nella versione di Bella ciao cantata da Milva, suonata a tutto volume durante una fuga in auto verso l’orizzonte.
Guardando un film che si porta dietro così tanto dalla realtà, che sembra quasi ammanettare lo spettatore ad una presa di coscienza dolorosissima, diventa molto difficile soffermarsi su quelli che potrebbero essere i difetti narrativi, la recitazione non sempre all’altezza della situazione e scelte visive a volte non così incisive. La sincerità dell’operazione e l’ambizione di un gesto cinematografico così coraggioso riescono a colmare qualsiasi tipo di lacuna e rendere There Is No Evil un segnale d’allarme nei confronti al quale è praticamente impossibile rimanere indifferenti.
Francesco Ruzzier, cineforum.it, 3/3/2020 |
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