Zero in condotta - Zéro de conduite
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Regia: | Vigo Jean |
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Cast e credits: |
Soggetto: Jean Vigo; sceneggiatura: Jean Vigo; fotografia: Boris Kaufman; musiche: Maurice Jaubert; montaggio: Jean Vigo; interpreti: Jean Dasté, Delphin, Robert le Flon, Louis Lefebvre, Gilbert Prouchon; produzione: J. L. Nounez per Argui-Film/Gaumont; distribuzione: Cineteca Nazionale; origine: Francia, 1933; durata: 44’. |
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Trama: | Terminate le vacanze, i ragazzi di un collegio francese fanno ritorno a scuola. Alla stazione li accoglie il sorvegliante. La sera tre di loro – Bruel, Caussat e Colin – sono puniti per schiamazzi. Sarà il primo zero in condotta dell’anno scolastico e, quel che è peggio, essi perdono il diritto al riposo domenicale. Decidono di vendicarsi e a loro si unisce anche Tabard che, rifiutatosi di scusarsi pubblicamente per le “colpe” commesse, ha invece mandato al diavolo il rettore della scuola davanti all’intera classe. Di tutti gli adulti solo il giovane e un po’ stralunato Huguet sembra stare dalla parte dei ragazzi. La ribellione prende corpo in tre diversi momenti: dapprima in refettorio, all’ora di pranzo, di fronte all’ennesimo piatto di fagioli, poi di notte nel dormitorio, dove il sorvegliante viene legato al letto in mezzo a una pioggia di piume, infine sui tetti della scuola da cui i ragazzi gettano proiettili di ogni tipo sugli invitati a una cerimonia ufficiale. |
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Critica (1): | Film debitore del surrealismo e che colpisce ancora oggi per la poesia di alcune sue immagini, Zero in condotta è il prototipo di una serie di film d’ambiente scolastico giocati sul tema della rivolta alla gerarchia e alle istituzioni. Registi come François Truffaut ne I quattrocento colpi, Lindasy Anderson in Se… e Marco Bellocchio in Nel nome del padre vi si sono ispirati o, comunque, gli hanno reso esplicito omaggio. Centrale è così il tema della contestazione, che qui assume i modi di una rivolta anarchica e fine a se stessa, in cui si liberano giustamente le pulsioni represse per le ripetute ingiustizie subite mandando all’aria l’esistente, qualunque esso sia. In particolare la scena della rivolta in dormitorio trascende i limiti contestuali per farsi, attraverso le inquadrature rallentate dei ragazzini che marciano sotto una pioggia di piume, un’immagine fortemente simbolica di libertà e irrisione nei confronti dell’ordine borghese – che è poi il vero bersaglio del film dell’anarchico Vigo.
La ribellione si esercita nei confronti di una scuola rappresentata in modo grottesco – vedi ad esempio il rettore nano e barbuto – attraverso una serie di diverse figure di adulti e insegnanti che appaiono essere poco più che dei manichini (l’esatto contrario di quella vivacità rappresentata invece dai ragazzi) e il cui motto principale potrebbe essere: “Punire per prevenire”. A essi si contrappone uno stuolo di ragazzini che appaiono essere innanzitutto dei monelli scatenati – si veda il modo in cui riempiono di fumo di sigaro lo scompartimento del treno in cui hanno preso posto – e non certo delle vittime designate. Da questo punto di vista il film opera un’importante rovesciamento nella tradizionale rappresentazione dell’infanzia e della preado-lescenza in chiave apertamente smitizzante. Il mondo degli adulti è dunque condannato senza appello, con l’unica eccezione dell’insegnante Huguet. Relativamente giovane, svampito e un po’ poeta – vedi ad esempio la scena in cui conquista i ragazzi con l’imitazione di Charlot – Huguet sembra innanzitutto essere un adulto che non ha del tutto perso quei tesori dell’infanzia che ogni uomo dovrebbe sapere portare con sé sino alla fine. È nei fatti attraverso il suo personaggio che nel film si incarna il punto di vista dello stesso Jean Vigo.
Non va poi dimenticato come il film sia anche un paziente e a tratti crudele lavoro di memoria, in cui il regista – proprio come il Federico Fellini di Amarcord – ricostruisce quella che è stata la sua esperienza scolastica e nel far ciò conferisce all’opera tutti quei tratti di soggettività che spesso segnano simili operazioni – ancora una volta potremmo far riferimento all’appena citato film di Fellini –: modalità di rappresentazioni oniriche, effetti di ralenti, angolazioni accentuate, composizioni insolite del quadro, improvvisi primi piani, uso di filtri ecc. Importante anche il finale del film che non si chiude con la presumibile repressione della rivolta e l’inevitabile punizione, bensì nel bel mezzo della contestazione, coi ragazzi che ancora marciano sui tetti, letteralmente padroni del mondo.
Dario Tomasi, Aiace Torino |
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Critica (2): | “La guerre est déclarée!” dice il giovane Tabard, guidando i suoi compagni verso la rivolta. La guerra è dichiarata, quindi. La guerra contro il mondo degli adulti, le istituzioni ferree, le regole, le imposizioni, le violenze sottili. Una lotta verso lo Zero in condotta. Un numero tondo, panciuto, ma pieno di rabbia e privazioni.
Zero in Condotta, girato nel 1933 dal giovanissimo Jean Vigo, è la storia di un gruppo di ragazzini che si ribella agli istitutori del collegio in un crescendo di scherzi, burle, minacce e giochi. Gli adulti son sempre grassi, sudati, melliflui. Vengono messi in ridicolo dall’occhio ironico di Vigo. Il rettore del collegio sembra quasi un bambino, nelle fattezze e nella voce, pur avendo una lunga barba a coprirgli il viso. Un giovane maestro, invece, durante una passeggiata lascia soli i ragazzi per corteggiare una signora. “Cornacchia”, un altro maestro, viene sorpreso a derubare i dolci dei ragazzi. Uomini che sguazzano nella commedia umana, ridicoli, deboli, pieni di difetti.
Solo Huguet rappresenta uno spiraglio di speranza. Un insegnante diverso, giovane, e forse ancora attaccato al mondo dell’infanzia. Imita Charlot, copre i ragazzi che combinano guai, fa la verticale in classe. Durante il film seguiamo le vicissitudini di Caussat, Colin e Bruel sottoposti alle punizioni dei maestri e li osserviamo nella loro quotidianità fatta di lezioni, pranzi e cene a base di fagioli, letti bitorzoluti, ambienti gelidi e freddi. Durante la ricreazione ha inizio il complotto dei tre. Le attenzioni ambigue del professore di scienze provocano una violenta reazione verbale, “Y a la mérde,” da parte di Tabard, lui, sempre in disparte, timido, vessato dai compagni. Grazie a queste sue parole, forti e incisive, entra di diritto nel gruppo formato dai tre ribelli. E sarà proprio Tabard a guidare la Rivoluzione. Durante la festa della scuola, una festa più per gli insegnanti che per gli studenti, l’intera scolaresca fugge sui tetti, verso la libertà, verso lo spazio aperto del cielo, in un mondo dove non esiste più la cattiveria degli adulti, incapaci di comprenderli e di ricordare come si è giovani.
Un film sull’infanzia perduta, sulla memoria, pieno di amarezza ma anche di speranza, che sfocia nel finale. Un film che ha influenzato registi come Truffaut e Lindsay Anderson. È impossibile non pensare al giovane Doinel ne I 400 colpi, figlio di quei Caussat, Colin e Bruel, che si ritrova 26 anni dopo il film di Vigo, a vivere sui banchi di scuola privazioni e incomprensioni. In Se…, film di Anderson, i giovani ragazzi di un collegio si ribellano al mondo omertoso delle istituzioni. Anche loro finiscono su un tetto, ma non c’è nessuna corsa verso la libertà. Armati di mitra, iniziano a sparare sulla folla, colpendo professori e coetanei. Sono i tempi che cambiano, ma il mondo della scuola rimane sempre lo stesso.
È interessante, infine, scoprire la lettura del film fatta del biografo di Vigo, Paulo Emílio Salles Gomes. Gomes associa la scuola al mondo e al suo microcosmo: "La divisione in bambini e adulti dentro la scuola corrisponde alla divisione della società in classi. Una forte minoranza che impone la sua volontà a una maggioranza debole". È anche questo il film di Vigo, una storia universale di vittoriosi e vinti, di giovani e adulti, di vessati e vessatori. La rivolta può cambiare le cose. E può venire anche dai più indifesi e deboli.
Fabio Astone, cinefiliaritrovata.it – il cinema ritrovato, 27/6/2017 |
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Critica (3): | La copia originaria della versione restaurata nel 2017 è quella della Cineteca Italiana di Milano, ricavata dal negativo, datata 1933 e fatta avere da Henri Langlois a Luigi Comencini nel 1947. La versione è più lunga rispetto al negativo camera utilizzato per il montaggio del film uscito nel 1945 e per le copie finora conosciute. Risulta che le due versioni risalgano al medesimo anno, ma che quella conservata presso la Cineteca Italiana sia anteriore.
L’esistenza di due versioni simultanee di un film non era un fatto eccezionale. Per quali ragioni esistono nel caso presente? È possibile che la versione abbia superato il metraggio (1200 m) stabilito dal contratto tra il produttore Nounez e GFFA. O che, dopo le prime deludenti reazioni, Vigo, tra l’unità d’azione e l’unità stilistica “abbia optato per la seconda soluzione, riservandosi la facoltà di aggiungere, se necessario, alcune didascalie esplicative” (Paulo Emilio Sales Gomes). In definitiva, nella copia corrispondente al negativo, risultano attenuate o tagliate alcune scene ‘censurabili’: il sorvegliante Pète-Sec, inquadrato sotto forma di ombra cinese, che si pratica un’iniezione prima di dormire (tagliato nella versione nota finora), il professore di chimica che sputa nel fazzoletto (nella versione conosciuta si sentiva solo il rumore), la sua mano che accarezza quella di Tabard (abbreviato), ecc.
Infine va sottolineato lo spostamento di un episodio, quello del sonnambulo, ora re-integrato nel contesto notturno del dormitorio e collegato ad altre brevi scene: prosecuzione della preparazione della rivolta; punizione di un ‘delatore’; il sonnambulo; Tabard e Bruel che si dicono teneramente buonanotte, spiati dal sorvegliante Bec-de-Gaz.
Bernard Eisenschitz, ilcinemaritrovato.it |
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Critica (4): | |
| Jean Vigo |
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