Vegetariano (Il)
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Regia: | San Pietro Roberto |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Roberto San Pietro, Giovanni Galavotti; fotografia: Massimiliano Balsamo; montaggio: Roberto San Pietro; scenografia: Nicola Bruschi; musica: Marco Biscarini; interpreti: Sukhpal Singh, Mudassar Ashraf, Marta Tananyan, Francesco Orlotti, Luigi Monfredini; produzione: Apapaja, con il contributo del MiBAC, con il sostegno di Emilia-Romagna Film Commission; origine: Italia, 2019; durata: 110’. |
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Trama: | Protagonista del film è un indiano di seconda generazione, ormai diventato cittadino italiano. Krishna, il figlio di un bramino, vive in Italia mungendo mucche. Il contatto diretto con gli animali lo riporta con la mente alla sua infanzia in India, caratterizzata da un grandissimo rispetto per la natura. Quando una mucca improduttiva deve essere mandata al macello, Krishna si ritrova a dover fare una scelta che lo porterà ad interrogarsi sulla sua fede e sulle proprie tradizioni culturali: dovrà accettare la cultura in cui vive o seguire la sua coscienza? |
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Critica (1): | La campagna emiliana bagnata dal fiume Po è, da tempo, terra di forte immigrazione indiana. Qui Krishna, figlio di un brahmino, lavora come mungitore in un piccolo allevamento di mucche da latte. Il contatto quotidiano con la terre gli animali riporta spesso la sua mente agli anni dell’infanzia in India, caratterizzata da un clima familiare di grande rispetto per la natura. La stessa vicinanza al Po, lo scorrere lento e maestoso delle sue acque, evoca in Krishna qualcosa della sacralità del Gange. Krishna ha un buon rapporto con la gente del posto. A volte, però, ricordi, tradizioni e convinzioni personali lo fanno sentire poco in sintonia con l’ambiente che lo circonda. Quando la sua vita sembra comunque indirizzarsi verso la felicità, anche grazie all’amore di una ragazza russa che lavora come badante, il rifiuto di accettare la macellazione degli animali improduttivi, dovuto alla sua cultura, spinge Krishna a prendere decisioni estreme, con drammatiche conseguenze. Una superiore serenità sembra comunque avvolgere il suo destino.
(dal pressbook del film) |
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Critica (2): | Nelle campagne italiane bagnate dal fiume Po vivono da anni numerosi indiani, provenienti soprattutto dalla regione agricola del Punjab. Molti hanno trovato lavoro come mungitori negli allevamenti bovini, non solo perché tale mansione non è più
gradita agli italiani, ma anche, pare, per la particolare attenzione che avrebbero nella cura delle vacche, per loro sacre. È una realtà che mi ha subito incuriosito. Sono andato a vedere gli allevamenti dove gli indiani lavorano. Ho visitato i loro templi, grandi e affollati come quello sikh di Novellara, oppure minuscoli e sperduti nella campagna come quello induista di Fabbrico. E mi sono fatto raccontare le loro storie. Una mi ha colpito in modo particolare. Un indiano, vegetariano come molti altri, da semplice mungitore era diventato responsabile di un allevamento di vacche da latte. Fra i suoi compiti ci sarebbe dunque stato anche quello di decidere quali animali, non più
produttivi, avrebbero dovuto essere avviati al macello. Questa mansione l'aveva mandato completamente in crisi, obbligandolo a fare i conti con un nucleo secolare di convinzioni come la metempsicosi e il rispetto per tutte le forme di vita. La vicenda mi è sembrata uno spunto molto bello per un film. Mi avrebbe permesso, fra l'altro, di intrecciare, in un contesto attuale e insolito, due tematiche a me care: animalismo e filosofia indiana. Ulteriori perlustrazioni sul territorio hanno fornito a poco a poco anche uno “sfondo” a quella prima traccia: un mondo agricolo in disgregazione, con le relative difficoltà di sopravvivenza da parte dei piccoli allevatori italiani; la presenza di
un grande fiume, il Po, che alimenta negli indiani la memoria del sacro Gange; i loro ricordi dell’India; i conflitti familiari fra immigrati di prima e seconda generazione; una storia d’amore fra ragazzi di culture diverse. Ne è scaturita una sceneggiatura dal taglio fondamentalmente realistico, che però è stata arricchita, quasi per contrasto, da
citazioni tratte dagli antichi testi sacri indiani. I Veda e le Upanishad offrono straordinari passaggi poetici in cui si dispiega l’idea tutta indiana di una fortissima
interdipendenza fra tutte le forme di vita - uomini, animali, piante. Ed è proprio questo, in ultima analisi, il cuore della storia raccontata: come reagisce una persona profondamente legata a quella cultura, una volta catapultata in un mondo, il nostro, che ha fondato la sua idea stessa di progresso sull’assoggettamento della natura all’uomo, sullo sfruttamento prevalentemente economico delle risorse naturali? Parlare di questo significa anche raccontare una storia di immigrazione atipica: la radicale scelta di vita del protagonista della storia non è il retaggio di un mondo arcaico e superato, è l’indicazione di un possibile futuro.
(Roberto San Pietro, note di regia) |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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