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Quel treno per Yuma (2007) - 3:10 to Yuma


Regia:Mangold James

Cast e credits:
Soggetto: tratto da racconto "3:10 to Yuma" di Elmore Leonard; sceneggiatura: Halsted Welles, Michael Brandt, Derek Haas; fotografia: Phedon Papamichael; musiche: Marco Beltrami; montaggio: Michael McCusker; scenografia: Andrew Menzies; arredamento: Jay Hart; costumi: Arianne Phillips; effetti: Mark Dornfeld, Robert Stromberg; interpreti: Russell Crowe (Ben Wade), Christian Bale (Dan Evans), Logan Lerman (William Evans), Ben Foster (Charlie Prince), Peter Fonda (Byron McElroy), Vinessa Shaw (Emmy Nelson), Alan Tudyk (Doc Potter), Gretchen Mol (Alice Evans), Kevin Durand (Tucker), Dallas Roberts (Grayson Butterfield), Luce Rains (Marshall Weathers), Lennie Loftin (Glen Hollander), Rio Alexander (Campos), Johnny Whitworth (Tommy Darden), Shawn Howell (Jackson), Luke Wilson (Zeke), Girard Swan (Harvey Pell), Christopher Berry (Sam Fuller), Arron Shiver (Bill Moons); produzione: Relativity Media-Tree Line Films; distribuzione: Cineteca Nazionale; origine: Usa, 2007; durata: 117'.

Trama:Remake del western del 1957. Un giovane ranchero viene incaricato di scortare Ben Wade, un pericoloso criminale, alla stazione dove dovrà prendere il treno che lo porterà al forte di Yuma per essere processato. Ma il viaggio sarà lungo e pericoloso, anche perché la banda di Ben farà di tutto per liberarlo

Critica (1):(...) Quel treno per Yuma di James Mangold, che vede l'uno contro l'altro il pistolero Russell Crowe e il ranchero Christian Bale, è riuscito a incassare 37 milioni di dollari nelle prime tre settimane in America, ma soprattutto è stato salutato dalla critica e dai fan del genere come il tentativo più riuscito di western dai tempi di Gli spietati.
Alcuni lo hanno trovato, grazie ai suoi protagonisti, perfino superiore al primo, originale Quel treno per Yuma, classico western in bianco e nero diretto da Delrner Daves nel 1957 con Glenn Ford e Van Heflin. È piaciuto-perfino al grande vecchio del noir Elmore Leonard, che proprio con il racconto di 3:10 to Yuma, pubblicato nel 1953 sul Dime Western Magazine, si vide aprire le porte del cinema e del successo. Glielo comprò addirittura Robert Aldrich, il regista di Vera Cruz, che ne aveva capito immediatamente il valore e che aveva sognato di metterlo in scena, anche se finì per rivendere il soggetto alla Columbia. Problemi di soldi. Chissà, forse ad Aldrich, che non amava la versione troppo buonista di Delmer Daves, sarebbe piaciuta di più questa di Mangold, più truce e forte nelle scene d'azione, ma anche più politica.
I critici americani hanno-fatto - notare che in questo Yuma vediamo sceriffi che si vendono, cinesi sfruttati dal capitalismo yankee, e "buoni" che sono spesso più cattivi dei "cattivi", al punto che il pistolero Russell Crowe si ritrova torturato a un palo dagli sceriffi come se fosse un prigioniero di Abu Ghraib. " È immorale" sbotta Christian Bale da sincero democratico. Del resto siamo nell'era di Bush e della guerra in Irak e i grandi western, come dimostrava per tutti Il mucchio selvaggio (1969) di Sam Peckinpah, chiara parabola della guerra in Vietnam, sono stati spesso lo specchio morale della realtà dell'epoca. "Ogni uomo malvagio è giusto dentro il suo cuore" è la massima del Ben Wade di Russell Crowe, un cattivo acculturato, che alterna momenti di violenza efferata a riflessioni profonde.
Viaggia nel west uccidendo sceriffi, ma rispettando le donne, citando la Bibbia e, disegnando: dentro di sé ha un suo codice, e lì si incontra con lo sfortunato ma non corrompibile Dan Evans di Christian Bale, zoppicante eroe della Guerra di Secessione in cerca di 200 dollari per salvare il suo ranch. Grazie ai 200 dollari che gli sono stati offerti per scortare fino alla stazione di Contention il bandito, dove dovrà prendere il treno delle 3 e 10 per Yuma, Dan Evans riuscirà a dare alla sua vita un senso. Il tutto avviene sotto agli occhi del figlio di Evans, che vede non il padre, ma Ben Wade come un vero modello. Rispetto al film originale, Mangold, fan assoluto del primo Yuma, sviluppa il viaggio di Ben Wade e della sua scorta fino a farne il motore della storia, inserisce qualche personaggio nuovo, come il vecchio bounty killer pagato dalla Ferrovia interpretato da Peter Fonda, cambia il finale, ma soprattutto esaspera il rapporto tra i due protagonisti alla ricerca di una moralità che possa vivere pur nel conflitto tra bene e male, con tutte le contraddizioni che si portano dietro il bene e il male non tanto nel west quanto nel mondo di oggi.
Ne viene un grande western, dove le vecchie battute del copione originale di Haisted Welles, sono riscritte dal giovani Michael Brandt e Derek Haas (2 Fast 2 Furious) dentro nuove situazioni, dove c'è una forza che raramente Mangold aveva dimostrato nei suoi film precedenti, da CopLand (1997) a Quando l'amore brucia l'anima (2005). Russell Crowe, che aveva esordito in America proprio con un western dove faceva il buono, Pronti a morire di Sam Raimi, è fantastico, con tanto di pistole che hanno due croci d'argento sul calcio, e Christian Bale, che ci aveva abituato a personaggi di psicopatici alla American Psycho, non è da meno. Se le nuove ragazze, Gretchen Mal e Vinessa Shaw, sono un po' sacrificate rispetto alle originali Leora Dana e Felicia Farr, i rapporti tra maschi, anche un po' ambigui come vuole il nuovo western, sono notevoli. L'interpretazione di Ben Foster nel ruolo del terribile Charlie Prince, detto Princess, braccio destro dt Ben Wade e forse qualcosa di più, è stata paragonata a quella dei più celebri cattivi del genere, come Jack Palance in Il cavaliere della Valle Solitaria (1956) e Lee Van Cleef in L'uomo che uccise Liberty Valance (1962). "Quando un film funziona così" conclude Richard Schickel su Time, "cominci a credere che questo genere, così amato un tempo, stia davvero ritornando". Sogno che sembrava impossibile pensando agli scarsi risultati del pur interessante Open Range di Kevin Costner. Ma qualcosa è cambiato proprio in questi ultimi anni. È un po' di tempo, infatti, che il cinema, e non solo quello americano, civetta con il western alla ricerca della maniera più giusta per cucinarlo agli spettatori.
Ma in generale la voglia di western sembra evidenziare una voglia di raccontare storie, conflitti psicologici o la realtà stessa con un linguaggio western. II genere, dove circolano personaggi spesso più funerei che romantici, come in Jesse James, serve, quindi, come contenitore di storie e di situazioni. Quasi svuotato, puro linguaggio.
Marco Giusti, Il Manifesto

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
James Mangold
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